Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17950 del 27/08/2020

Cassazione civile sez. I, 27/08/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 27/08/2020), n.17950

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24457/2015 proposto da:

V.G., B.C., Bi.Ma., V.F., V.V.,

elettivamente domiciliati in Roma, Corso Trieste n. 87, presso lo

studio dell’avvocato Antonucci Arturo, che li rappresenta e difende

unitamente agli avvocati Albini Federico, Vassalle Roberto, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Banca Popolare di Vicenza S.c.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

della Giuliana n. 44, presso lo studio dell’avvocato Nuzzaci

Vittorio, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati De

Biase Lucia, De Biase Mario, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 681/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 14/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera i consiglio del

23/07/2020 dal cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Firenze con sentenza del 14 aprile 2015 ha respinto l’impugnazione proposta da B.C. ed altri contro la Banca Popolare di Vicenza soc. coop. p.a., avverso la decisione del Tribunale, la quale aveva disatteso tutte le domande attoree relative ad investimenti finanziari compiuti.

Avverso la sentenza propone ricorso la parte soccombente, affidato a cinque motivi, illustrati da memoria.

Resiste la banca con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi censurano la sentenza impugnata per:

1) falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 163 e 164 c.p.c., in quanto l’atto di citazione conteneva riferimento a vari titoli (obbligazioni (OMISSIS) ed (OMISSIS), azioni Enel, Telecom, Olivetti, Seat P.G., derivati), oggetto degli investimenti degli attori, i quali avevano nell’atto introduttivo chiesto di “dichiararsi nulli, ovvero annullarsi, ovvero ancora risolti per fatto e colpa della stessa convenuta, i contratti di investimento in valori mobiliari di cui alle premesse della citazione ed ai documenti alla stessa allegati, condannandosi la medesima Cariprato s.p.a., in persone del suo legale rappresentante, anche a titolo di risarcimento del danno, alla restituzione di ogni somma investita attraverso i predetti contratti dagli attori”, riservandosi solo di provare il quantum del dovuto; peraltro, tale lacuna probatoria è stata colmata in forza della produzione della banca, che aveva depositato uno “schema informale riepilogativo acquisti/vendite”, che parte attrice aveva riportato nella propria comparsa conclusionale; ciò nonostante, dapprima il Tribunale ha ritento la domanda sufficientemente determinata solo con riguardo alle obbligazioni (OMISSIS), e, poi, la corte territoriale ha confermato la genericità della domanda introduttiva con riguardo agli altri investimenti, rilevando come la banca avesse ritirato il predetto “schema informale”;

2) violazione dell’art. 2697 c.c., D.Lgs. n. 58 del 1998, 23, commi 1 e 6, in quanto gli attori avevano dedotto la nullità dei rapporti per mancanza dei contratti-quadro, che la banca in parte non aveva neppure prodotto in giudizio ed in parte aveva visto disconosciuti nelle sottoscrizioni: dunque, la corte del merito ha errato nell’addossare l’onere probatorio dei medesimi in capo agli attori, dei quali ha ritenuto di non accogliere le domande;

3) omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., con riguardo alla deduzione, operata dagli attori, della mancanza di ordini di borsa redatti per iscritto;

4) omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., nonchè omessa motivazione ex art. 132 c.p.c., con riguardo alle domande di risoluzione e di risarcimento del danno, relative a tutte le operazioni di investimento da essi realizzate, diversi da quelli aventi ad oggetto le obbligazioni (OMISSIS), mentre la corte d’appello avrebbe potuto accoglierle, fondandosi sullo “schema informale” depositato dalla controparte, che rendeva irrilevante la previa specifica allegazione attorea;

5) omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., con riguardo alle domande di risoluzione e di risarcimento del danno, relative alle operazioni aventi ad oggetto le obbligazioni (OMISSIS), posto che, al riguardo, il Tribunale aveva ritenuto inadempiente la banca ai propri obblighi informativi, senza accogliere la domanda di risarcimento del danno non ritenendo sussistere il nesso causale, mentre la Corte d’appello non si è pronunciata sulla domanda di risoluzione del contratto-quadro per tale operazione e sulla restituzione della somma investita o sulla domanda risarcitoria.

2. – La corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che:

a) l’atto di citazione era del tutto indeterminato in ordine all’oggetto della domanda, come ritenuto dallo stesso giudice di primo grado, non essendo soddisfatto il requisito della determinatezza dell’atto stesso, nè avendo gli attori colmato la lacuna nel termine assegnato dal giudice; comunque, il Tribunale ha condivisibilmente ritenuto di potere individuare una sola domanda determinata, relativa agli investimenti in titoli (OMISSIS);

b) la tesi di ritenere superata l’indeterminatezza della domanda, per ogni altro aspetto, mediante la produzione, ad opera della banca, con la memoria istruttoria di uno “schema informale riepilogativo acquisti/vendite”, non ha pregio, posto che la banca non ha ridepositato il suo fascicolo in appello, nè gli appellanti hanno assolto all’onere ex art. 76 disp. att. c.p.c. di ottenere dalla cancelleria copia dell’altrui fascicolo, dovendo subire le conseguenze di tale mancato deposito;

c) i documenti prodotti dalle appellanti sono inorganici ed inidonei a fondare la domanda;

d) non è applicabile il principio di diritto, secondo cui il giudice può rilevare d’ufficio ogni causa di nullità, in quanto manca l’allegazione degli stessi atti negoziali da esaminare.

3. – Ciò posto, il primo motivo è manifestamente infondato.

Come risulta dalla stessa prospettazione contenuta in ricorso, laddove riporta le domande originariamente proposte, il vizio di indeterminatezza rilevato dai giudici di merito sussisteva pienamente.

Nè, si noti, tale indeterminatezza avrebbe potuto semplicemente essere superata in virtù di un prospetto informale – come tale, pur qualificabile alla stregua di allegazioni difensive – depositato con la memoria istruttoria ex art. 184 c.p.c. dalla banca in primo grado: ed invero, l’indeterminatezza dell’atto di citazione è vizio che può essere colmato solo con la procedura di cui all’art. 164 c.p.c., mediante la congrua integrazione di essa; in mancanza, l’atto rimane nullo, senza che le ammissioni difensive della controparte (nella specie, oltretutto, neppure contenute in comparsa di risposta, ma in una successiva memoria istruttoria) possano costituire un equipollente.

E’ vero, infatti, che vige il principio di non contestazione, come tale idoneo ad esonerare dalla prova di certi fatti (art. 115 c.p.c., comma 2): ma questo riguarda, appunto, la mancata specifica confutazione delle avverse specifiche allegazioni in fatto.

Dunque, è solo logicamente successiva l’osservazione, pur svolta dalla corte d’appello, secondo cui comunque lo schema informale avverso, pretesamente integrativo dell’atto citazione, non è in atti per essere stato ritirato dalla banca.

4. – Il secondo, il terzo ed il quarto motivo sono inammissibili, in quanto non colgono e non si confrontano con la ratio decidendi radicale della sentenza impugnata, la quale ha considerato come mai validamente introdotte le domande de quibus.

5. – Il quinto motivo è da un lato inammissibile, laddove del pari non si confronta con la sentenza impugnata, la quale ha ritenuto insufficienti le prove in atti per valutare positivamente la pretesa stessa, argomentando ampiamente al riguardo, ed ancora stigmatizzando la inconcludenza, inidoneità e confusione della produzione documentale in atti; dall’altro lato infondato, in quanto, per quanto ora esposto, non sussiste il lamentato vizio di omessa pronuncia.

6. – Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie al 15% sui compensi ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2020

 

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