Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17958 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 04/07/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 04/07/2019), n.17958

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 14749/2014 R.G. proposto da:

R.V., rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Bertolino, che

indica per ogni comunicazione la p.e.c.

luigi.bertolino.postacertificata.gov.it ovvero

luigi.bertolino.milano.pecavvocati.it;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p. t., rappresentata

e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso cui è

domiciliata, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 239/66/2013 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, depositata

in data 16/12/2013 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 16/5/2019 dal

Consigliere Dott. Giudicepietro Andreina;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Pedicini Ettore, che ha concluso chiedendo l’accoglimento

del ricorso;

udito l’Avvocato dello Stato Paolo Gentili per l’Agenzia delle

Entrate.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. R.V. ricorre con due articolati motivi avverso l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 239/66/2013 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia (di seguito C.T.R.), depositata in data 16/12/2013 e non notificata, che ha rigettato l’appello del contribuente, in controversia relativa all’impugnativa del silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso dell’Irap per gli anni 2004, 2005, 2006 e 2007.

2. Con la sentenza impugnata, la C. T. R., per quanto di interesse in questa sede, riteneva che sussistessero in concreto le condizioni per l’assoggettamento all’Irap del contribuente (medico convenzionato con il S.S.N.), desumibili dai redditi “oggettivamente apprezzabili del contribuente, “compatibili con elementi tipici di organizzazione”.

3. A seguito del ricorso, l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

4. Il ricorso è stato chiamato all’udienza pubblica del 16 maggio 2019 a seguito di avviso inviato telematicamente via PEC, consegnato il 4/4/2019.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, il ricorrente denunzia l’erroneità ed infondatezza della motivazione della sentenza impugnata, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5

Con il secondo motivo, il ricorrente denunzia la carenza ed insufficienza della motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e l’omesso esame su punti decisivi della controversia, consistenti nelle condizioni oggettive di svolgimento dell’attività di medico convenzionato (con un’organizzazione corrispondente al minimo necessario per l’esercizio dell’attività convenzionata), nonchè nella natura parasubordinata dell’attività con la previsione di un massimale.

1.2. I motivi, da esaminare congiuntamente perchè connessi, sono fondati e vanno accolti.

1.3. E’ opportuno premettere che, per quanto riguarda il dedotto vizio motivazionale, nella fattispecie trova applicazione ratione temporis (ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3) il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5., in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata in data successiva all’11 settembre 2012, sicchè il vizio della motivazione è deducibile soltanto in termini di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. S.U. 22.9.2014 n. 19881; Cass. S.U. 7.4.2014 n. 8053) la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione; è pertanto denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

Deve, quindi, ritenersi inammissibile ogni doglianza relativa alla semplice insufficienza della motivazione.

Ciò premesso, la decisione del giudice regionale non fa corretta applicazione di principi regolativi, ora definitivamente certificati (Cass. S.U. n. 9451/2016), secondo i quali, in tema di imposta regionale sulle attività produttive, il presupposto dell’autonoma organizzazione, richiesto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, non ricorre quando il contribuente, responsabile dell’organizzazione, impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive (ex multis, Ordinanza n. 30397/2017della Cassazione Civile, Sez. VI – 5; Ordinanza n. 30392/2017 della Cassazione Civile, Sez. VI – 5; Ordinanza n. 28640 del 29 novembre 2017 della Cassazione Civile, Sez. VI – 5 -; Ordinanza n. 28635/2017della Cassazione Civile, Sez. VI – 5).

Come è stato detto, “la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale convenzionati con il SSN, di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell’art. 22 dell’Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. n. 270 del 2000, rientrando nell’ambito del minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività professionale, ed essendo obbligatoria ai fini dell’instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di personale dipendente, il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto sussistere il presupposto impositivo sulla base del mero esercizio abituale di un’attività organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, senza alcun approfondimento sulle caratteristiche dei beni strumentali, sull’effettiva incidenza di collaboratori e delle loro mansioni, sull’entità dei compensi a terzi, ed in merito a se le attività ulteriori rispetto al regime di convenzione implicassero la sussistenza di un’effettiva autonoma organizzazione ovvero fossero mere prestazioni intellettuali del professionista, legate alla sua capacità professionale, senza l’utilizzo di particolari strutture, strumentazioni o supporti)” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 22027 del 21/09/2017).

E’ stato anche chiarito che “in tema d’IRAP, l’entità dei compensi percepiti dal contribuente e, cioè, l’ammontare del reddito conseguito, è irrilevante al fine della ricorrenza del presupposto dell’autonoma organizzazione richiesto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 22705 del 08/11/2016).

Nel caso di specie, dopo un lungo preambolo sull’applicabilità dell’Irap anche all’attività di medico convenzionato, purchè nel concreto ricorresse il requisito dell’autonoma organizzazione, la C.T.R. si è limitata a rilevare che sussistevano le condizioni per l’assoggettamento all’Irap del contribuente, desumibili dai redditi “oggettivamente apprezzabili”, “compatibili con elementi tipici di organizzazione”.

Appare evidente che i giudici di appello abbiano omesso ogni valutazione degli elementi relativi alle concrete modalità di svolgimento dell’attività, dedotte dal contribuente, ritenendo decisiva l’entità dei redditi prodotti dal medico convenzionato, che, invece, non è significativa, in assenza di ulteriori elementi da cui evincersi la sussistenza di un’autonoma organizzazione, che ecceda il minimo necessario per l’esercizio della professione, in ciò incorrendo sia in violazione di legge, sia in un vizio motivazionale.

La scarna motivazione sul punto si focalizza su di un elemento assolutamente inconferente e non decisivo, trascurando di esaminare gli ulteriori elementi dedotti dal contribuente, su cui grava l’onere di provare l’inesistenza dell’autonoma organizzazione ai fini del riconoscimento del diritto al rimborso di quanto versato.

Sicchè all’esito di una compiuta indagine di fatto – nella specie omessa dal giudice d’appello – ben potrebbe emergere l’impiego di beni strumentali globalmente non eccedenti, secondo l’id quod plerumgue accidit, il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività sanitaria, senza superare cioè quella soglia ridotta richiesta dalla normativa convenzionale (D.P.R. n. 270 del 2000) e poi indicata dalle Sezioni Unite per l’esonero dalla imposizione fiscale ai fini dell’IRAP.

Ogni altro profilo di ricorso, relativo all’inapplicabilità dell’Irap ai redditi derivanti dall’attività di medico convenzionato con il S.S.N. sono inammissibili, perchè, sebbene denunziati ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non vertono su circostanze di fatto, ma sulla motivazione in diritto, su temi per altro oggetto di approfondita disamina da parte del giudice di appello.

In conclusione, il ricorso va accolto nei sensi di cui alla motivazione e la sentenza impugnata va cassata, con conseguente rinvio alla C.T.R. della Lombardia, sezione staccata di Brescia, in diversa composizione, che provvederà anche sulla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Lombardia, sezione staccata di Brescia, in diversa composizione, che provvederà anche sulla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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