Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17945 del 27/08/2020

Cassazione civile sez. I, 27/08/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 27/08/2020), n.17945

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21435/201 proposto da:

T.T., e F.G., elettivamente domiciliati in

Roma, Viale Regina Margherita n. 290, presso lo studio dell’avvocato

Carlo Ponzano, che li rappresenta e difende unitamente e

disgiuntamente all’avvocato Gianfranco Ceci, giusta procura speciale

in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

BANCA MEDIOLANUM SPA, in persona del legale rappresentante p.t.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 166/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 9/2/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/07/2020 dal cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Brescia, con sentenza n. 166/2015, depositata in data 9/2/2015, – in controversia promossa, nel maggio 2006, da T.T. e F.G., nei confronti della Banca Mediolanum spa, dinanzi al Tribunale di Bergamo, al fine di sentire dichiarare in relazione ad acquisti, in data (OMISSIS), di (OMISSIS) e (OMISSIS), ed, in data (OMISSIS), di (OMISSIS), la nullità, l’annullamento o la risoluzione del contratto di compravendita e del negozio di investimento, con condanna della convenuta alla restituzione di Euro 65.165,57 ed al risarcimento dei danni, – ha confermato la decisione di primo grado, che aveva respinto tutte le domande attoree.

In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto che il gravame era del tutto generico, non essendo specificato quale fosse il difetto di diligenza imputato alla banca e che comunque, dal documento dell'(OMISSIS), sottoscritto dal T., risultava adempiuto l’obbligo informativo della intermediaria in ordine alle caratteristiche dell’investimento ed agli specifici rischi ad esso connesso, avendo il sottoscrittore, barrando la casella relativa sul modulo prestampato, dichiarato di essere a conoscenza che le obbligazioni quotate presentavano un rischio diverso dalle obbligazioni di tipo tradizionale, trattandosi di titoli emessi da Paesi emergenti, e di ritenere l’investimento adeguato all’obiettivo perseguito (tanto che il successivo rilascio “del documento generale sui rischi e del prospetto informativo non avrebbero aggiunto alcuna specifica conoscenza ulteriore”), e considerato che le più importanti agenzie di ratìng avevano apprezzato il reale stato di difficoltà della (OMISSIS) soltanto pochi mesi prima del default, avvenuto nel novembre 2001; nè poteva ritenersi che la banca avesse l’obbligo di temere notiziati i clienti sull’andamento degli investimenti e su eventuali mutamenti del mercato, avendo il Tribunale correttamente rilevato che si trattava di un contratto di sola negoziazione di ordini di investimento e non anche di gestione del portafoglio ed essendo sul punto la doglianza in appello priva di specificità.

Avverso la suddetta pronuncia, T.T. e F.G. propongono ricorso per cassazione, notificato in data 8-14/9/2015, affidato ad un motivo, nei confronti della Banca Mediolanum spa (che non svolge difese). I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I ricorrenti lamentano, con unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 28 e 29 Regolamento Consob 11522/1998 e D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 essendo mancato l’accertamento della diligenza dell’intermediario e dell’adempimento delle obbligazioni allo stesso facenti capo, avendo la Corte d’appello (ed il Tribunale) dato rilievo alla mera compilazione del modulo prestampato e predisposto dalla medesima banca Mediolanum (contenente avvertenza sui rischi nel caso di obbligazioni emesse dai c.d. “Paesi emergenti”), consegnato agli investitori, inquadrati dalla stessa banca come “non speculativi”.

2. La censura è inammissibile.

Questa Corte (Cass. 6142/2012; Cass. 4620/2015) ha già affermato che “in tema d’intermediazione finanziaria, la dichiarazione resa dal cliente, su modulo predisposto dalla banca e da lui sottoscritto, in ordine alla propria consapevolezza circa le informazioni ricevute sulla rischiosità dell’investimento suggerito e sollecitato dalla banca e della inadeguatezza dello stesso rispetto al suo profilo d’investitore, pur non costituendo dichiarazione confessoria (in quanto rivolta alla formulazione di un giudizio e non all’affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo), può comprovare l’avvenuto assolvimento degli obblighi di informazione incombenti sull’intermediario”; tale dichiarazione è infatti “idonea a far presumere assolto l’obbligo previsto in capo all’intermediario dall’art. 29, comma 3, del reg. Consob n. 11522 del 1998; tuttavia, a fronte della contestazione del cliente, il quale alleghi l’omissione di specifiche informazioni, grava sulla banca l’onere di provare, con qualsiasi mezzo, di averle specificatamente rese” (Cass. 11578/2015).

Sempre in tema, nel quadro di applicazione dell’art. 29 del regolamento Consob n. 11522 del 1998, si è chiarito che “la segnalazione di inadeguatezza ivi contemplata al comma 3, laddove si riferisce ad “esplicito riferimento alle avvertenze ricevute”, non richiede l’indicazione del contenuto delle informazioni al riguardo somministrate dall’intermediario; in tal caso, e cioè in mancanza di indicazione del contenuto delle informazioni omesse, la sottoscrizione da parte del cliente della segnalazione di inadeguatezza non incide sul riparto del relativo onere di allegazione e prova, nè tantomeno costituisce prova dell’adempimento, da parte dell’intermediario, dell’obbligo informativo posto a suo carico, ma fa soltanto presumere che l’obbligo sia stato assolto, sicchè, ove il cliente alleghi quali specifiche informazioni siano state omesse, grava sull’intermediario l’onere di provare, con ogni mezzo, che invece quelle informazioni siano state specificamente rese, ovvero non fossero dovute” (Cass. 10111/2018).

In conclusione, la sottoscrizione, da parte del cliente, della clausola in calce al modulo d’ordine, contenente la segnalazione d’inadeguatezza dell’operazione sulla quale egli è stato avvisato, è idonea a far presumere assolto l’obbligo previsto in capo all’intermediario dall’art. 29, comma 3, del reg. Consob n. 11522 del 1998; tuttavia, a fronte della contestazione del cliente, il quale alleghi l’omissione di specifiche informazioni, grava sulla banca l’onere di provare, con qualsiasi mezzo, di averle specificamente rese (Cass11578/2016).

Va rammentato poi che il l’art. 28, comma 2 del Regol.Consob n. 11522/1998, all’epoca vigente, prescriveva che gli intermediari autorizzati non potessero “effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento”; gli stessi, ai sensi del successivo art. 29, si dovevano astenere dall’effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione, tenuto conto delle informazioni di cui all’art. 28 e di ogni altra disponibile in relazione ai servizi prestati, e, ricevute disposizioni relative ad una operazione non adeguata, dovevano informare costui di tale circostanza e delle ragioni per cui non era opportuno procedere alla sua esecuzione, potendo eseguire l’operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui fosse fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute.

Ora, nella specie, la Corte d’appello, a fronte della presunzione di positivo assolvimento da parte della banca dell’onere informativo, per effetto della sottoscrizione del modulo di ordine di acquisto, contenente l’avvertenza circa i rischi correlati alle obbligazioni di c.d. Paesi emergenti, ad alto rendimento (nella specie, si è trattato di investimenti effettuati nel 2000), in riferimento alle possibili ampie oscillazioni nei cambi, tali da non garantire la non alterazione del controvalore, ha rilevato che la doglianza degli appellanti risultava del tutto generica ed aspecifica, in ordine alle carenze informative imputate alla intermediaria finanziaria (non essendo, a titolo esemplificativo, spiegato perchè il rilascio del documento generale sui rischi e del prospetto informativo avrebbe indotto l’investitore a non effettuare l’investimento), non essendo poi stata impugnata la statuizione del Tribunale in ordine alla positiva informazione fornita dalla intermediaria circa l’inadeguatezza dell’investimento; in ogni caso, il rischio di default dei titoli argentini si era esplicitato solo pochi mesi prima del tracollo e non era stato segnalato al tempo dell’acquisto in oggetto dalle agenzie di rating.

La sentenza non risulta efficacemente censurata rispetto a tutte le rationes decidendi.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2020

 

 

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