Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1795 del 28/01/2010

Cassazione civile sez. III, 28/01/2010, (ud. 16/12/2009, dep. 28/01/2010), n.1795

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MESSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 1010/2008 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

SAMENGO Vanda, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.G., M.V. (coniugi), elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato RETUCCI Luigi, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 358/2007 della CORTE D’APPELLO DI LECCE –

SEZIONE DISTACCATA di TARANTO del 9.11.07, del 9/11/07, depositata il

12/12/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/12/2 009 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

è presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO

SCARDACCIONE.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

p.1. M.C. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 12 dicembre 2007, con la quale la Corte d’Appello di Lecce, Sezione Distaccata di Taranto, ha “rigettato” l’appello da lui proposto avverso l’ordinanza di rilascio emessa ai sensi dell’art. 665 c.p.c., dal Tribunale di Taranto nei suoi confronti nell’ambito di un procedimento di sfratto per finita locazione contro di lui introdotto dai coniugi C.G. e M.V..

Al ricorso hanno resistito con controricorso i coniugi intimati.

p.2. Essendo il ricorso soggetto alla disciplina delle modifiche al processo di cassazione, disposte dal D.Lgs. n. 40 del 2006 (che si applicano ai ricorsi proposti contro le sentenze ed i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 compreso, cioè dalla data di entrata in vigore del D.Lgs.: art. 27, comma 2 di tale D.Lgs.) ed essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che è stata notificata alle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

p.1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., si è osservato quanto segue (che si riproduce letteralmente, con la soppressione della parte finale dopo il punto nel terzultimo rigo della prima pagina e delle ultime due righe di essa, nonchè delle prime due della seconda pagina, che vi furono inserite per un refuso materiale e che non sono pertinenti):

“(…) 3. – Il ricorso appare inammissibile perchè il ricorrente non ha impugnato l’unica ratio deciderteli alla quale, nell’economia della sentenza impugnata deve riconoscersi idoneità a far sorgere l’interesse ad impugnarla. Essa è rappresentata dall’espressa affermazione, come prima ragione fondante il rigetto dell’appello, della circostanza che l’ordinanza di rilascio impugnata con l’appello doveva ritenersi inimpugnabile con quel mezzo.

Tale ragione di decisione in rito avrebbe dovuto indurre il Tribunale a soprassedere alle ulteriore considerazioni dirette ad evidenziare l’infondatezza nel merito dell’appello ed ad dichiararlo inammissibile (piuttosto che rigettarlo, come formalmente ha fatto).

Invero, le Sezioni Unite della Corte hanno statuito che Qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnare;

conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abutidantiam nella sentenza gravata (Cass. sez. un. n. 3840 del 2007).

Non essendo stata impugnata l’unica ratio decidendi impugnabile sotto il profilo dell’interesse, la sentenza impugnata è passata in cosa giudicata ed il ricorso per cassazione appare per tale ragioni inammissibile.

4. – Lo sarebbe anche se entrambe le rationes decidendi (in ipotesi denegata) fossero state impugnabili (come suppongono i resistenti), perchè ognuna di esse sarebbe stata di per sè idonea a giustificare la decisione ed avrebbe dovuto impugnarsi”.

p.2. Il Collegio condivide le argomentazioni e conclusioni della relazione, alle quali non sono stati mossi rilievi e nulla è necessario, pertanto, aggiungere.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione ai resistenti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro milleottocento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010

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