Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17966 del 24/07/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 17966 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: IOFRIDA GIULIA

Data pubblicazione: 24/07/2013

Svolgimento del processo
Con sentenza n. 12 del 10/1/2007, depositata in data
24/1/2007, la Commissione Tributaria Regionale della

Campania Sez. 29 rigettava, con compensazione delle
spese di lite, l’appello proposto, in data 24/4/2006,
da Catone Castrese, avverso la decisione n. 18/05/2006
della Commissione Tributaria Provinciale di Caserta,
che aveva dichiarato inammissibile il ricorso, proposto
dal contribuente, avverso una cartella di pagamento,
notificata in data 12/8/2005, inerente imposte dovute
per IRPEF e SSN, oltre sanzioni, sul reddito di

bilancio prodotti della società Catone spa, società di
capitali a ristretta base azionaria, attribuito, in via
presuntiva, “pro quota”, in base al D.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, art. 39, comma l, lett. d), al
socio Catone Castrese, per l’anno 1994, ed un correlato
avviso di accertamento, notificato al Catone nel
dicembre 1998. Il contribuente aveva impugnato la
cartella, in particolare, eccependo che le imposte
fossero state calcolate unicamente sulla base di un
presunto collegamento tra reddito, accertato
dall’Ufficio finanziario, della Catone spa e reddito
dei soci, senza tener conto però sia dell’annullamento
di altro accertamento a carico di altro socio, Taddeo
Giuseppina, a seguito di impugnazione della stessa, sia
dell’esito positivo dei ricorsi espletati dalla società
partecipata, avverso ulteriore avviso di accertamento,
a detta società notificato, divenuto definitivo a
seguito di decisione n. 114/46/2002 della Commissione
Tributaria Regionale della Campania, con conseguente
sensibile riduzione degli imponibili accertati in sede
di iniziale verifica.
La CTP di Caserta dichiarava tuttavia il ricorso del
Catone inammissibile, sul presupposto che
l’impugnazione non riguardasse vizi propri della
cartella di pagamento.
La Commissione Tributaria Regionale della Campania
respingeva il gravame del contribuente, in quanto, da
un lato, riteneva inammissibili, perché nuove, alcune
eccezioni formulate dal Catone per la prima volta in

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capitale derivante dalla distribuzione di utili extra

appello
e

(“sub c) e d) di pag.4 del ricorso in appello’

“l’eccezione di duplicazione di imposizione”)

e,

dall’altro lato, rilevava che le altre eccezioni
sollevate dal Catone (inerenti essenzialmente una non
corrispondenza tra gli importi iscritti a ruolo a
titolo definitivo e la sentenza della CTR di Napoli n.
114 del 2002, che aveva rideterminato, con riduzione
degli imponibili inizialmente accertati dall’Ufficio in

partecipata, per costi e deduzioni non riconosciuti,
presumibilmente distribuito ai soci in proporzione
delle rispettive quote di partecipazione (per il Catone
nella misura del 10%), non

“erano confortate da alcun

elemento concreto”.
Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per
cassazione il contribuente, deducendo tre motivi di
ricorso per cassazione, per violazione e/o falsa
applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art.360
n. 3 c.p.c. (Motivo l, in parte, in relazione agli
artt.19 e 68 comma l lett.c) d.lgs. 546/1992, non
avendo i giudici tributari adeguatamente considerato le
contestazioni sollevate dal socio circa la nullità
dell’atto impositivo perché emesso dall’Agenzia delle
Entrate e dal Concessionario senza tenere conto delle
determinazioni espresse dalla CTR della Campania nella
sentenza n.114/2002; Motivo 2, in relazione all’art.25
DPR 602/1973, non avendo i giudizi tributari vagliato
l’eccezione di nullità della cartella di pagamento per
carenza degli elementi essenziali, facendosi in essa
solo un generico riferimento ad una decisione, non
meglio individuata, della Commissione Tributaria
Regionale ed essendo in essa omessa l’indicazione dei
criteri seguiti per il calcolo del tributo, inclusi
sanzioni ed interessi, e dei tempi e modalità per
proporre impugnazione da parte del contribuente; Motivo
3, in relazione all’art.2909 c.c., non avendo i giudici
tributari preso in considerazione l’esistenza di altri
giudicati esterni, nei confronti della società e dei

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sede di verifica, il maggior reddito della società

soci,

completamente

disattesi),

nonché

per

insufficiente motivazione circa un punto decisivo della
controversia, ai sensi dell’art.360 n. 5 c.p.c. (primo
motivo, in parte).
Non

ha

resistito

l’Agenzia

delle

Entrate

con

controricorso.
Parte ricorrente ha depositato memoria, ai sensi
dell’art.378 c.p.c..

Va preliminarmente dichiarata la inammissibilità del
ricorso proposto nei confronti del Ministero della
Economia e delle Finanze e del Concessionario per la
riscossione, soggetti che non sono state parti nel
giudizio di appello. Inoltre, va ricordato che, per
effetto ed in conseguenza del trasferimento di funzioni
e di rapporti inerenti le entrate tributarie da esso
Ministero alle Agenzie Fiscali (tra cui, l’Agenzia
delle Entrate) – le quali ultime sono divenute
operative a partire dal primo gennaio 2001 in base al
D.M. 28 dicembre 2000, art. l, – disposto dal titolo
quinto, capo secondo, del D.Lgs. 30 luglio 1999, n.
300, ciascuna Agenzia é succeduta al Ministero stesso
nei rapporti, sostanziali e processuali, in corso a
quel momento ed é divenuta titolare esclusiva (e,
pertanto, unica legittimata anche processualmente) dei
rapporti tributari sorti successivamente alla data
detta di sua operatività. Nel caso, il processo ha ad
oggetto l’impugnazione di una cartella notificata nel
2005, quindi dopo il trasferimento dell’obbligazione
fiscale all’Agenzia, cosicché il processo di merito si
é svolto innanzi ai giudici tributari solo nei
confronti dell’Ufficio locale dell’Agenzia.
Dalla lettura della sentenza impugnata e del ricorso
contro di essa proposto emerge, in fatto, che, a
seguito dell’accertamento di maggiori redditi in capo
alla Catone spa, l’Ufficio ha elevato proporzionalmente
anche il reddito di partecipazione dei soci e, per
quanto qui interessa, del socio Catone Castrese, per

4

Motivi della decisione

l’anno 1994.
Il contribuente non risulta, per quanto emerge dagli
atti, avere impugnato il relativo avviso di
accertamento, notificatogli nel dicembre 1998, mentre
ha impugnato, per carenza degli elementi essenziali e
della motivazione, la consequenziale cartella di
pagamento, notificatagli nel 2005, davanti alla
Commissione Tributaria Provinciale di Caserta, che ha

propri della cartella. Il Catone ha quindi impugnato la
sentenza dinanzi alla CTR Campania, con esito
nuovamente negativo, con diversa motivazione.
Il ricorso, in tutti e tre i motivi, ex art.360 n. 3
c.p.c., difetta anzitutto di specificità, in quanto,
non essendo riportato il contenuto sia della cartella
di pagamento e degli avvisi di accertamento (quello
sotteso alla cartella di pagamento impugnata dal
contribuente e quello notificato alla società
partecipata) sia delle decisioni richiamate quale
giudicato esterno (quella emessa nei confronti della
società Catone, n. 114/2002, che avrebbe stabilito che
“gli importi elencati rappresentavano il recupero di
indeducibili e non un maggior reddito distribuito al
soci”,

ed altra emessa nei confronti di altro socio

della Catone), non possono essere esaminate le
doglianze tutte, essenzialmente, afferenti ad una
“carenza degli elementi essenziali”

della cartella di

pagamento, emessa per importi non attribuibili ai soci,
per effetto di un asserita omessa considerazione della
decisione n. 114/2002 della CTR, resa nel giudizio di
impugnazione intrapreso dalla società avverso altro
avviso di accertamento ad essa notificato. In
proposito, occorre rilevare che questa Corte ha
ripetutamente affermato che, in base al principio di
autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito
dall’art. 366 c.p.c., qualora il ricorrente censuri la
sentenza di una commissione tributaria regionale sotto
il profilo della congruità del giudizio espresso in

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però rigettato il ricorsi per mancata deduzione di vizi

ordine alla motivazione di un atto impositivo – il
quale non è atto processuale, bensì amministrativo, la
cui motivazione, comprensiva dei presupposti di fatto e
‘delle

ragioni

giuridiche

che

lo

giustificano,

costituisce imprescindibile requisito di legittimità
dell’atto

stesso

inammissibilità,

-,

è

necessario,

a

pena

di

“che il ricorso riporti testualmente i

passi della motivazione di detto atto che si assumono

merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione
di esprimere il suo giudizio sulla suddetta congruità
esclusivamente in base al ricorso medesimo” (v.

Cass.

n. 15867 del 2004 e, da ultimo, Cass.253/2012).
Inoltre, nella sentenza impugnata si legge che alcuni
motivi dell’appello, proposto dal contribuente, sono
stati ritenuti inammissibili per violazione del divieto
del

novum in appello; tali statuizioni della sentenza

non sono state specificamente impugnate nel ricorso per
cassazione, per errores in procedendo,
questa

sede

di

legittimità

e dunque sono in

inammissibili

(in

particolare, il secondo motivo). Il ricorso al riguardo
non è neppure autosufficiente, non essendo riportato
nel dettaglio (ma solo sinteticamente) il contenuto
dell’appello svolto dal socio Catone avanti alla CTR.
Il primo motivo, nella parte in cui si contesta vizio
di violazione legge, è peraltro infondato, perché si fa
richiamo all’art.68 d.lgs. 546/1992, che semplicemente
disciplina la riscossione frazionata dei tributi in
pendenza del processo e presuppone che, intervenuta
(lett.c) la sentenza

non definitiva

della CTR, si

provveda al versamento del residuo tributo dovuto, come
determinato nella sentenza. In questo caso, il richiamo
è invece ad una sentenza, parrebbe definitiva, resa
dalla CTR della Campania nel giudizio di impugnazione
avverso altro avviso di accertamento notificato alla
società Catone spa.
Lo stesso motivo, nella parte in cui si contesta vizio
ex art.360 n. 5 c.p.c., manca poi del momento di

erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di

sintesi ex art.366 bis c.p.c. e non sono individuate
precisamente le carenze o lacune nelle argomentazioni
sulle quali si basano la decisione o il capo di essa
censurato (Cass. 12052 del 23/05/2007;
Cass.12791/2011).
Il secondo motivo è, come già detto, inammissibile,
perché non è stata impugnata la statuizione della
sentenza della CTR sulla inammissibilità dell’appello

Infine, il terzo motivo è comunque infondato. E’
giurisprudenza univoca di questa Corte che in presenza
di una cartella esattoriale recante intimazione di
pagamento di credito tributario avente il titolo in un
precedente avviso di accertamento notificato ed, a suo
tempo, non impugnato, essa può essere contestata
innanzi agli organi del contenzioso tributario, e può
da tali organi essere invalidata, solo per vizi propri,
e non già per vizi suscettibili di rendere nullo o
annullabile l’avviso di accertamento presupposto (ex
multis, Cass. 15207/2000).
Nella specie, per quanto emerge dal ricorso, il
contribuente lamentava un vizio di motivazione della
cartella, in quanto da essa non poteva evincersi

“la

ratio sottesa alla determinazione del maggiore utile”,
non avendo l’Ufficio tenuto conto della decisione
intervenuta nel 2002, nell’ambito del giudizio di
impugnazione promosso dalla società Catone avverso
altro avviso ad essa notificato.
Il richiamo al giudicato esterno ed agli effetti di cui
all’art.2909 c.c., non è conferente. Invero, giova
osservare che:

“in tema di contenzioso tributario, con

riguardo all’accertamento del redditi di
partecipazione, la determinazione del reddito del soci
è una diretta conseguenza di quanto accertato in capo
alla società; nondimeno, qualora il socio abbia
separatamente impugnato l’accertamento a lui notificato
senza partecipare, o essere messo in grado di farlo, al
processo instaurato dalla società, la decisione presa

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per proposizione di domande ed eccezioni nuove.

CSENTE nA REGITMAZIOW

in quest’ultima sede non può svolgere alcuna

Ai SENSI DEL DR. 2ti4/19116
– N. 5
N. D ‘1:A3. ALI._
e f fi-MMISIATRIBUTAKIA

di giudicato nel confronti del socio, per il divieto
posto dai principi costituzionali in tema di tutela del
diritti e da quelli codicistici circa i limiti
soggettivi del giudicato. Ne consegue che il giudice
davanti al quale sia impugnato l’accertamento nei
confronti del socio non è tenuto a sospendere il
processo in attesa della definizione di quello promosso

cura di esporre tutti gli elementi di fatto e di
diritto rilevanti per la soluzione della controversia,
non potendosi limitare ad un mero rinvio alla
motivazione della sentenza pronunciata nel confronti
della società né, tanto meno, a dare atto di questa
quando si tratti di decisione non ancora definitiva”
(Cass. n. 19606 del 2006; Cass. 21956/2009, da notare
che quest’ultima pronuncia è intervenuta nel giudizio
di impugnazione promosso avverso avviso di
accertamento, relativo ad altra annualità, da altro
socio della spa Catone, la Taddeo, ed, in accoglimento
del ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia delle
Entrate, è stata cassata la sentenza della CTR della
Campania, favorevole alla contribuente).
La Corte rigetta il ricorso.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta
sezione civile, il 30/10/2012.

• dalla società, ma può liberamente deciderlo, avendo

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