Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17983 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 04/07/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 04/07/2019), n.17983

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22647/2015 R.G. proposto da:

TECNOARREDO SERVICE SRL, rappresentata e difesa dall’avv. Maria

Teresa Ciccarelli, elettivamente domiciliata in Roma, presso la

Cancelleria della Corte di cassazione.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, sezione staccata di Salerno, sezione n. 5, n.

1468/05/2015, pronunciata il 26/02/2014, depositata il 16/02/2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 maggio

2019 dal Consigliere Riccardo Guida.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Tecnoarredo Service Srl impugnò, innanzi alla CTP di Avellino, l’avviso di accertamento che recuperava a tassazione IRPEG, IRAP, IVA, per l’annualità 2007, ricavi non contabilizzati e costi indeducibili;

2. la CTP di Avellino, con sentenza n. 197/01/2012, accolse parzialmente il ricorso, affermando l’indeducibilità di alcuni costi, rigettandolo, per quanto ancora rileva, con riferimento all’omessa contabilizzazione di ricavi relativi alla fornitura (da parte di FM Snc) destinata al cliente “Le Prelibatezze di L. Srl”, per un ammontare di Euro 75.749,00;

3. interposto appello da entrambe le parti, in relazione ai capi della decisione di primo grado di rispettiva soccombenza, la CTR della Campania, con la sentenza in epigrafe, per quanto tuttora rileva, ha disatteso il gravame della contribuente, sulla premessa che: a) i verificatori, esaminando il conto “fatture da ricevere”, avevano constatato che la società aveva ricevuto, nel 2007, da FM Snc, un’intera fornitura di attrezzature industriali, poi rivenduta a “Le Prelibatezze di L. Srl” e, dal controllo incrociato delle fatture passive e attive, era risultato che, a fronte della fornitura FM Snc, in parte descritta in contratto, di Euro 133.000,00, oltre IVA (fattura (OMISSIS)), e, in parte, riferibile alla fattura n. (OMISSIS), per Euro 13.940,00, oltre IVA, estranea al contratto, la contribuente aveva emesso alla cliente “Le Prelibatezze di L. Srl” un’unica fattura, di Euro 65.731,00, oltre IVA (fattura (OMISSIS)); b) constatata l’esistenza in magazzino di beni per Euro 53.861,01, acquistati da FM Snc e imputabili alla fornitura a “Le Prelibatezze di L. Srl”, in mancanza di altre fatture, idonee a consentire l’imputazione di parte del costo all’esercizio successivo, i verificatori avevano determinato il costo complessivo del venduto e, anche, il costo della fornitura privo di riscontro contabile (Euro 49.835,00), al quale era stato applicato un ricarico del 52%, desunto da altra analoga fornitura a favore della società Le Vigne, il che aveva consentito di quantificare i componenti positivi di reddito non contabilizzato in Euro 75.749,00, importo che veniva ripreso a tassazione; c) nella fase amministrativa, la contribuente aveva replicato che la fornitura in discorso non riguardava solo gli arredi, ma anche la posa in opera di macchine industriali e che i relativi lavori non erano stati completati nel 2007, ragione per cui, in contabilità, erano state registrate delle rimanenze a titolo di “arredamenti parziali” e, nel bilancio, le stesse poste erano state registrate, nella sezione “valore della produzione”, sotto la voce “variazione di lavori in corso su ordinazione”, il cui ammontare complessivo era di Euro 629.008,00, ferma la considerazione che la percentuale di ricarico del 52%, stimata dall’Ufficio, era arbitrario;

ciò posto, la CTR ha ritenuto che la corposa documentazione prodotta in giudizio dalla contribuente non avesse superato “la presunzione, valorizzata dall’Ufficio, che i ricavi non dichiarati siano stati effettuati nel 2007”; difatti, mancando la produzione, in giudizio, delle “fatture da emettere” e delle fatture successivamente emesse nei confronti della committente (“Le Prelibatezze di L. Srl”), l’asserito completamento della fornitura, nel 2008, non era dimostrato nè dalla dichiarazione resa dalla parte interessata, in fase d’accesso amministrativo, nè dall’allegazione dell’atto di citazione per risoluzione del contratto per inadempimento, notificato dalla stessa committente alla contribuente;

il giudice d’appello, infine, ha riconosciuto la congruità della percentuale di ricarico, come stimata dall’organo di controllo fiscale;

4. la contribuente propone ricorso, con due motivi, per la cassazione della sentenza d’appello; l’Agenzia resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo del ricorso, denunciando la violazione dell’art. 2697 c.c., la ricorrente censura la decisione impugnata che – nello statuire che la società non aveva dimostrato che l’appalto con “Le Prelibatezze di L. Srl, riguardante la fornitura di materiale acquistato da FM Snc, sarebbe stata completata nel 2008, onde non sarebbe stata vinta la presunzione, della quale si era avvalso l’Ufficio per affermare la sussistenza di ricavi non dichiarati, relativi all’esercizio 2007 avrebbe erroneamente trascurato che: per un verso, la circostanza che, nel 2007, la fornitura non fosse stata ultimata era pacifica tra le parti, atteso che, nel PVC redatto durante la verifica fiscale, si affermava che, tra le rimanenze finali al 31/12/2007, sotto la dicitura “Arredamento Parziale FM”, erano appostati Euro 53.861,00, quale parte della detta fornitura ancora in corso di lavorazione e, quindi, non materialmente consegnata al cliente; per altro verso, diversamente da quanto stabilito dalla CTR, era del tutto irrilevante, ai fini del decidere, che la contribuente provasse in quale data avesse completato, nel 2008, la fornitura a “Le Prelibatezze di L. Srl”;

1.1. il motivo è inammissibile;

questa Corte ha ripetutamente affermato che la violazione del precetto dell’art. 2697 c.c., si configura se il giudice del merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, e cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era gravata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni, non anche quando abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass. 29/05/2018, n. 13395; in senso conforme: Cass. 5/09/2006, n. 19064; 17/06/2013, n. 15107; 21/02/2018, n. 4241);

nel caso di specie, posto che incombeva sull’Amministrazione finanziaria il compito di dimostrare la fondatezza della pretesa fiscale, la CTR, senza incorrere in un’indebita inversione dell’onere della prova, con un apprezzamento di fatto, sindacabile, nel giudizio di legittimità, entro gli angusti limiti del “nuovo” art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ha ritenuto che l’Ufficio lo avesse compiutamente assolto e che fosse, invece, mancata la prova contraria da parte della contribuente;

2. con il secondo motivo, denunciando la violazione dell’art. 2426 c.c., in combinato disposto con il TUIR, artt. 93 e 109, la ricorrente censura la decisione impugnata, che avrebbe affermato contra legem che i ricavi della fornitura in esame dovessero essere appostati sotto la voce “fatture da emettere”, anzichè sotto la voce “variazione di lavori in corso su ordinazione”, che riguardava specificamente la parte di fornitura che, sebbene consegnata alla committente, non era stata ancora installata/ultimata;

da un altro punto di vista, la ricorrente si duole del passo della sentenza della CTR che ha affermato che la presunzione di produzione dei ricavi, nel 2007, sarebbe stata vinta se la contribuente avesse prodotto le fatture successivamente emesse nei confronti della società “Le Prelibatezze di L. Srl”, a dimostrazione del completamento della fornitura nel 2008, cosa che, in effetti, non era avvenuta;

rimarca, al riguardo, che i ricavi erano stati correttamente imputati all’esercizio nel quale erano maturati, nel rispetto dei criteri contabili del codice civile e dell’OIC, mentre le fatture avevano esclusivamente la funzione di evidenziare quando era stata assolta l’IVA sul corrispettivo, ferma la constatazione che, avendo la committente “Le Prelibatezze di L. Srl” omesso il pagamento del corrispettivo dell’appalto, la contribuente non aveva emesso il documento fiscale (richiesto dalla CTR), ed aveva rilevato una “perdita su crediti” in relazione alla commessa in discorso;

2.1. il motivo è infondato;

la censura postula un dato fattuale, quale il completamento della fornitura nel 2008, che non era affatto pacifico tra le parti, che la sentenza impugnata ha escluso, in assenza, da un lato, dell’appostazione, nella contabilità della contribuente, relativa al 2007, delle “fatture da emettere” e, dall’altro, dell’emissione delle medesime fatture nel 2008;

a questo proposito, si rileva che non risulta che la ricorrente avesse prospettato, nel giudizio di merito, di avere registrato come “perdita su crediti” il saldo della fornitura a “Le Prelibatezze di L. Srl”, che essa assume di avere completato nel 2008, senza ricevere l’integrale pagamento da parte della committente;

ciò precisato, la CTR, alla stregua dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie – come suaccennato (p. 1), sindacabile, nel giudizio di legittimità, solo sotto il profilo (nella specie non dedotto) del vizio di motivazione -, ha negato che la contribuente avesse provato il completamento della fornitura nel 2008;

pertanto, muovendo dalla premessa di fatto che la fornitura era stata completata nel 2007, il giudice d’appello ha tratto la conseguenza, ineccepibile sul piano giuridico e conforme alle regole del codice civile e ai principi contabili nazionali, della legittimità del recupero a tassazione dei ricavi della fornitura, non fatturati nell’esercizio di competenza;

3. ne consegue che, inammissibile il primo motivo e infondato il secondo, il ricorso è rigettato;

4. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono, la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a corrispondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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