Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1794 del 20/01/2022

Cassazione civile sez. II, 20/01/2022, (ud. 10/06/2021, dep. 20/01/2022), n.1794

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26519/2016 proposto da:

M.G., e V.V., rappresentati e difesi dagli Avv.

Gabrio Abeatici, del foro di Trieste e Laura Tricerri del foro di

Roma, nonché dal CONDOMINIO (OMISSIS), in persona

dell’Amministratore pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.

Luciano Sampietro, del foro di Trieste, e Laura Tricerri del foro di

Roma, elettivamente domiciliati in Roma, via Cosseria n. 5, presso

lo studio dell’ultimo difensore;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’Amministratore pro tempore,

difeso dagli Avv. Giorgio Spadafora, e Biagio Terrano, ed

elettivamente domiciliato in Roma, via Panama n. 88, presso lo

studio dei difensori;

– controricorrente –

contro

S.F., e K.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 429 della Corte di appello di Trieste

depositata l’11 luglio 2016;

udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 10

giugno 2021 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

lette e sentite le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in

persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NARDECCHIA Giovanni

Battista, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avv.to Maria Aversa, (con delega scritta dell’Avv. Giorgio

Spadafora), per parte controricorrente.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Condominio (OMISSIS) evocava, dinnanzi al Tribunale di Trieste, con atto di citazione notificato in data 19.02.2013, il Condominio dei (OMISSIS), nonché M.G., V.V., S.F. e K.G., esercitando nei loro confronti un’actio negatoria servitutis, volta all’accertamento dell’inesistenza di una servitù di passaggio gravante sul cortile attoreo e di una servitù di stillicidio, creato dalla sopraelevazione del piano parcheggio di proprietà dei convenuti rispetto al piano cortile di proprietà del Condominio attore, chiedendo la cessazione di ogni turbativa al pacifico godimento esclusivo della proprietà ed avanzando pretese risarcitorie.

Il Tribunale adito, nella resistenza dei convenuti M., V., S., K. e dello stesso Condominio “(OMISSIS)”, il quale svolgeva anche domanda riconvenzionale subordinata di costituzione di servitù di passaggio pedonale e veicolare ex art. 1051 c.c., e/o ex art. 1062 c.c., in accoglimento di tale domanda, accertato lo stato di interclusione del fondo di quest’ultimo, con sentenza n. 231/2015, costituiva a favore del fondo dei convenuti P.T. (OMISSIS) e a peso del fondo attoreo P.T. (OMISSIS), una servitù di passaggio a piedi con cose e animali, nonché veicolare a velocità a passo d’uomo, pur rilevando che in base alle risultanze tavolari il fondo del Condominio (OMISSIS) non risultava gravato da alcuna servitù.

In virtù di rituale appello interposto dal Condominio di (OMISSIS) la Corte d’appello di Trieste, nella resistenza del Condominio “posteggi”, del M. e della V., rimaste contumaci le restanti parti, proposto appello incidentale dal Condominio appellato, in parziale accoglimento del gravame principale, modificava il tracciato della servitù stabilito dalla sentenza impugnata, riconoscendo il diritto di servitù “dritto per dritto”, mentre rigettava l’appello incidentale del Condominio “posteggi”, volto al riconoscimento della servitù per destinazione del padre di famiglia, per difetto del requisito dell’apparenza, ossia di segni ed opere visibili e permanenti idonei a rivelarne l’esistenza ex art. 1061 c.c..

A sostegno della decisione, la corte territoriale rilevava che dalla consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado era emersa l’interclusione relativa del fondo dominante, per essere lo spazio che consentiva di accedere dal Condominio “posteggi” alla pubblica via di larghezza pari a 1,94 metri, dunque tale da non consentire un completo passaggio veicolare, se non a veicoli di piccola cilindrata. In accoglimento del quarto motivo di appello principale, modificava tuttavia il tracciato della servitù, rilevando che il percorso indicato dal c.t.u. non era, tenuto conto dello stato dei luoghi, il più breve né il meno incomodo per il fondo servente. In tal senso, la Corte d’appello costituiva in favore del fondo dei convenuti appellati P.T. (OMISSIS) e a peso del fondo del Condominio (OMISSIS) P.T. (OMISSIS) una servitù di passaggio a piedi, con cose e animali, e veicolare, a velocità a passo d’uomo, nella sola misura di un metro di larghezza tra la facciata dell’edificio condominiale appellante e il confine con il bene pubblico (torrente tombato), che partendo dalla (OMISSIS) giunge direttamente al fondo dei convenuti appellati sulla base del tracciamento del confine ovest redatto dal geom. P. S..

Avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste, M.G., V.V. e il Condominio “posteggi” hanno propongono ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui ha resistito il Condominio di (OMISSIS) resiste con controricorso.

In prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative ex art. 378 c.p.c..

Il ricorso – previa relazione stilata dal nominato consigliere delegato – è stato inizialmente avviato per la trattazione in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380-bis c.p.c., avanti alla sesta sezione civile – 2. All’esito dell’adunanza camerale fissata al 26.06.2018, con ordinanza interlocutoria n. 552 del 2019 depositata l’11.01.2019, il procedimento è stato rimesso alla pubblica udienza dinanzi alla seconda sezione per mancanza dell’evidenza decisoria.

Il difensore del Condominio di (OMISSIS), in vista dell’udienza fissata il 10 giugno 2021, ha formulato istanza di discussione orale L. n. 176 del 2020, ex art. 23, comma 8 bis, oltre a depositare memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Va preliminarmente rilevato che il Condominio controricorrente nella memoria illustrativa ha eccepito anche l’inammissibilità del ricorso principale del Condominio (OMISSIS) per difetto di autorizzazione dell’assemblea condominiale, trattandosi di controversia esorbitante dalle attribuzioni dell’amministratore.

Secondo l’insegnamento reso dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 18331 del 2010), l’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni, ed essendo però tenuto a dare senza indugio notizia all’assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’art. 1131 c.c., commi 2 e 3, può costituirsi in giudizio ed impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione.

Nel ricostruire la portata dell’art. 1131 c.c., comma 2, Cass., Sez. Un., 6 agosto 2010, n. 18331, ha invero affermato che, ferma la possibilità dell’immediata costituzione in giudizio dell’amministratore convenuto, ovvero della tempestiva impugnazione dell’amministratore soccombente (e ciò nel quadro generale di tutela urgente di quell’interesse comune che è alla base della sua qualifica e della legittimazione passiva di cui è investito), non di meno l’operato dell’amministratore deve poi essere sempre ratificato dall’assemblea, in quanto unica titolare del relativo potere. La ratifica assembleare vale a sanare retroattivamente la costituzione processuale dell’amministratore sprovvisto di autorizzazione dell’assemblea, e perciò vanifica ogni avversa eccezione di inammissibilità, ovvero ottempera al rilievo ufficioso del giudice che abbia all’uopo assegnato il termine ex art. 182 c.p.c., per regolarizzare il difetto di rappresentanza. La regolarizzazione ai sensi dell’art. 182 c.p.c., in favore dell’amministratore privo della preventiva autorizzazione assembleare, come della ratifica, può operare in qualsiasi fase e grado del giudizio, con effetti “ex tunc” (Cass. 16 novembre 2017 n. 27236). Peraltro, come di seguito ribadito da Cass. 23 gennaio 2014 n. 1451, e da Cass. 25 maggio 2016 n. 10865, la necessità dell’autorizzazione o della ratifica assembleare per la costituzione in giudizio dell’amministratore va riferita soltanto alle cause che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore, ai sensi dell’art. 1131 c.c., commi 2 e 3. Secondo quanto stabilito da Cass., Sez. Un., 4 marzo 2016 n. 4248, il difetto di rappresentanza o autorizzazione può essere sanato ex art. 182 c.p.c. (come nella specie) in sede di legittimità, dando prova della sussistenza del potere rappresentativo o del rilascio dell’autorizzazione, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., sempre che il rilievo del vizio nel giudizio di cassazione sia officioso, e non provenga dalla controparte, come invece appunto qui fatto dal Condominio controricorrente, giacché, in tal caso, l’onere di sanatoria sorge immediatamente, non essendovi necessità di assegnare un termine da parte del giudice (a meno che lo stesso non sia motivatamente richiesto, il che neppure risulta avvenuto, nella specie), in quanto sul rilievo di parte l’avversario è chiamato prima ancora a contraddire (si veda già Cass. 31 gennaio 2011 n. 2179).

Deve perciò essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dall’amministratore del Condominio (OMISSIS) senza l’autorizzazione assembleare, trattandosi di controversia riguardante l’incidenza di diritti reali su cosa comune, e perciò non rientrante tra quelle per le quali l’amministratore è autonomamente legittimato ai sensi degli artt. 1130 e 1131 c.c.; né può essere concesso il termine per la regolarizzazione ai sensi dell’art. 182 c.p.c., atteso che il rilievo del vizio in sede di legittimità è stato operato dalla controparte nella memoria illustrativa, e non d’ufficio, sicché l’onere di sanatoria dell’amministratore ricorrente doveva intendersi sorto immediatamente.

Passando all’esame del ricorso proposto dai condomini M.G. e V.V., con il primo motivo essi denunciano, ex art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per non avere la Corte d’appello considerato la circostanza, documentalmente comprovata, che alla proprietà del fondo dominante, e precisamente alla particella (OMISSIS) assegnata al posto auto acquistato da M. – V., sono congiunte tre millesime parti indivise della particella (OMISSIS) del Condominio (OMISSIS), corrispondenti ad una quota del cortile di tale Condominio. A detta dei ricorrenti, pertanto, non potrebbe sussistere tra i due fondi alcun rapporto di asservimento, in virtù del noto principio “nemini res sua servit”.

Il motivo è privo di pregio.

Il principio “nemini res sua servit” trova applicazione soltanto quando un unico soggetto è titolare del fondo servente e di quello dominante e non anche quando il proprietario di uno di essi sia anche comproprietario dell’altro, giacché in tal caso l’intersoggettività del rapporto è data dal concorso di altri titolari del bene comune (così Cass. n. 21020 del 2019 e Cass. n. 13106 del 2000).

Nel condominio, caratterizzato dalla coesistenza nell’edificio di una pluralità di piani o porzioni di piano di proprietà esclusiva, l’attribuzione della proprietà comune sancita dall’art. 1117 c.c., trova fondamento nel collegamento strumentale ed accessorio fra le cose, i servizi e gli impianti indicati dalla norma citata con le unità immobiliari appartenenti ai singoli proprietari, giacché presupposto della comunione è che i beni indicati dall’art. 1117 c.c., per caratteri materiali e funzionali, siano necessari per l’esistenza e l’uso delle singole proprietà ovvero siano oggettivamente destinati in modo stabile al servizio e al godimento collettivo. D’altra parte, l’esistenza a favore del proprietario di una singola unità immobiliare di un diritto di servitù sui beni indicati dall’art. 1117 c.c., non esclude che il medesimo ne possa essere anche comproprietario, non trovando applicazione in materia di condominio il principio “nemini res sua servit” – secondo cui non è configurabile il diritto di servitù prediale quando il fondo dominante e quello servente appartengono a un unico soggetto – giacché, quando il proprietario di uno di essi sia anche comproprietario dell’altro, l’intersoggettività del rapporto è data dal concorso di altri titolari del bene comune (così Cass. n. 22408 del 2004). E’ dunque destituita di fondamento l’affermazione secondo cui non può sussistere tra detti fondi un rapporto di asservimento, dal momento che la proprietà ricorrente annovera solo pro quota (tre millesime parti) la proprietà delle parti comuni del Condominio resistente, con la conseguenza che l’eventuale sovrapposizione sarebbe comunque limitata a siffatta quota e, in ogni caso, il concorso di altri titolari sul bene comune vale a integrare il requisito dell’intersoggettività tra titolare del fondo dominante e del fondo servente.

Per completezza si osserva che la censura è inammissibile per carenza di interesse, avendo proposto gli stessi ricorrenti domanda riconvenzionale di costituzione di servitù coattiva di passaggio a peso del fondo del Condominio di (OMISSIS).

Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, i ricorrenti lamentano, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dei principi di cui all’art. 1051 c.c., artt. 832 e 834 c.c. e art. 42 Cost., commi 2 e 3, osservando che il nuovo tracciato della servitù stabilito dalla Corte di merito non procurerebbe alcun vantaggio al fondo dominante ma esclusivamente un grave pregiudizio, determinando una modifica e/o rimozione della tettoia che attualmente copre i 12 posti auto e i 2 posti moto ed imponendo a soggetti terzi, estranei al processo, l’eliminazione dei propri posti auto e moto. Il nuovo tracciato, infatti, a detta dei ricorrenti, eliminerebbe il secondo braccio del “percorso a L” indicato dal c.t.u., che insisteva sul cortile del Condominio di (OMISSIS), mantenendo solo il primo tratto di detta “L”. Esso, dunque, imporrebbe l’eliminazione tout court dei posti auto e dei posti moto più prossimi al luogo di esercizio della servitù, dando luogo ad una vera e propria espropriazione di proprietà private, anche diverse da quelle M. – V..

Il motivo appare inammissibile prima che infondato.

La determinazione del luogo di esercizio di una servitù di passaggio coattivo deve essere compiuta alla stregua dei criteri enunciati dell’art. 1051 c.c., comma 2, costituiti dalla maggiore brevità dell’accesso alla via pubblica, sempreché la libera esplicazione della servitù venga garantita con riguardo all’utilità del fondo dominante, e dal minore aggravio del fondo asservito, da valutarsi ed applicarsi contemporaneamente ed armonicamente, mediante un opportuno ed equilibrato loro contemperamento e tenuto presente che, vertendosi in tema di limitazione del diritto di proprietà – resa necessaria da esigenze cui non è estraneo il pubblico interesse – va applicato, in modo ancora più accentuato di quanto avviene per le servitù volontarie, il principio del minimo mezzo; il relativo giudizio compete, in ogni caso, al giudice di merito e si sottrae al sindacato di legittimità se congruamente e logicamente motivato (così Cass. n. 8779 del 2020).

Allo stesso modo, costituisce accertamento di fatto, demandato al giudice del merito e sottratto al sindacato della Corte di cassazione, se congruamente ed esattamente motivato, stabilire l’esistenza della interclusione di un fondo per effetto della mancanza di un qualunque accesso sulla via pubblica e dell’impossibilità di procurarselo senza eccessivo dispendio o disagio (interclusione assoluta), ovvero a causa del difetto di un accesso adatto o sufficiente alle necessità di utilizzazione del fondo (interclusione relativa) (così Cass. n. 14 del 2020).

Nel caso di specie, la corte territoriale, stabilendo che la servitù di passaggio dovesse essere riconosciuta “dritto per dritto”, ha chiaramente tenuto presenti i sopradetti parametri, pervenendo al contemperamento degli interessi in gioco, sulla base di una valutazione non viziata da errori tecnici né contrastante con la logica, dato che i proprietari del fondo dominante dovranno provvedere non alla rimozione della tettoia che attualmente copre i 12 posti auto e i 2 posti moto, bensì ad una, meno gravosa, diversa sistemazione della stessa.

Quanto all’imposizione in capo a soggetti terzi, non meglio precisati ed asseritamente estranei al giudizio, dell’eliminazione dei propri posti auto e moto, va osservato che nella sentenza impugnata non vi è alcuna traccia di detto onere, né i ricorrenti identificano i terzi astrattamente danneggiati e non coinvolti nel corso del procedimento.

Con il terzo motivo i ricorrenti deducono, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1062 c.c., con conseguente omessa ammissione delle prove testimoniali formulate in memoria ex art. 183 c.p.c., n. 2. La Corte d’appello avrebbe errato a non riconoscere l’avvenuta costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, esistendo una strada asfaltata che congiunge il fondo dominante, in particolare una porzione del fondo del Condominio (OMISSIS), alla pubblica via attraverso il fondo servente, ossia quello del Condominio di (OMISSIS), che integra un’opera permanente ed apparente dell’esercizio della servitù in parola. Parte ricorrente osserva che i due fondi originariamente appartenevano ad un unico proprietario (i germani L. e C.G.), il quale non aveva operato alcuna delimitazione del confine, ma aveva creato la detta strada – piazzale che da un fondo conduceva all’altro. Successivamente, l’unico proprietario aveva alienato i due fondi a soggetti diversi, ma le opere su di essi realizzate erano rimaste immutate, dal che dovrebbe ritenersi automaticamente costituita una servitù per destinazione del padre di famiglia.

Il motivo è privo di pregio.

E’ orientamento consolidato di questa Suprema Corte che il requisito dell’apparenza della servitù, necessario ai fini del relativo acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, si configuri come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio rivelanti, in modo non equivoco, l’esistenza del peso gravante sul fondo servente, così da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di un preciso onere a carattere stabile. Ne consegue che, per l’acquisto in base a dette modalità di una servitù di passaggio, non basta l’esistenza di una strada o di un percorso all’uopo idonei, essendo, viceversa, essenziale che essi mostrino di essere stati realizzati al preciso scopo di dare accesso al fondo preteso dominante attraverso quello preteso servente ed occorrendo, pertanto, un “quid pluris” che dimostri la loro specifica destinazione all’esercizio della servitù (così Cass. n. 11834 del 2021, Cass. n. 7004 del 2017 e Cass. n. 13238 del 2010).

Il requisito dell’apparenza, dunque, (senza il quale, ai sensi dell’art. 1061 c.c., la servitù non può essere usucapita né acquistata per destinazione del padre di famiglia) deve essere legato ad una situazione oggettiva di fatto di per sé rivelatrice dell’assoggettamento di un fondo ad un altro in ragione della presenza di opere inequivocamente destinate all’esercizio della servitù, dovendo conseguentemente dipendere dalle oggettive caratteristiche dell’opera, e non già dal modo in cui questa viene utilizzata (così Cass. n. 2994 del 2004).

Detto accertamento, non censurabile in sede di legittimità, è stato effettuato dalla Corte d’appello, come risulta a pg. 15 della sentenza impugnata.

In conclusione, va dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Condominio “posteggi” e rigettato quello dei condomini M. e V.. Ne consegue la condanna in solido dei ricorrenti al pagamento delle spese sostenute dal controricorrente nel presente giudizio, liquidate come da dispositivo.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Condominio (OMISSIS);

rigetta il ricorso proposto dai condomini M. e V.;

condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore del Condominio controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 5.500, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 10 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022

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