Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17967 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 04/07/2019, (ud. 28/02/2019, dep. 04/07/2019), n.17967

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2519/2013 proposto da:

C.G., rappresentato e difeso dall’avv. Achille Benigni

del Foro di Avellino ed elettivamente domiciliato presso lo studio

del medesimo in Roma, Via Vittoria Colonna n. 18;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

AGENZIA DELLE ENTRATE – Direzione Provinciale di Salerno, in persona

del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania – Sez. staccata di Salerno, n. 290/04/12, pronunciata il

23.4.2012 e depositata il 15.5.2012.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/2/2019 dal Consigliere Dott. Giuseppe SAIEVA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle entrate, utilizzando gli studi di settore, accertava nei confronti di C.G., un reddito complessivo di 139.938,00 Euro a fronte di quello dichiarato di 52.537,00 Euro, liquidando per l’effetto una maggiore IRPEF di 37.781,00 Euro, una maggiore IRAP di 3.946,00 Euro, una maggiore addizionale regionale di 786,00 Euro e maggiori contributi previdenziali di 5.412,00 Euro, oltre relativi interessi e sanzioni.

2. La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso proposto dal contribuente avverso l’anzidetto avviso di accertamento.

3. Anche la Commissione tributaria regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno con sentenza n. 290/04/12, pronunciata il 23.4.2012 e depositata il 15.5.2012, rigettava l’appello interposto dal C., il quale proponeva quindi ricorso per cassazione affidandolo a due motivi.

4. L’Agenzia delle entrate resisteva mediante controricorso, eccependo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso.

5. Il ricorso è stato fissato per la Camera di consiglio del 28 febbraio 2019, ai sensi dell’art. 375, u.c. e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente deduce “insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5”.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce “contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5”.

3. Con il primo motivo lamenta il ricorrente che la C.T.R., dopo una lunghissima premessa in ordine alle caratteristiche degli accertamenti basati sugli studi di settore, aveva concluso affermando perentoriamente che “nel caso di specie emerge la dimostrazione da parte dell’Amministrazione dell’applicabilità in concreto dei parametri prescelti”, oltre che l’incoerenza dell’indice di ricarico rispetto agli indicatori economici utilizzati dallo studio di settore ed i significativi elementi di spesa non giustificati dall’appellante. La stessa C.T.R non avrebbe tuttavia dato conto della necessità di adattare l’accertamento standardizzato alla particolarità della situazione del contribuente, limitandosi a richiamare genericamente “i significativi elementi di spesa non giustificati dall’appellante”, senza tuttavia soffermarsi a valutare gli elementi di prova concernenti la capacità di spesa complessiva manifestata dal contribuente medesimo, al fine di verificare la correttezza dell’impianto presuntivo dell’accertamento ed omettendo inoltre di considerare che la capacità di spesa rilevante ai fini della commisurazione del reddito presumibile doveva essere parametrata sull’intero nucleo familiare del contribuente medesimo.

4. Con il secondo motivo contesta poi il ricorrente la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata in quanto la C.T.R., anzichè soffermarsi ad esaminare in modo appropriato i singoli elementi di prova addotti dal Fisco al fine di valutarne la portata e di verificare in concreto se essi potevano integrare le asserite gravi incongruenze, ponendoli a confronto con gli elementi di prova contraria addotti dal contribuente, si è inspiegabilmente limitata ad affermare la presenza di “significativi elementi di spesa non giustificati dall’appellante” costituiti dal “possesso di diversi immobili e vetture” ed aggiungendo poi che “l’appellante non ha in alcun modo giustificato l’inapplicabilità dello studio di settore”.

5. Entrambi i motivi, che per evidenti ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili nella parte in cui il ricorrente sostanzialmente sollecita un nuovo esame di merito degli elementi acquisiti, mentre è infondato laddove lamenta l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione.

6. Invero, come chiarito dalle Sezioni Unite (Sentenza n. 26635 del 18/12/2009 e successive), “la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente”.

7. Nel caso di specie, come rilevato dal giudice di appello, la fase di contraddittorio con il contribuente si è svolta regolarmente e l’Ufficio ha dato atto di aver tenuto conto degli elementi giustificativi dedotti dal contribuente, procedendo ad una rideterminazione dei maggiori ricavi risultanti dagli studi di settore ed evidenziando nell’atto accertativo le ragioni della ritenuta non congruità dei ricavi dichiarati a fronte dei significativi elementi di spesa non giustificati dall’odierno appellante.

8. Disattendendo le eccezioni e le argomentazioni del ricorrente la C.T.R. ha quindi correttamente applicato la normativa vigente per l’accertamento in base agli studi di settore e tenuto poi conto degli elementi concreti, emersi nel contraddittorio con il contribuente, ai fini della determinazione dei ricavi e della valutazione dei significativi elementi di spesa non giustificati dall’appellante.

9. Appaiono pertanto infondate le censure mosse alla sentenza impugnata atteso che la C.T.R. con argomentazioni sufficienti e prive di contraddizioni logiche ha evidenziato l’inidoneità della documentazione prodotta dal contribuente a giustificare lo scostamento dedotto, a fronte delle specifiche contestazioni dell’Amministrazione finanziaria, mentre ogni ulteriore valutazione circa la rilevanza probatoria delle asserite giustificazioni addotte dal contribuente costituisce apprezzamento di merito non censurabile in questa sede.

10. Il ricorso va pertanto rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’Agenzia delle Entrate che liquida in 4.100,00 Euro, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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