Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17955 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 04/07/2019, (ud. 27/02/2019, dep. 04/07/2019), n.17955

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. BILLI Stefania – rel. Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3093-2015 proposto da:

B.L., elettivamente domiciliata in ROMA VIA PIERLUIGI DA

PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato MARIO CONTALDI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RICCARDO RAVIGNANI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI TOSCOLANO MADERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4205/2014 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

BRESCIA, depositata il 31/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/02/2019 dal Consigliere Dott. BILLI STEFANIA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

– la controversia ha ad oggetto avvisi di accertamento dal 2005 al 2008 con cui il comune ha contestato l’omesso versamento dell’ICI, con riguardo ad un immobile, classificato in catasto nella categoria A 2; la contribuente riteneva, invece, che l’immobile fosse da qualificarsi come rurale, ai sensi del D.L. n. 557 del 1993, art. 23, comma 1, bis, norma, a suo avviso, di interpretazione autentica del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2;

– C.T.R. per la Lombardia con sentenza depositata il 31 luglio 2014, confermando la Commissione tributaria provinciale, ha respinto il ricorso della contribuente sul presupposto che, al fine di beneficiare dell’esenzione dall’ICI, sia onere del contribuente impugnare il classamento del fabbricato ed ottenere che venga classificato come rurale;

– avverso la sentenza ricorre per cassazione la contribuente,

mentre il comune resta intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. La contribuente propone tre motivi di ricorso. Con il primo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 106 del 2011; in particolare, si duole che i giudici di merito abbiano ritenuto l’irrilevanza, ai fini dell’ottenimento dell’esenzione dal pagamento dell’ICI, della presentazione da parte della contribuente della richiesta di variazione catastale presentata dall’Agenza del Territorio.

2. Con il secondo motivo la contribuente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 14 bis, convertito in L. n. 214 del 2011; in particolare, si duole che sia stato del tutto disatteso il precetto della norma sopra richiamata, sulla cui interpretazione è poi intervenuto il D.L. n. 102 del 2013, art. 2, comma 5 ter, convertito in L. n. 124 del 2013.

3. Con il terzo motivo la contribuente censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio; in particolare, si lamenta che la CTR abbia ignorato la circostanza che la contribuente, a seguito della domanda di variazione catastale, presentata congiuntamente all’autocertificazione, l’immobile è classificato come A 6 a decorrere dal settembre 2011.

3.1. I motivi stante la loro stretta connessione possono essere trattati congiuntamente e sono infondati.

3.2. Occorre premettere che come chiarito dalla S.C.: “In tema di ICI, l’immobile che sia stato iscritto nel catasto dei fabbricati come “rurale”, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, conv. in L. n. 133 del 1994, non è soggetto all’imposta, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a), come interpretato dal D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1-bis, aggiunto dalla conversione in L. n. 14 del 2009. Qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, sarà onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento, restando, altrimenti, il fabbricato medesimo assoggettato ad ICI. Allo stesso modo, il Comune dovrà impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta.” (Cass. s.u. n. 18565 del 2009). Tale orientamento è stato più volte confermato e non vi sono motivi per il collegio per discostarsene (tra le varie, Cass. nn. 7102/10; 8845/10; 20001/11; 19872/12; 5167/14).

La pronuncia delle Sezioni Unite sopra richiamata ha affrontato anche i profili relativi allo jus superveniens, in particolare, quelli riconducibili all’emanazione del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis conv. in L. n. 133 del 1994, come introdotto dal D.L. n. 159 del 2207, art. 42 bis conv. in L. n. 222 del 2007; nonchè del D.L. n. 207 del 2008, art. 23,comma 1 bis conv. in L. n. 14 del 2009. La pronuncia ha concluso che neanche in base a questa normativa, salva l’ipotesi di mancato accatastamento, è dato al giudice tributario di accertare in concreto, incidentalmente, il carattere rurale del fabbricato di cui si sostenga l’esenzione da Ici.

Vanno, dunque, del tutto condivisi detti rilievi, di recente ripresi da Cass. n. 5769 del 2018, secondo cui: “La soluzione così affermata non trova smentita nell’ulteriore jus superveniens costituito: – dal D.L. n. 70 del 13 maggio 2011, convertito dalla L. n. 106 del 12 luglio 2011 che, all’art. 7, comma 2 bis, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avessero la facoltà (esercitabile entro il termine del 30 settembre 2011, poi prorogato) di presentare all’allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante la presenza nell’immobile dei requisiti di ruralità di cui al D.L. n. 557 del 1993, art. 9,convertito in L. n. 133 del 1994, e modificato dall’art. 42 bis del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni in L. 29 novembre 2007, n. 222, “in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”; – dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, in L. 22 dicembre 2011, n. 214 che ha quindi previsto, all’art. 13, comma 14 bis, che le domande di variazione di cui al predetto D.L. n. 70 del 2011, producessero “gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo”; – dal decreto del ministero dell’economia delle ha altresì precisato che finanze del 26 luglio 2012, che ha stabilito, all’art. 1, che ” Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9,convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133. Art. 2 Presentazione delle domande per il riconoscimento del requisito di rurali “; – dal D.L. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, in L. 28 ottobre 2013, n. 124, art. 2, comma 5 ter, che ha stabilito che “ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, al D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 3, comma 14 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda. Si tratta infatti di disposizioni che rafforzano l’orientamento esegetico già adottato dalle SSUU nel 2009, in quanto disciplinano le modalità (di variazione annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione Ici; sulla base di una procedura ad hoc che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme”.

3.3. Nel caso di specie la sentenza impugnata ha fatto buon governo dei principi sopra riportati laddove ha respinto la domanda per la mancata impugnazione da parte della contribuente della classificazione catastale.

Nè vale a confutare la conclusione cui sono pervenuti i giudici di merito la circostanza relativa alla presentazione della domanda di variazione catastale presentata dalla contribuente. In proposito, dalla sentenza risulta solo la presentazione dell’istanza, ma non anche l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali. Tale ultima circostanza, intervenuta nel settembre 2011 e, dunque, successivamente alla sentenza della CTP, non risulta essere stata allegata nel giudizio di secondo grado, nè vi è prova di essa nel presente giudizio. Sotto tale profilo il ricorso, dunque, difetta di specificità presentando omissioni che precludono a monte il vaglio del giudice di legittimità.

In ogni caso, la parte contribuente neanche in questo giudizio ha fornito la prova di tale dedotta variazione catastale.

4. Ne consegue il rigetto del ricorso. Nulla sulle spese, stante la mancata costituzione del comune.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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