Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17957 del 31/08/2011

Cassazione civile sez. lav., 31/08/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 31/08/2011), n.17957

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 11455/2010 proposto da:

F.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE LIBIA 58, presso lo studio dell’avvocato FERRI Pietro,

che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati RICCIO Alessandro, MAURO RICCI, GIUSEPPINA GIANNICO, giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI ROMA, REGIONE LAZIO, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE

FINANZE (Direzione Provinciale dei Servizi Vari);

– intimati –

avverso la sentenza n. 3311/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

23.4.08, depositata il 21/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito per il controricorrente l’Avvocato Pulli Clementina (per delega

avv. Alessandro Riccio) che si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARLO DESTRO

che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La causa è stata chiamata alla odierna adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:

“Con ricorso notificato in data 19-21 aprile 2010, F.M. chiede, con due motivi, contenenti censure di vizio di motivazione e di violazione dell’art. 112 c.p.c., la cassazione della sentenza depositata il 21 aprile 2009, con la quale la Corte d’appello di Roma ha respinto il suo appello diretto a retrodatare al primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda amministrativa del 21 maggio 2001 il suo diritto all’indennità di accompagnamento, riconosciutale dal giudice di primo grado solo dal 1 dicembre 2003.

Resiste alle domande, con rituale controricorso, l’INPS mentre gli altri intimati non hanno svolto difese in questa sede.

Il procedimento, in quanto promosso con ricorso avverso una sentenza depositata successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 e antecedentemente alla data di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, è regolato dall’art. 360 c.p.c., e segg., con le modifiche e integrazioni apportate dal D.Lgs. citato.

Il ricorso va trattato in camera di consiglio per le ragioni di seguito illustrate.

Il primo motivo è manifestamente infondato, in quanto con esso – più che svolgere specifiche censure alla motivazione della sentenza in ordine alla decorrenza dell’indennità, in ipotesi fondate su elementi di fatto decisivi che sarebbero stati trascurati dalla Corte territoriale e che condurrebbero ad una decisione opposta a quella assunta dai giudici o comunque su rilievi relativi alla “tenuta” di tale motivazione sul piano locico-giuridico – la ricorrente si limita sostanzialmente a sovrapporre alle argomentazioni della Corte, che attingono a valutazioni mediche del C.T.U. nominato in appello, proprie diverse valutazioni, chiedendo, in maniera inammissibile, a questa Corte di legittimità una nuova valutazione diagnostica, tipica di un giudizio di merito di terza istanza.

Il secondo motivo è invece manifestamente fondato, avendo la Corte territoriale omesso di pronunciarsi in ordine alle censure, svolte in appello dalla F., relative a:

1 – la decorrenza dell’indennità dalla data di ricorrenza delle condizioni per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento anzichè dal primo giorno del mese successivo, ogni qual volta, come nel caso di specie, tale decorrenza sia successiva a quella della domanda proposta in via amministrativa e quindi svolta in giudizio;

2 – la violazione dei minimi tariffari di cui al D.M. 5 ottobre 1994, n. 585 e al D.M. 8 aprile 2004, n. 127, nella liquidazione delle spese del giudizio di primo grado, complessivamente determinate dal giudice di prime cure in Euro 431,50, anzichè negli importi di gran lunga superiori indicati nella relativa notula, riprodotta nell’atto di appello e nel presente ricorso”.

E’ seguita la rituale notifica della suddetta relazione, unitamente all’avviso della data della presente udienza in camera di consiglio.

Il Collegio condivide il contenuto della relazione, con conseguente rigetto del primo motivo di ricorso e accoglimento del secondo nella prima parte. In proposito, la sentenza va pertanto cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere al riguardo decisa, col determinare la data di decorrenza dell’indennità di accompagnamento della ricorrente dal 10 novembre 2003 anzichè dal 1 dicembre successivo, in applicazione del principio di diritto ripetutamele affermato da questa Corte (cfr.

Cass. S.U. 5 luglio 2004 n. 12270 e successive: v., ad es., Cass., 22 ottobre 2009 n. 22412) secondo il quale “in materia di prestazioni assistenziali, i benefici spettanti agli invalidi civili, decorrenti – ove tutti i requisiti per la loro attribuzione siano già presenti all’atto della domanda amministrativa – dal primo giorno del mese successivo alla domanda stessa, decorrono invece, ove il requisito sanitario si concretizzi nel corso del procedimento giurisdizionale, dalla data di-insorgenza dello stato invalidante e non anche dal primo giorno del mese successivo a tale accertamento, atteso che, secondo il principio della perpetuatio actionis, rinvenibile nell’art. 24 Cost., la durata del processo non può pregiudicare i diritti della parte che ha ragione, principio che con riguardo al procedimento amministrativo non ha valore generale nè gode di analoga garanzia costituzionale”.

Resta assorbito l’esame della seconda parte del secondo motivo, dovendosi procedere ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 2, al regolamento delle spese dell’intero processo, come operato in dispositivo con la compensazione nella misura di un terzo di tutte le spese e l’accollo dei restati due terzi delle spese della ricorrente all’INPS. Nulla per le spese delle altre parti del giudizio.

PQM

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso e accoglie parzialmente il secondo; cassa corrispondentemente la sentenza impugnata, determinando la data di decorrenza dell’indennità di accompagnamento della F. al 10 novembre 2003; condanna l’INPS a rimborsare alla ricorrente i due terzi delle spese dell’intero processo, compensando l’ulteriore terzo; determinata tali spese nell’intero in Euro 1.070,00, di cui Euro 240,00 per diritti e 800 per onorari quanto al primo grado; Euro 1.270,00, di cui Euro 240,00 per diritti e Euro 1.000,00 per onorari relativamente al secondo grado e le spese di questo giudizio di cassazione in Euro 30,00 per esborsi ed Euro 1.200,00 per onorari, in tutti i casi oltre gli accessori di legge;

Nulla per le spese per le altre parti intimate.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2011

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