Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17971 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 04/07/2019, (ud. 16/04/2019, dep. 04/07/2019), n.17971

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Annamaria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5847/2014 R.G. proposto da:

B.B. e B.S., elett.te domiciliati in Roma alla via

G. Palumbo n. 26, presso lo studio dell’avv. Luca Perticone da cui

sono rapp.ti e difesi, come da procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te

domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 5660/12/13 della Commissione Tributaria

Centrale di Roma, depositata il 27/11/2013, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16 aprile 2019 dalla Dott.ssa Milena d’Oriano.

Fatto

RITENUTO

che:

1. con sentenza n. 5660/12/13, depositata il 27 novembre 2013, non notificata, la Commissione Tributaria Centrale di Roma rigettava il ricorso proposto dai contribuenti avverso la sentenza n. 1180/01/88 della Commissione Tributaria di II grado di Roma;

2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di una cartella di pagamento, emessa nel settembre 1979, in riferimento all’applicazione delle maggiorazioni di imposta per ritardata iscrizione a ruolo ex art. 184 bis del TU n. 645 del 1958, che si ritenevano non dovute a seguito dell’abrogazione della norma;

3. la CT di II grado, in riforma della sentenza di primo grado, aveva ritenuto legittima l’iscrizione a ruolo;

4. la CTC, ritenuto regolarmente instaurato il contraddittorio, confermava la decisione impugnata rilevando che sebbene la norma fosse stata abrogata dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 104, la stessa dovesse ancora applicarsi alle violazioni compiute prima;

5. avverso la sentenza della CTC i contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., consegnato per la notifica in data 26 febbraio 2014, affidato a due motivi; l’Agenzia delle Entrate si è tardivamente costituita con memoria ed i ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso, i contribuenti denunciano la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 636 del 1972, artt. 22, 32 e 32 bis, nonchè degli artt. 330 e 136 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la sentenza impugnata aveva ritenuto correttamente instaurato il contraddittorio in sede di appello benchè il ricorso fosse stato notificato presso un indirizzo errato, ipotizzando un loro onere di comunicazione del decesso della de cuius e del nuovo indirizzo, pur essendo gli stessi chiamati in giudizio in proprio e non in qualità di eredi;

2. con il secondo motivo di ricorso deducono violazione e falsa applicazione della L. n. 30 del 1997, art. 5 bis e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, rilevando che la maggiorazione di imposta gli era stata richiesta quali eredi del padre premorto e che la stessa, avendo natura di sanzione amministrativa, doveva invece ritenersi intrasmissibile agli eredi.

Osserva che:

1. Con il primo motivo di ricorso i contribuenti deducono la nullità della sentenza di II grado che deriverebbe dalla mancata notifica del ricorso in appello.

Indubbiamente dalla stessa motivazione della decisione impugnata si evince che il ricorso in appello è stato notificato ad un indirizzo diverso da quello dichiarato, ((OMISSIS) in luogo di (OMISSIS)), sicchè, non risultando ivi reperibili, illegittimamente il messo notificatore aveva proceduto alla notifica a mezzo deposito presso la cancelleria della Commissione Tributaria.

Rileva tuttavia la Corte che nella specie non trovano applicazione le norme del codice di rito, che avrebbero imposto la dichiarazione di nullità della sentenza ed il rinvio al giudice di appello per la rinnovazione di quel giudizio, bensì le norme speciali dettate dal D.P.R. n. 636 del 1976.

Ebbene è stato già affermato che ” In tema di contenzioso tributario, il giudizio che si svolge davanti alla Commissione tributaria centrale, ai sensi del D.P.R. n. 636 del 1972, non è un giudizio di annullamento e di pura legittimità, bensì un giudizio di merito di terzo grado a cognizione piena, con esclusione delle sole questioni di fatto relative alla valutazione estimativa ed alla misura delle pene pecuniarie, per le quali l’art. 29, commi 1 e 2, impone il rinvio della causa al giudice di secondo grado. In ogni altro caso, ove una questione di merito sia stata sottoposta all’esame della Commissione centrale con l’atto di impugnazione, nei limiti così fissati alla devoluzione della controversia in sede di gravame, la Commissione tributaria centrale ha il potere – dovere di procedere al riesame (ed alla decisione) di merito. Ne deriva che il ricorso alla Commissione centrale, proposto dalla parte che si dolga soltanto della pronuncia preliminare di rito (nella specie: dichiarativa della inammissibilità del ricorso proposto davanti al giudice di primo grado), proposto – quindi – senza investire la Commissione anche del merito della controversia, è inammissibile” (Vedi Cass. n. 10662 del 2003).

Mentre l’art. 24 dello stesso decreto prevede, ad opera della Commissione di secondo grado che rilevi un vizio del contraddittorio nel giudizio di primo grado, il rinvio ad altra Commissione di primo grado, analogo rinvio non è previsto nel caso in cui il difetto di contraddittorio venga rilevato in relazione al giudizio di secondo grado.

L’art. 29, comma 2, infatti, in riferimento al giudizio innanzi alla Commissione Centrale, espressamente prevede il rinvio solo nei casi cui al già cit. art. 24 ad una diversa Commissione di primo grado, mentre il rinvio alla Commissione di secondo grado è previsto nelle sole ipotesi di cui al comma 1, tra cui non rientrano quelle relative alla integrità del contraddittorio.

Ne consegue che, in ogni caso, non potendo disporre il rinvio, la Commissione Centrale ha correttamente proceduto ad un esame nel merito delle censure riproposte dai contribuenti.

2. Anche il secondo motivo, attinente al merito, non può essere accolto.

Indubbiamente il D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 5 bis, convertito nella L. 28 febbraio 1997, n. 30, in attesa dei decreti legislativi che avrebbero dovuto disciplinare in maniera organica la materia, ha sospeso l’applicazione delle pene pecuniarie tributarie a carico degli eredi ed esteso gli effetti “anche alle pene pecuniarie già iscritte a ruolo”, ed il sopravvenuto D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 8, ha poi espressamente previsto che “l’obbligazione al pagamento della sanzione non si trasmette agli eredi”, norma applicabile ai procedimenti in corso alla data dell’1 aprile 1998, giusta specifica previsione del D.Lgs. medesimo, art. 25, comma 1. (Vedi Cass. n. 11226 del 2002, n. 21326 del 2006 e da ultimo Cass. n. 25644 del 2018).

Costituiva poi già principio consolidato che “Le sanzioni pecuniarie amministrative previste per la violazione delle norme tributarie hanno carattere afflittivo, onde devono inquadrarsi nella categoria dell’illecito amministrativo di natura punitiva, disciplinato dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, essendo commisurate alla gravità della violazione ed alla personalità del trasgressore, con la conseguenza che ad esse si applica il principio generale sancito dalla L. n. 689 cit., art. 7, secondo cui l’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi” (Vedi Cass. n. 13894 del 2008).

Tale principio tuttavia non può essere applicato alla maggiorazione di cui al D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 184 bis, tenuto conto che, analogamente che per gli interessi contemplati dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 20 ed applicabili per la tardiva iscrizione a ruolo di soppresse imposte dirette, in caso di ritardo verificatosi dopo il 31 dicembre 1973, si verte in tema di prestazioni di tipo risarcitorio, le quali, unitamente alla presenza di altre condizioni, si ricollegano al fatto del ritardo, che in difetto di diversa disciplina transitoria, sono soggette alle leggi rispettivamente in vigore all’epoca del verificarsi del ritardo stesso, (vedi Cass. n. 9329 del 1987; Cass. n. 1730 del 1990) ed in quanto prive di natura sanzionatoria sono sottratte al regime della intrasmissibilità agli eredi di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 8.

3 Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va rigettato.

3.1 Nulla sulle spese stante la tardiva costituzione dell’Agenzia delle Entrate.

3.2 Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, in quanto notificato dopo tale data, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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