Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17983 del 02/08/2010

Cassazione civile sez. lav., 02/08/2010, (ud. 30/06/2010, dep. 02/08/2010), n.17983

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PREDEN SERGIO, giusta mandato in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA

2, presso lo studio dell’avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORDANO GIUSEPPE,

giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 550/2007 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 28/03/2007 r.g.n. 795/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/06/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA per delega RICCIO ALESSANDRO;

udito l’Avvocato GIUSEPPE SANTE ASSENNATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato il 22.5.02, A.A., premesso di aver lavorato nello stabilimento petrolchimico di Brindisi alle dipendenze del gruppo Montedison e, da ultimo, alle dipendenze della Basell di (OMISSIS), dall’3.6.71 con mansioni di operatore tecnico;

di aver subito – nello stesso periodo, ed in ogni caso per un periodo superiore a dieci anni – una esposizione alle polveri di amianto attestata dall’Inail, “a seguito dell’atto di indirizzo Guerrini”, con provvedimento successivamente annullato: tanto premesso, instava previo riconoscimento dell’avvenuta esposizione ultradecennale alle polveri di amianto, per la declaratoria del proprio diritto al beneficio contributivo previsto per la esposizione all’amianto.

Controparte si costituiva contestando la domanda e chiedendone il rigetto.

La causa veniva decisa con sentenza del 6.10.05 che accoglieva la domanda.

2. Avverso tale decisione proponeva appello la parte soccombente con ricorso depositato il 10.3.06 e al gravame resisteva l’appellato.

La Corte di Appello di Lecce – Sezione Lavoro – con sentenza del 26.2.-28.3.2007 rigetta l’appello condannando l’appellante al pagamento, in favore dell’appellato, delle spese del grado.

3. Avverso tale sentenza l’INPS propone ricorso per Cassazione.

Resiste non controricorso la parte intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

Con il primo motivo l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 179 del 2002, art. 18 e dell’art. 2697 c.c.. Critica l’impugnata sentenza – formulando in conclusione uno specifico quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. – per avere la Corte d’appello ritenuto possibile l’attribuzione del beneficio della rivalutazione contributiva attribuendo rilievo probatorio all’atto ministeriale di indirizzo, che ha invece una portata solo generica e necessita di specifica ricezione da parte dell’INAIL. Con il secondo motivo l’INPS denuncia vizio di motivazione lamentando che la decisione impugnata abbia ritenuto la esposizione qualificata al rischio dell’amianto in base a risultanze istruttorie, quali le dichiarazioni testimoniali assunte in primo grado, specificamente censurate in appello, siccome inidonee a configurare l’effettiva sussistenza di una contaminazione superiore al valore-soglia.

2. I motivi, da esaminare congiuntamente per l’intima connessione, non sono fondati.

3. Occorre premettere che sulla esposizione al rischio non si è formato alcun giudicato interno, così come invece ritenuto dalla Corte di merito, poichè in appello l’Istituto – come riportato, peraltro, nella stessa narrativa della decisione qui impugnata – si è specificamente doluto della statuizione del Tribunale in ordine al “superamento dei valori limite”; nè, d’altra parte, il giudicato potrebbe configurarsi in ordine al solo fatto dello svolgimento di attività lavorativa in presenza di amianto, trattandosi di un fatto non autonomo e irrilevante ai fini della configurazione di una esposizione “qualificata” (cfr. Cass. n. 4363 del 2009).

4. La sentenza impugnata descrive puntualmente l’atto ministeriale di indirizzo, di cui l’Istituto ricorrente contesta non già il contenuto, ma l’efficacia probatoria ai fini della dimostrazione di una esposizione qualificata riferita, specificamente, al lavoratore odierno intimato.

Questa Corte ha più volte precisato che, ai fini dell’assolvimento dell’onere della prova circa il superamento dei valori-limite di concentrazione delle fibre di amianto da parte dell’assicurato che voglia usufruire dei benefici contributivi connessi al rischio lavorativo, gli atti di indirizzo approntati dal Ministero hanno una efficacia non determinante ex se, trattandosi di atti generali bisognevoli di specifica certificazione dell’INAIL con riguardo alle singole situazioni lavorative (cfr. Cass. n. 27451 del 2006, e numerose altre conformi) e da valutare dal giudice con il concorso di ulteriori elementi idonei a riferire l’atto generale alla concreta posizione dedotta in giudizio (cfr. Cass. n. 3095 del 2007).

In particolare questa Corte (Cass., sez. lav., 13 febbraio 2007, n. 3095) ha precisato che in tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all’amianto, anche in mancanza di certificazione dell’INAIL spetta al giudice di merito accertare l’esposizione del lavoratore al rischio qualificato ultradecennale, valutando gli elementi probatori in suo possesso, ivi compresi gli atti di indirizzo del Ministero del lavoro, con apprezzamento di situazioni di fatto non suscettibile di riesame, in sede di legittimità, se congruamente motivato. Cfr. anche Cass., sez. lav., 27 aprile 2007, n. 10037, che ha ribadito che alla stregua di un’interpretazione adeguatrice della L. 27 marzo 1992, n. 257, art. 13, applicabile, nella specie, “ratione temporis”, la L. n. 179 del 2002, art. 18, comma 8, ha attribuito validità alle certificazioni rilasciate dall’INAIL sulla base degli atti di indirizzo ministeriali, cui le norme collegano determinati effetti giuridici, con la conseguenza che, versandosi fuori dell’area dei poteri autoritativi, l’interessato è abilitato a contestare in giudizio, con ogni mezzo, il potere certificativo e i risultati di questi accertamenti e che, tuttavia, l’accertamento tecnico dell’INAIL offre presunzioni gravi, precise e concordanti che il giudice ben può porre a base della decisione, ove non siano state mosse specifiche contestazioni dall’interessato in ordine all’erroneità dell’accertamento, sul quale interessato, in ogni caso, incombe l’onere di fornire la prova dei fatti costitutivi del diritto azionato Parimenti Cass.. sez. lav., 22 dicembre 2006, n. 27451, ha ritenuto che la certificazione INAIL non costituisce prova esclusiva dell’esposizione qualificata, persistendo la possibilità che questa venga dimostrata in giudizio attraverso gli ordinari mezzi di prova.

5. Nella specie, è pacifico che l’INAIL aveva dapprima emesso l’atto di certificazione, ma lo aveva successivamente revocato, con una determinazione ritenuta dalla Corte territoriale priva di alcun supporto motivazionale e, anzi, del tutto in contrasto con le risultanze acquisite in giudizio, siccome le dichiarazioni dei testi escussi avevano univocamente evidenziato “le condizioni previste da protocollo Guerrini perchè l’INAI’L non revocasse la certificazione richiesta per la concessione dei benefici previdenziali in oggetto (continuità e regolarità di svolgimento di mansioni proprie dell’assistente tecnico coordinatore con un ruolo operativo all’interno del gruppo di manutenzione di strutture, impianti e macchine presso impianti di produzione a ciclo continuo e discontinuo)”.

Orbene, la valutazione così operata dai giudici di merito – in ordine alla non correttezza della revoca della certificazione da parte dell’INAIL, anche alla stregua dell’accertamento di fatto circa la sussistenza delle condizioni che legittimavano l’attestazione del rischio qualificalo – non è specificamente censurata in questa sede, come si evince dal quesito di diritto conclusivo del primo motivo, nonchè dalle indicazioni relative al vizio di motivazione denunciato con il secondo motivo (riguardanti esclusivamente il valore probatorio di risultanze concernenti la tipologia delle mansioni). Ne deriva – come questa Corte ha già ritenuto in analoghe controversie riguardanti il medesimo ambito lavorativo (cfr. Cass. n. 8913 del 2009) – la configurazione di una fattispecie pienamente assimilabile a quelle per le quali la giurisprudenza riconosce il diritto al beneficio contributivo, caratterizzate dalla ricezione dell’atto di indirizzo in una specifica certificazione dell’INAIL, siccome la revoca dell’atto ricognitivo – se illegittima, come rilevato dalla Corte d’appello – non produce effetti.

6. In conclusione la Corte d’appello ha ritenuto nella specie che il diritto dovesse essere riconosciuto sia in base alla precisa prova testimoniale espletata, sia perchè l’Inail in un primo momento aveva rilasciato certificazione positiva. Invece la revoca della certificazione non trovava giustificazione perchè il Ministero del Lavoro con atto di indirizzo 7.3.01 aveva riconosciuto la esposizione ad amianto per tutti i lavoratori dei reparti Enichem.

La Corte d’appello ha quindi confermato la sentenza di primo grado, anch’essa favorevole al lavoratore, con una valutazione che è tipicamente di merito e che non è censurabile in sede di legittimità.

7. Alla stregua di tali considerazioni il ricorso dell’INPS deve essere respinto. L’Istituto ricorrente va condannato, secondo soccombenza, alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, con distrazione in favore dei difensori antistatari del resistente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 27,00 per esborsi e in Euro duemilacinquecento per onorari, oltre a spese generali, IVA e CPA come per legge, da distrarsi in favore degli avvocati Sante Assennato e Giuseppe Giordano.

Così deciso in Roma, il 30 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2010

 

 

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