Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17976 del 20/07/2017
Cassazione civile, sez. VI, 20/07/2017, (ud. 07/06/2017, dep.20/07/2017), n. 17976
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPPI Aniello – Presidente –
Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26098-2015 proposto da:
L.P., elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA BAINSIZZA
1, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VITTOZZI, rappresentato
e difeso unitamente e disgiuntamente dagli avvocati GAETANO SANSONE
e BIAGIO NOBILE;
– ricorrente –
contro
SOC. COOP. VERETO A R.L. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 796/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE,
depositata il 13/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 07/06/2017 dal Consigliere Dott. PIETRO CAMPANILE.
Fatto
RILEVATO
che:
il sig. L.P. propone ricorso, affidato ad unico e complesso motivo, avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale, in parziale accoglimento dell’appello proposto avverso la sentenza n. 181 del Tribunale di Brindisi, l’importo relativo alla condanna del predetto in favore della Coop Vereto a r.l. è stato ridotto ad Euro 71.012,82, con parziale compensazione delle spese di lite;
in particolare, versandosi in tema di azione revocatoria fallimentare, la corte distrettuale, per quanto in questa sede principalmente rileva, ha confermato la decisione di primo grado con cui era stata affermata la revocabilità del riconoscimento di debito e cessione di credito posto in essere, con atto pubblico del 4 agosto 2004 in favore del L., da parte della Coop Vereto a r.l., poi sottoposta a liquidazione coatta amministrativa;
il ricorrente deduce l’assoluta mancanza di motivazione in relazione all’estensione della revoca dell’atto di cessione del credito, che non viene censurata, al riconoscimento del debito; la parte intimata resiste con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
il Collegio ha disposto, in conformità al decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata;
non assume rilievo, sotto il profilo dell’ammissibilità, la sottoscrizione del ricorso da parte del solo avv. Gaetano Sansone, non iscritto nell’albo speciale dei patrocinanti in cassazione, atteso che l’altro difensore, avv. Biagio Nobile, abilitato al patrocinio, certificando la sottoscrizione del ricorrente su foglio separato (equiparabile alla procura resa in calce: Cass., 14 novembre 2011, n. 23777), ha così assunto anche la paternità del ricorso (Cass. 23 marzo 2017, n. 7443; Cass., 1 agosto 2013, n. 18491);
il ricorso è per altro verso inammissibile, in quanto, essendo stata disposta la revoca dell’atto di riconoscimento del debito, unitamente a quella della cessione del credito, dal Tribunale di Brindisi, sez. dist. di Ostuni, con sentenza in data 20 dicembre 2010, non risulta che avverso tale decisione sia stato proposto uno specifico motivo di appello;
dalla sentenza impugnata, infatti, emerge che le censure proposte dal L. riguardavano l’assenza di natura solutoria dell’atto di cessione del credito, l’insussistenza della scientia decotionis, nonchè l’erroneo riconoscimento del diritto alla rivalutazione monetaria;
nè il ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, ha dimostrato, al di là del breve inciso trascritto a pag. 9 (“..il riconoscimento del debito effettuato nell’atto pubblico qui contestato non è assoggettabile a revoca alcuna”), di aver dedotto, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., una specifica e argomentata censura in ordine alla suddetta statuizione della decisione di primo grado, ragion per cui – risultando per altro del tutto nuova la distinzione proposta in questa sede tra atto unico ed atto complesso – deve ritenersi che sulla revoca della ricognizione di debito si sia formato il giudicato interno, con conseguente inammissibilità del ricorso per carenza di interesse (Cass., 19 gennaio 2015, n. 774); non si richiede alcuna statuizione in merito alle spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2017.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2017