Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17965 del 27/08/2020

Cassazione civile sez. II, 27/08/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 27/08/2020), n.17965

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7114-2015 proposto da:

C.R., C.D., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 44, presso lo studio dell’avvocato

GIOVANNI AGOSTINI, che li rappresenta e difende unitamente agli

avvocati C.D., C.R.;

– ricorrenti –

contro

CI.SI., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GREGORIO XI

107, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO CLEMENTI, che lo

rappresenta e difende;

PAZZI DI PIZZA DI F.E. E C. S.N.C., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 111, presso lo studio

dell’avvocato SABINO BRIZZI, che la rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

CONDOMINIO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 822/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

C.D. e C.R. hanno proposto ricorso articolato in sei motivi avverso la sentenza n. 822/2015 della Corte d’appello di Roma, depositata il 4 febbraio 2015. Resistono con distinti controricorsi Ci.Si. e la società Pazzi di Pizza s.n.c. di F.E. e c.

Non ha svolto attività difensive il Condominio di (OMISSIS), cui il ricorso è stato notificato in data 8 novembre 2019, in adempimento dell’ordine di integrazione del contraddittorio disposto con ordinanza del 22 ottobre 2019. Con citazione del 23 maggio 2002 il Condominio di (OMISSIS), convenne il condomino Ci.Si. nonchè Co.Gi. e F.C., conduttori dell’unità immobiliare di proprietà Ci., adibita a pizzeria, per sentir dichiarare inefficace la delibera assembleare del 7 giugno 2000, che aveva autorizzato la collocazione di una canna fumaria sul muro comune del cortile. Intervennero nella causa C.D. e C.R., usufruttuario e nudo proprietario dell’immobile sovrastante il locale pizzeria, per chiedere la rimozione della canna fumaria. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 1 aprile 2008, dichiarò inammissibile la domanda del Condominio per difetto di procura alle liti e condannò i convenuti a rimuovere la canna fumaria. Propose appello principale la Pazzi di Pizza s.n.c. di F.E. e c., cessionaria di Co.Gi. a F.C., mentre formularono appelli incidentali il Condominio (OMISSIS), Ci.Si., Co.Gi. e F.C., C.D. e C.R..

La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 4 febbraio 2015: accolse l’impugnazione incidentale del Condominio, quanto alla validità della procura alle liti ed alla legittimazione processuale; accolse l’appello principale della Pazzi di Pizza s.n.c. e quello incidentale di Ci.Si., asserendo che non era stato dedotto alcun divieto regolamentare, negando che la canna fumaria installata violasse le distanze legali rispetto alle finestre delle scale, ravvisando nell’appoggio dell’impianto un uso legittimo del muro perimetrale, ex art. 1102 c.c., ed escludendo altresì la lesione del decoro architettonico del fabbricato; rigettò l’appello di C.D. e C.R., non essendo stati riscontrati i cattivi odori provenienti dalla canna fumaria, nè un malfunzionamento dell’impianto, e respingendo le doglianze sul contatore del gas e sulla prospettazione di una servitù.

La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e art. 380 bis.1 c.p.c..

I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c. sia in occasione della prima adunanza camerale, fissata per il 22 ottobre 2019, sia in data 28 febbraio 2020.

IX primo motivo del ricorso di C.D. e C.R. denuncia la violazione degli artt. 1137 e 1138 c.c., dell’art. 112c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, nonchè l’omesso esame di fatto decisivo, evidenziando come a pagina 4 della comparsa di intervento del 10 gennaio 2003 essi avessero richiamato l’art. 7 del prodotto regolamento di condominio, contenente un espresso divieto di installazione di tubi sui muri condominiali. Tale eccezione inerente al divieto regolamentare era poi stata riproposta nella comparsa di costituzione in appello.

Il secondo motivo del ricorso di C.D. e C.R. denuncia la “omessa pronuncia sulla L. 6 dicembre 1971, n. 1083 e successivo decreto di attuazione… violazione di detta normativa… omesso esame circa un fatto decisivo…”.

Il terzo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1102,1108,1120 e 907 c.c., nonchè omesso esame circa un fatto decisivo. Si lamenta la mancata considerazione delle concrete circostanze accertate dal CTU e l’applicazione fatta delle norme in tema di uso comune.

Il quarto motivo di ricorso deduce la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001 e della L.R. Lazio n. 15 del 2008 ed ancora l’omesso esame circa un fatto decisivo.

Il quinto motivo di ricorso denuncia la nullità del procedimento per violazione degli artt. 61 e 62,112 e 115 c.p.c., e poi ancora l’omesso esame circa un fatto decisivo, quanto all’adesione prestata alle conclusioni del CTU.

Il sesto motivo di ricorso deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 91,92 e 112 c.p.c., e del D.M. n. 55 del 2014, quanto alla liquidazione delle spese processuali.

Il ricorso, proposto da C.D. e C.R., interventori volontari nel giudizio promosso dal Condominio di (OMISSIS), nei confronti di Ci.Si., Co.Gi. e F.C. (poi Pazzi di Pizza s.n.c. di F.E. e c.), non era stato notificato originariamente al Condominio di (OMISSIS). Tuttavia, nei giudizi, quale quello in esame, promossi dall’amministratore a tutela delle parti comuni, l’intervento del singolo condomino dà luogo ad un unico giudizio con pluralità di parti, determinando tra queste ultime un litisconsorzio processuale necessario, rilevante in sede di impugnazione ai sensi dell’art. 331 c.p.c. (cfr. Cass. Sez. 2, 28/03/2019, n. 8695). Con ordinanza del 22 ottobre 2019, la Corte dispose perciò l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nei confronti del Condominio di (OMISSIS), cui i ricorrenti hanno provveduto in data 7/8 novembre 2019.

Investendo la causa i diritti dei singoli condomini sulle parti comuni, non può dubitarsi della legittimazione di C.D. e C.R., interventori volontari nel giudizio promosso dal Condominio (OMISSIS), a proporre autonomamente impugnazione al fine di evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza di secondo grado (cfr. Cass. Sez. U, 18/04/2019, n. 10934).

Il primo motivo di ricorso risulta fondato, e l’accoglimento di tale censura determina l’assorbimento dei restanti motivi, i quali involgono ragioni che perdono di immediata rilevanza decisoria in ragione della fondatezza del primo, e che potranno essere riesaminati eventualmente in sede di rinvio.

Ha ragione la Corte d’appello di Roma a richiamare il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui l’appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale individua una modifica della cosa comune conforme alla destinazione della stessa, che ciascun condomino – pertanto – può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l’altrui paritario uso, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell’edificio, e non ne alteri il decoro architettonico; fenomeno – quest’ultimo – che si verifica non già quando si mutano le originali linee architettoniche, ma quando la nuova opera si rifletta negativamente sull’insieme dell’armonico aspetto dello stabile, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio. La relativa valutazione spetta al giudice di merito (e risulta compiuta alla pagina 4 della sentenza impugnata, avendo riguardo a dimensioni, consistenza e tipologia del manufatto), rimanendo insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. Sez. 2, 31/07/2013, n. 18350; Cass. Sez. 2, 11/05/2011, n. 10350; Cass. Sez. 2, 10/05/2004, n. 8852; Cass. Sez. 2, 16/05/2000, n. 6341).

Sennonchè, la Corte d’appello ha affermato in premessa che, quanto alla legittimità della installazione della canna fumaria nel cortile, non era stato dedotto che vi fosse un “divieto regolamentare”. Il primo motivo del ricorso di C.D. e C.R. espone, al contrario, come a pagina 4 della comparsa di intervento del 10 gennaio 2003 essi avevano richiamato l’art. 7 del prodotto regolamento di condominio, contenente un espresso “divieto di installazione sui muri condominiali di tubi di qualsiasi genere”. La stessa eccezione inerente al divieto regolamentare era poi stata riproposta da C.D. e C.R. nella comparsa di costituzione in appello.

L’omesso esame di tale divieto regolamentare risulta decisivo, in quanto lo stesso, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia.

E’ infatti altrettanto consolidato l’orientamento di questa Corte – proprio con riguardo a disposizioni che stabiliscano il divieto assoluto di apportare qualsiasi modifica alle parti esterne dell’edificio, o, come allegato nel caso in esame, di installare tubi sui muri perimetrali – che riconosce all’autonomia privata la facoltà di stipulare convenzioni che pongano limitazioni nell’interesse comune ai diritti dei condomini, anche relativamente al contenuto del diritto dominicale sulle parti comuni o di loro esclusiva proprietà. Inoltre, il regolamento può validamente dare del limite del decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella accolta dall’art. 1120 c.c. e supposta dal medesimo art. 1102 c.c., arrivando al punto di imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all’estetica ed all’aspetto generale dell’edificio (cfr. indicativamente Cass. Sez. 2, 21/05/1997, n. 4509; Cass. Sez. 2, 02/05/1975, n. 1680; Cass. Sez. 2, 29/04/2005, n. 8883; Cass. Sez. 2, 24/01/2013, n. 1748; Cass. Sez. 2, 19/12/2017, n. 30528; Cass. Sez. 6 – 2, 18/11/2019, n. 29924; Cass. Sez. 2, 05/11/2019, n. 28465).

Il regolamento di condominio può, del resto, validamente derogare alle disposizioni dell’art. 1102 c.c. (Cass. Sez. 2, 09/11/1998, n. 11268).

L’elaborazione della giurisprudenza spiega come le modificazioni apportate da uno dei condomini, in violazione del divieto previsto dal regolamento di condominio, connotano tali opere come abusive e pregiudizievoli al decoro architettonico dell’edificio e configurano l’interesse processuale del singolo condomino che agisca in giudizio a tutela della cosa comune (cfr. Cass. Sez. 2, 09/06/1988, n. 3927; Cass. Sez. 2, 15/01/1986, n. 175).

Va pertanto accolto il primo motivo di ricorso, rimanendo assorbiti i restanti motivi, e va cassata la sentenza impugnata, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, la quale procederà a nuovo esame tenendo conto dei rilievi svolti e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2020

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