Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17957 del 27/08/2020

Cassazione civile sez. II, 27/08/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 27/08/2020), n.17957

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19337-2019 proposto da:

H.J., elettivamente domiciliato in Bolzano, via Carducci n.

13, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO FABBRINI che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE VERONA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1527/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 09/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/01/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza pubblicata il 9 aprile 2019, respingeva il ricorso proposto da H.J., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Venezia aveva rigettato l’opposizione avverso la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che, a sua volta, aveva rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. La Corte d’Appello, per quel che qui interessa, riteneva infondati i motivi di appello che avevano ad oggetto il fatto che nella sentenza di primo grado non fosse stata data alcuna importanza alla situazione politica, economica, sociale del paese di provenienza e che il Tribunale avesse escluso l’esistenza di una situazione personale del richiedente avente specifica rilevanza al fine di ottenere la protezione richiesta e che avesse negato anche la protezione umanitaria.

La Corte d’Appello evidenziava l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della qualifica di rifugiato politico secondo la convenzione di Ginevra del 1951, non potendoli ravvisare nella ragioni di carattere economico o di criminalità comune. Inoltre, l’interessato non aveva fornito elementi, neanche in via presuntiva, circa il concreto pericolo cui sarebbe andato incontro in caso di rimpatrio. Peraltro, in assenza di prove, il suo racconto avrebbe dovuto essere almeno credibile in ottemperanza al cosiddetto onere della prova attenuato. Nella specie la vicenda del richiedente e le ragioni del suo allontanamento dal paese di origine ostative al rimpatrio non erano inquadrabili in alcuna delle fattispecie di protezione internazionale indicate. L’appellante aveva dichiarato di aver abbandonato il paese perchè il sindaco che lui frequentava era stato assassinato da alcuni suoi avversari politici riconosciuti dallo stesso appellante e che i parenti dell’ucciso lo avevano indicato quale testimone e, dunque, si sarebbe sentito in pericolo. L’interessato aveva dichiarato, inoltre, di essere stato arrestato e detenuto in (OMISSIS) per essere stato incolpato erroneamente di un omicidio perchè aveva cercato di fermare un matrimonio tra minori e di aver fatto attività politica e di essere stato testimone di un omicidio e di essere poi stato minacciato dall’assassino.

Secondo la Corte le circostanze riferite non superavano il vaglio di credibilità, essendo confuse, inverosimili e prive di una plausibile connessione, alcune riferite in commissione, altre solo in Tribunale e senza riferimenti alla condizione generale del paese.

Inoltre, non risultava che nella zona nel sud del (OMISSIS) di provenienza del richiedente vi fosse una situazione di violenza generalizzata di conflitto armato e, dunque non, ravvisava i presupposti per la protezione neanche per quello umanitaria D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 32 mancando qualsiasi elemento anche a livello di allegazione idoneo a definire la presumibile durata di un’esposizione al rischio.

3. H.J. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi di ricorso.

4. Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 4.

La censura si incentra prevalentemente sulla mancanza di motivazione circa le ragioni per le quali si è era ritenuto che il ricorrente non aveva soddisfatto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda, nonostante la presenza di tutti i fatti costitutivi posti a fondamento della stessa e la documentazione a sostegno allegata anche in relazione alla situazione del paese di origine.

La motivazione della sentenza si fonderebbe, pertanto, su congetture e sulla mera opinione del giudice e il rigetto del primo motivo di appello sarebbe, dunque, assolutamente privo di motivazione.

1.1 Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Qualora le dichiarazioni del richiedente siano giudicate inattendibili secondo i parametri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), ed in applicazione dei canoni di ragionevolezza e dei criteri generali di ordine presuntivo, l’accertamento così compiuto dal giudice di merito integra un apprezzamento di fatto, a lui riservato, censurabile in sede di legittimità nei limiti di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. (v. ex multis Cass., 21/11/2018, n. 30105, Cass. 12-11-2019, n. 29279).

La critica formulata nel motivo costituisce una mera contrapposizione alla valutazione che La Corte d’Appello ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione, neppure censurata mediante allegazione di fatti decisivi emersi nel giudizio che sarebbero stati ignorati dal giudice di merito.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e 19 nonchè degli artt. 3 e 25 della convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

La censura ha ad oggetto il rigetto della protezione umanitaria ancora una volta per carenza di motivazione ed erronea applicazione della legge, essendosi limitato il Collegio ad affermare la mancanza di qualsiasi elemento idoneo a definire la presumibile durata di un’esposizione al rischio.

Il provvedimento impugnato mancherebbe, dunque, di ogni valutazione circa la vulnerabilità dell’individuo in base ai parametri indicati dall’art. 19 citato, al fine di verificare la condizione personale del richiedente rispetto a quella del paese di provenienza, anche tenuto conto del dovere che incombe sul giudice di cooperazione istruttoria ufficiosa in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al paese di origine, non essendo neanche necessaria una puntuale allegazione da parte del ricorrente.

2.1 Il secondo motivo di ricorso è fondato.

Si osserva, in relazione al secondo motivo – riqualificato anch’esso in ragione delle argomentazioni in precedenza sviluppate che manca del tutto, nella motivazione del provvedimento impugnato, la valutazione comparativa tra la odierna situazione del ricorrente e la possibile compressione del nucleo dei suoi diritti fondamentali, in caso di rimpatrio nel (OMISSIS).

Sul punto la sentenza, infatti, si limita a dire, con motivazione tautologica, che non si ravvisano i presupposti per la protezione umanitaria D.Lgs. n. 23 del 2008, ex art. 32, comma 3, mancando qualsiasi elemento anche a livello di allegazione idoneo a definire la presumibile durata dell’esposizione a rischio.

In materia di protezione umanitaria, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in favore del cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza.

Nella specie tale giudizio comparativo manca del tutto e la pronuncia impugnata deve essere cassata.

3. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso rigetta il primo, cassa e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia che deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso rigetta il primo, cassa e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia che deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2020

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