Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17977 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 04/07/2019, (ud. 14/05/2019, dep. 04/07/2019), n.17977

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 881-2013 proposto da:

R.T., elettivamente domiciliato in ROMA VIA SALARIA 227,

presso lo studio dell’avvocato STEFANIA IASONNA, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE CENTRALE, in persona del Direttore

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS) DI NAPOLI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 162/2012 della COMM. TRIB. REG. della

Campania, depositata il 25/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/05/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.

Fatto

RILEVATO

Che:

R.T. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 162/32/2012, depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania il 25.05.2012, con la quale era accolto l’appello della Agenzia delle Entrate, e rigettato quello incidentale condizionato del contribuente, confermando gli avvisi di accertamento e le cartelle di pagamento relativi agli anni d’imposta 2003 e 2004, in riferimento ad Iva, Irap e addizionale Irpef.

Ha rappresentato che all’esito di verifica fiscale e redazione del processo verbale di constatazione della GdF gli erano stati notificati gli atti impositivi dell’importo complessivo di Euro 1.177.447,65.

Contestando gli esiti e le modalità di accertamento il R. introduceva i giudizi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, che, previa riunione dei ricorsi, accoglieva le ragioni del contribuente con sentenza n. 31/45/2010.

La sentenza, appellata dall’Ufficio e dal contraente, dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, era riformata con la pronuncia ora al vaglio della Corte.

Il R. censura la sentenza con quattro motivi:

con il primo per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 55 e 56, nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32,38 e 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per avere mal governato le regole di riparto dell’onere probatorio in tema di presunzioni desunte dagli accertamenti bancari, attribuendo altrettanto erroneamente all’attività del R. natura di impresa commerciale e non quella di impresa agricola professionale;

con il secondo per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 32, e dei richiamati D.M. 19 marzo 2004 e 11 luglio 2007, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per avere male applicato il principio dell’onere probatorio in ordine alla categoria di appartenenza del reddito del R.;

con il terzo per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 32, e dei richiamati D.M. 19 marzo 2004 e 11 luglio 2007, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per aver erroneamente ritenuto applicabile la normativa riferibile alla lavorazione e produzione di derivati da prodotti agricoli e non quella di semplice produzione di pomodoro fresco;

con il quarto per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per essere priva la sentenza di una minima motivazione in relazione all’appello incidentale condizionato.

Ha chiesto pertanto la cassazione della sentenza, con decisione nel merito o rinvio a nuovo esame del giudice di merito.

Si è costituita la Agenzia, eccependo l’inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza e nel merito l’infondatezza dei motivi.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Il primo motivo di ricorso è inammissibile sotto un duplice aspetto. Con esso ci si duole del malgoverno delle regole probatorie in ordine alla collocazione del reddito tra quelli d’impresa commerciale e non di impresa agricola, senza però riferire in quale atto e in quale fase del processo la questione fosse stata sollevata, con ciò violando il principio di autosufficienza del ricorso. Si invocano inoltre più profili di doglianza, in particolare vizi processuali ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ed errori di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, senza che nel motivo possano anche solo sufficientemente distinguersi le specifiche ragioni relative ai diversi vizi denunciati.

In materia di ricorso per cassazione questa Corte ha già affermato che il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come autonomo motivo, non costituisce, di per sè, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, purchè la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Sez. U, sent. n. 9100/2015). Costituisce infatti ragione di inammissibilità dell’impugnazione una formulazione del motivo che, assommando più profili di doglianza, non consente o rende difficoltosa l’individuazione delle questioni prospettate (in tema cfr. Cass., 7009/2017; 8915/2018; 26790/2018). Nel caso di specie la confusione tra gli errores in iudicando e quelli in procedendo non è superata dalla distinzione delle ragioni per le quali le doglianze stesse sono mosse alla decisione impugnata; nè è compito del giudice di legittimità colmare la lacuna difensiva, quando essa si manifesta confusamente, individuando quali carenze del provvedimento impugnato vadano ricondotte tra i vizi processuali e quali tra i vizi di interpretazione o falsa applicazione della norma.

Per le medesime ragioni sono parimenti inammissibili il secondo ed il terzo motivo, per i quali anzi la sinteticità e genericità delle critiche al provvedimento impugnato rendono ancor più evidenti i limiti dell’atto difensivo.

Per mera completezza, la decisione del giudice regionale ha ritenuto che il R. non avesse in alcun modo giustificato le movimentazioni bancarie emergenti nei numerosi conti correnti accertati del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32. A tal fine è peraltro o doveroso evidenziare che il regime di presunzione legale degli accertamenti svolti ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, si applica, anche per l’impresa agricola, a tutte le operazioni di movimentazione del conto, ossia tanto ai prelevamenti quanto ai versamenti, non incidendo sulla fattispecie la sentenza n. 228 del 2014 della Corte Costituzionale. Resta dunque a carico del contribuente l’onere di dimostrare che tali operazioni siano già incluse nel reddito o siano irrilevanti ai fini impositivi.

Quanto infine alla natura dell’attività d’impresa, commerciale o agricola, la pronuncia, a differenza di quanto denuncia la difesa del contribuente, è motivata sufficientemente, affermando l’irrilevanza, ai fini probatori, della documentazione allegata dal R. (in particolare il contratto di affitto), ed avvertendo di contro che, alla luce della disciplina positiva e delle emergenze fattuali riscontrabili nella dichiarazione dei redditi (per quanto riportato nel quadro RA), le modalità di esercizio dell’impresa eccedevano i limiti stabiliti della semplice attività agraria. Trattasi di un accertamento non solo corretto sul piano della interpretazione della disciplina, ma anche riferito a dati fattuali, neppure contestati specificamente dal ricorrente.

Il quarto motivo trova invece accoglimento. Al là della doppia doglianza, il mezzo è inequivocamente diretto a censurare la decisione solo sotto il profilo della omessa motivazione – e dunque quale error in procedendo – rispetto all’appello incidentale condizionato, con il quale aveva sostenuto che non vi fossero ragioni a sostegno degli avvisi di accertamento quanto meno nella parte in cui questi contestavano movimentazioni bancarie superiori a quelle indicate nei pvc della GdF, ed inoltre contestava il riconoscimento della incidenza dei costi di produzione nella misura dell’80% e non, come preteso dall’Ufficio, del solo 20%.

Sul ricorso incidentale la sentenza si limita a dichiarare che “..l’avviso di accertamento non riporta sic et simpliciter i contenuti del pvc della Guardia di Finanza, peraltro contenente specifici dettagli dell’attività di verifica. L’accertamento oggetto

del presente giudizio risulta puntualmente e correttamente motivato…. Non può trovare accoglimento l’appello incidentale della parte, in quanto infondato stante il fatto che ha proceduto correttamente all’accertamento per le ragioni in precedenza esposte.”. La decisione sul punto è viziata da apparente motivazione.

Sussiste l’apparente motivazione della sentenza ogni qual volta il giudice di merito ometta di indicare su quali elementi abbia fondato il proprio convincimento, nonchè quando, pur indicandoli, a tale elencazione ometta di far seguire una disamina almeno chiara e sufficiente, sul piano logico e giuridico, tale da permettere un adeguato controllo sull’esattezza e logicità del suo ragionamento (Sez. U, sent. 22232/2016; cfr. anche 9105/2017).

Nel caso di specie, a fronte delle questioni poste dal contribuente, che pur specificamente il giudice regionale riporta a pag. 3 della sentenza, non è dato comprendere su cosa sia stato fondato il rigetto delle doglianze formulate dal R. per l’ipotesi, condizionata, dell’accoglimento dell’appello dell’Ufficio. Ne discende la radicale nullità della sentenza nella parte relativa alla motivazione dedicata all’appello incidentale.

Il quarto motivo è pertanto fondato e trova accoglimento.

Considerato che:

L’accoglimento del quarto motivo comporta la cassazione della sentenza in tali limiti ed il rinvio alla Commissione Regionale della Campania, che in diversa composizione dovrà decidere, oltre che sulle spese del giudizio di legittimità, anche sull’appello incidentale del contribuente.

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi tre motivi di ricorso; accoglie il quarto. Cassa la sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, che in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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