Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17978 del 01/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 01/09/2011, (ud. 14/07/2011, dep. 01/09/2011), n.17978

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio

all’avvocato TRIFIRO’ & PARTNERS, rappresentata e

difesa

dall’avvocato FAVALLI GIACINTO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.F.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

LEONE IV 38, presso lo studio dell’avvocato CARUSO ANTONIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato SIRACUSA ANTONIO, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 643/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 04/09/2006 R.G.N. 68/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/07/2011 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Milano, con sentenza depositata il 4 settembre 2006, confermava la pronuncia del locale Tribunale con cui venne dichiarata nulla, per genericità della causale, l’apposizione del termine al contratto di lavoro stipulato tra la società Poste Italiane ed il M., D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 il 2 luglio 2002 (motivato da “esigenze tecniche, organizzative e produttive, anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli Accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio 2002”), dichiarando sussistente tra le parti un rapporto di lavoro subordinato da tale data, con condanna al pagamento delle retribuzioni dal momento di costituzione in mora della società. Propone ricorso per cassazione la società Poste, affidato a sei motivi, poi illustrati con memoria.

Resiste il M. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con i primi tre motivi la società denuncia la violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 dell’art. 12 preleggi, degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.c., lamentando che la corte territoriale escluse erroneamente la legittimità della clausola appositiva del termine, che risultava invece sufficientemente motivata dalle plurime e concorrenti ragioni ivi indicate, che comunque la società aveva tempestivamente chiesto di provare senza che la corte di merito desse ingresso alle richieste istruttorie.

Denuncia altresì omessa ed insufficiente motivazione su di un fatto decisivo per il giudizio, circa l’effettiva sussistenza delle ragioni tecnico produttive presso l’ufficio cui il M. venne adibito.

Ad illustrazione dei motivi formulava i prescritti quesiti di diritto.

2. I motivi sono in parte inammissibile e per il resto infondati.

Deve infatti rilevarsi che l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dal D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1 a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa (per tutte, Cass. 27 aprile 2010 n. 10033). E’ vero poi che tale specificazione, di cui è onerato il datore di lavoro, può risultare anche indirettamente dal contratto di lavoro e da esso “per relationem” da altri testi scritti accessibili alle parti (ex multis, Cass. 1 febbraio 2010 n. 2279, Cass. 27 aprile 2010 n. 10033), ma al riguardo deve osservarsi che, essendo l’onere della prova a carico della datrice di lavoro (Cass. 1 febbraio 2010 n. 2279), nel caso in esame la ricorrente nulla di specifico ha dedotto sul punto, limitandosi ad evidenziare che negli accordi 2001 e 2002, era stato concordato che “la società potrà continuare a ricorrere all’attivazione di contratti a tempo determinato per sostenere il livello di recapito durante la fase dei processi di mobilità”.

Tali accordi sarebbero stati legittimi sotto il vigore della L. n. 56 del 1987, art. 23 ma non valgono ad integrare quella specificità richiesta dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1. Risultando dunque corretta la decisione impugnata circa la genericità della causale, gli altri due motivi restano assorbiti.

3. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 1219, 2094 e 2099 c.c. per avere la corte di merito confermato la condanna al pagamento delle retribuzioni dal momento della costituzione in mora e non già dal momento dell’effettiva ripresa del servizio. Ad illustrazione del motivo formulava il seguente quesito di diritto: “Per il principio di corrispettività della prestazione, il lavoratore – a seguito dell’accertamento giudiziale dell’illegittimità del contratto a termine stipulato – ha diritto al pagamento delle retribuzioni soltanto dalla data di riammissione in servizio, salvo che abbia costituito in mora il datore di lavoro, offrendo espressamente la prestazione lavorativa nel rispetto della disciplina di cui all’art. 1206 c.c. e segg..

Il motivo è inammissibile.

Il quesito, infatti, risulta del tutto generico e non pertinente rispetto alla fattispecie, in quanto si risolve nella enunciazione in astratto delle regole vigenti nella materia, senza enucleare il momento di conflitto rispetto ad esse del concreto accertamento operato dai giudici di merito (in tal senso, tra le altre, Cass. 4 gennaio 2011 n. 80). Il quesito di diritto, richiesto a pena di inammissibilità del relativo motivo, in base alla giurisprudenza consolidata di questa Corte, deve infatti essere formulato in maniera specifica e deve essere chiaramente riferibile alla fattispecie dedotta in giudizio (v. ad es. Cass. S.U. 5 gennaio 2007 n. 36), dovendosi pertanto ritenere come inesistente un quesito generico e non pertinente.

Peraltro neppure può ignorarsi che nella fattispecie anche la illustrazione del motivo risulta del tutto generica e priva di autosufficienza in quanto si incentra sulla doglianza della mancata verifica da parte della Corte territoriale sul punto, senza che la ricorrente indichi se e in che modo il punto stesso sia stato oggetto di specifico motivo di appello da parte della società (cfr. Cass. 15 febbraio 2003 n. 2331, Cass. 10 luglio 2001 n. 9336).

Così risultato inammissibile il quarto motivo, riguardante le conseguenze economiche della nullità del termine, neppure potrebbe incidere in qualche modo nel presente giudizio lo ius superveniens, rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5, 6 e 7 in vigore dal 24 novembre 2010. Al riguardo, infatti, come questa Corte ha più volte affermato, in via di principio, costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27 febbraio 2004 n, 4070). In tale contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che investe, anche indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina sopravvenuta, oltre ad essere sussistente, sia altresì ammissibile secondo la disciplina sua propria (v. fra le altre Cass. 4 gennaio 2011 n. 80, cit.).

Orbene tale condizione non sussiste nella fattispecie.

4. Con il quinto motivo la società Poste denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 1453 c.c., lamentando che il lavoratore aveva chiesto la reintegra nel posto di lavoro, optando peraltro per l’indennità sostitutiva della reintegra, determinando così la risoluzione del rapporto di lavoro.

Il motivo è inammissibile, per contrasto col principio dell’autosufficienza, non avendo la ricorrente riprodotto od allegato l’atto nel quale tali richieste sarebbero contenute. Va in ogni caso osservato che la mera richiesta dell’indennità sostitutiva della reintegra, prima che questa sia stata pronunciata, non estingue certamente il rapporto, effetto conseguito solo allorquando, pronunciata la reintegra, sia stata richiesta l’indennità sostitutiva (Cass. 17 febbraio 2009 n. 3775; Cass. 16 novembre 2009 n. 24199).

5. Con il sesto ed il settimo motivo la società Poste denuncia omessa ed insufficiente motivazione su di un fatto decisivo per il giudizio, in ordine all’accertamento dell’aliunde perceptum, su cui la società Poste aveva chiesto l’interrogatorio del ricorrente ed articolato prove testimoniali.

Anche tale motivo risulta in parte inammissibile e per il resto infondato.

Ed invero difetta del tutto il quesito di diritto con la chiara indicazione del fatto controverso ed il momento di sintesi che consenta alla Corte di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso, senza necessità di un’attività interpretativa dell’intero motivo (Cass. 30 dicembre 2009 n. 27680, Cass. 7 aprile 2008 n. 8897, Cass. 18 luglio 2007 n. 16002).

Il motivo risulta anche in contrasto col principio dell’autosufficienza, non risultando riprodotti od allegati gli atti difensivi ove le dedotte richieste istruttorie sarebbero state contenute.

Va peraltro rammentato che secondo il consolidato orientamento di questa Corte la deduzione dell’aliunde perceptum, pur da qualificarsi eccezione in senso lato, deve avvenire tempestivamente e comunque nel primo atto difensivo successivo al momento della conoscenza dei fatti da parte dell’eccepente, Cass. 20 giugno 2006 n. 14131.

6. La società Poste denuncia la sentenza impugnata anche per violazione degli artt. 1218, 1219, 1223, 1227, 2099 e 2967 c.c., per non avere la corte valutato, nella determinazione del risarcimento del danno, l’aliunde perceptum e percipiendum, sulla base del principio della non risarcibilità dei danni che il creditore avrebbe potuto evitare con l’ordinaria diligenza.

11 motivo è infondato, per le considerazioni svolte nei punti che precedono, qui potendosi solo evidenziare che alcunchè di specifico viene sul punto indicato dalla ricorrente, mentre era pur sempre necessaria una rituale allegazione e prova delle circostanze di fatto poste a fondamento della pretesa (prova pur non necessariamente proveniente dal datore di lavoro in quanto oggetto di eccezione in senso lato – cfr.. Cass. 16 maggio 2005 n. 10155, Cass. 20 giugno 2006 n. 14131, Cass. 10 agosto 2007 n. 17606, Cass. S.U. 3 febbraio 1998 n. 1099- ma su questo gravante, Cass. ord. 26 ottobre 2010 n. 21919).

7. Il ricorso deve essere pertanto respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, pari ad Euro 55,00, Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a..

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2011

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