Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17957 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 04/07/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 04/07/2019), n.17957

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 13957/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p. t., rappresentata

e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso cui è

domiciliata, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

B.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 275/07/13 della Commissione Tributaria

Regionale della Campania, emessa il 13/5/2013, depositata in data

20/5/2013 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 16/5/2019 dal

Consigliere Dott. Giudicepietro Andreina;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. Pedicini Ettore, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato dello Stato Paolo Gentili per l’Agenzia delle

Entrate.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Entrate ricorre con un unico motivo avverso B.A. per la cassazione della sentenza n. 275/07/13 della Commissione Tributaria Regionale della Campania (di seguito C.T.R.), emessa il 13/5/2013, depositata in data 20/5/2013 e non notificata, che ha parzialmente accolto l’appello dell’Ufficio, in controversia relativa all’impugnativa del silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso della trattenuta Irpef 2003, operata sul capitale erogato una tantum dal Fondo di Previdenza Complementare per il personale del Banco di Napoli, come corrispettivo di rinuncia alla pensione integrativa che sarebbe gravata su tale Fondo in aggiunta alla pensione Inps.

2. Con la sentenza impugnata, la C. T. R. della Campania, per quanto di interesse in questa sede, riteneva che “a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dall’1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17″.

3. A seguito del ricorso, inoltrato per la notifica il 23 maggio 2014 e regolarmente ricevuto dal destinatario a mani proprie il 27 maggio 2014, B.A. è rimasto intimato.

4. Il ricorso è stato chiamato all’udienza pubblica del 16 maggio 2019 a seguito di avviso inviato telematicamente via PEC, consegnato il 4/4/2019.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con l’unico motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 17 e 19, nonchè del D.P.R. n. 1034 del 1984, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.2. Il motivo è inammissibile.

1.3. Ed invero, l’Agenzia delle Entrate nel proprio ricorso fa riferimento ad una fattispecie del tutto differente da quella scrutinata dai giudici di appello.

In particolare, la ricorrente deduce che i giudici di seconde cure, pronunciando in controversia avente ad oggetto l’impugnativa del diniego di rimborso della trattenuta ai fini Irpef sulla liquidazione dell’indennità di previdenza istituita per il personale del Ministero delle Finanze con il D.P.R. n. 211 del 1981, avrebbero erroneamente ritenuto l’esistenza di un’esenzione fiscale, istituita con il citato D.P.R., estendendo analogicamente quanto previsto per le indennità “equipollenti” di cui al T.u.i.r., art. 17, comma 1.

Secondo la ricorrente, la sentenza impugnata baserebbe il proprio decisum sulla considerazione che il Fondo di Previdenza sia costituito dai contributi dei dipendenti e che l’indennità si configuri come la naturale restituzione degli importi spettanti agli iscritti.

In realtà, tali questioni non sono minimamente affrontate nella sentenza impugnata, che è invece relativa ad altra fattispecie, concernente l’impugnativa del silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso della trattenuta Irpef 2003, operata sul capitale erogato una tantum dal Fondo di Previdenza Complementare per il personale del Banco di Napoli, come corrispettivo di rinuncia alla pensione integrativa che sarebbe gravata su tale Fondo in aggiunta alla pensione Inps.

Nè la ricorrente in qualche modo contesta l’individuazione della fattispecie concreta da parte del giudice di appello, per cui non è possibile rinvenire nel ricorso una critica alle ragioni della sentenza impugnata, relativa a diversa fattispecie, disciplinata da una differente normativa ed improntata a principi suoi propri.

Deve perciò ritenersi che il ricorso sia inammissibile.

Nulla deve disporsi in ordine alle spese, poichè B.A. è rimasto intimato. Nulla è dovuto per “doppio contributo” riguardo a P.A..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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