Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1797 del 27/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 27/01/2020, (ud. 16/10/2019, dep. 27/01/2020), n.1797

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7980-2014 proposto da:

AZIENDA SANITARIA LOCALE BR, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’

20/13, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI MANFREDONIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato CATALDO MOTTA;

– ricorrente –

contro

R.R., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato CARLO CANIGLIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 17/01/2014 R.G.N. 3241/2012;

il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte d’Appello di Lecce, riformando la pronuncia del Tribunale di Brindisi, ha accolto la domanda con la quale R.R., inquadrata quale infermiera in categoria C presso la Asl di Brindisi, aveva chiesto il riconoscimento della indennità di coordinamento, a decorrere dal 31.8.2001, e della posizione Ds, a decorrere dal 1.9.2003;

la Corte territoriale riteneva che fosse decisiva l’attestazione rilasciata dal Dirigente medico secondo la quale la R. aveva espletato attività di coordinamento non solo alla data del 31.8.2001, ma anche successivamente, secondo altra nota del 18.11.2008, sicchè dovevano ritenersi sussistenti sia i presupposti di cui all’art. 10 c.c.n.l. 2000/2001 per il riconoscimento dell’indennità di coordinamento, sia quelli di cui all’art. 19, lett. b) c.c.n.l. 19.4.2004 per l’attribuzione del livello economico DS;

2. la Asl di Brindisi ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, resistiti da controricorso della R., poi illustrato da memoria;

il Pubblico Ministero in vista dell’adunanza camerale ha depositato memoria con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso la Asl denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 4 c.c.n.l. 2000/2001, sostenendo che la Corte territoriale avrebbe erroneamente riconosciuto alla R. l’indennità di coordinamento nonostante essa non fosse inquadrata in categoria D al 31.8.2001, come richiesto dalla contrattazione collettiva;

il secondo motivo sviluppa analoghe considerazioni argomentando sulla base dell’art. 10, comma 3, 4, 7 e 8 medesimo c.c.n.l. e sottolineando come presso il Dipartimento di Prevenzione a cui la R. era addetta non era prevista alcuna funzione di coordinamento;

il terzo motivo, relativo al riconoscimento del livello economico DS, sostiene che la Corte territoriale avrebbe violato l’art. 19, lett. b) del c.c.n.l. 19.4.2004, perchè anche tale ipotesi riguarderebbe soltanto chi già avesse diritto all’indennità di coordinamento, non spettante alla R. per quanto sostenuto con i primi due motivi;

2. i motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono fondati;

3. quanto all’indennità di coordinamento, la giurisprudenza di questa Corte, qui da richiamare anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., comma 2 è costante nel senso che “l’attribuzione dell’indennità di coordinamento, ai sensi dell’art. 10, comma 7 c.c.n.l. del 20 settembre 2001, è affidata, in sede di prima applicazione, di norma, al personale, cui sia riconosciuto l’espletamento di funzioni di effettivo coordinamento, già appartenente alla categoria D, mentre, per il personale proveniente dalla categoria C, è subordinata ad una valutazione da parte dell’ASL, in ragione della propria situazione organizzativa” (Cass. 21 luglio 2017, n. 18035; poi anche Cass. 28 maggio 2019, n. 14507);

la citata giurisprudenza ha infatti precisato che:

– le parti collettive, ravvisando che l’insieme dei requisiti richiesti al personale appartenente alla categoria C del ruolo sanitario nonchè al profilo di operatore professionale assistente sociale del ruolo tecnico – per contenuti di competenze, conoscenze e capacità necessarie per l’espletamento delle relative attività lavorative – corrispondeva a quello della categoria D dei rispettivi profili, hanno ritenuto necessario che le aziende fossero messe nelle condizioni economico – normative per attuare il passaggio di detto personale alla citata categoria;

– in tale contesto l’indennità di coordinamento valeva quindi a differenziare, in considerazione dell’ormai realizzata unificazione dei dipendenti delle categorie C e D, coloro che avessero effettuato determinate funzioni di coordinamento e ciò in relazione al fatto che, sino alla data della unificazione, vi è stato svolgimento da parte di dipendenti inquadrati in vari profili della categoria D di specifiche mansioni di coordinamento per le quali è stata ritenuta opportuna, in una prospettiva di differenziazione rispetto ai dipendenti provenienti dalla categoria C, la corresponsione di una specifica indennità;

– superata la fase transitoria e quindi dopo il 31 agosto 2001, l’art. 10, comma 7 c.c.n.l. cit. ha previsto la possibilità di attribuire l’indennità anche a chi provenga dalla categoria C, ma ciò solo ove l’incarico di coordinamento sia “conferito dalle aziende sanitarie con un atto formale ai soggetti in possesso del requisito minimo di anzianità (…) previa definizione dei criteri generali ai quali le aziende medesime devono attenersi nella scelta del dipendente al quale affidare il coordinamento” (Cass. 18 maggio 2018, n. 12339);

non era dunque sufficiente, per il riconoscimento dell’indennità a chi provenisse dalla categoria C, lo svolgimento di fatto di una qualche attività che comportasse contatti interorganizzativi con altre persone o dispositiva di mezzi, essendo necessario che, con atto formale, la ASL avesse delineato, previa valutazione e concertazione nelle forme previste dalla contrattazione collettiva, una figura professionale connotata da specifiche competenze organizzative;

viceversa, nel caso di specie, la Corte territoriale ha erroneamente riconosciuto il diritto all’indennità di coordinamento, parte fissa, pur essendo la R. precedentemente inquadrata in categoria C, senza accertare la ricorrenza dei presupposti appena detti (atto formale sulla base di criteri generali prefissati, sui quali v. anche art. 6, comma 1, lett. b c.c.n.l. 7.4.1999) e solo fondandosi sullo svolgimento di alcune attività ritenute da riportare a compiti di coordinamento;

4. anche rispetto al riconoscimento del livello economico DS si è delineato un consolidato orientamento di questa Corte, cui si aderisce e ci si richiama, per cui “ai sensi dell’art. 19, lett. b) c.c.n.l. del compatto sanità del 19 aprile 2004, i requisiti per il passaggio del personale al livello economico Ds, con decorrenza dal 1 settembre 2003, sono dati dal riconoscimento, alla data del 31 agosto 2001, dello svolgimento di “reali funzioni di coordinamento”, ai sensi dell’art. 10 del c.c.n.l. del 20 settembre 2001, e dall’effettivo svolgimento delle funzioni stesse” (Cass. 28 maggio 2019, n. 14508; Cass. 3 giugno 2015 n. 11486);

pertanto “presupposto necessario per il conseguimento del superiore livello retributivo DS non è solo lo svolgimento di “reali funzioni di coordinamento” indicato dall’art. 10 cit., commi 2 e 3 ma anche il connesso requisito dell’appartenenza alla categoria D alla data del 31 agosto 2001. Solo per tale personale è prevista la possibilità di ulteriore avanzamento nel livello economico DS per il solo fatto dello svolgimento dei compiti di coordinamento e senza ulteriore selezione o valutazione” (Cass. 11486/2015 cit.), sicchè soltanto in esito alle previe selezioni e condizioni di cui all’art. 19, lett. c) è possibile l’ottenimento del livello DS;

la Corte territoriale, riconoscendo il diritto al di fuori di tali presupposti, anche sotto questo profilo è dunque giunta a conclusioni parimenti errate;

5. la sentenza va in definitiva cassata e la causa rinviata alla medesima Corte d’Appello, in diversa composizione, affinchè decida sulla base di quanto qui stabilito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Lecce, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2020

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