Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17937 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. III, 04/07/2019, (ud. 24/05/2019, dep. 04/07/2019), n.17937

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7867-2018 proposto da:

H.E.A., H.A., in persona dell’erede

H.E.A., anche quale interventore adesivo autonomo di

(OMISSIS) SRL, ora FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE MAZZINI, 112, presso lo studio

dell’avvocato ANDREA SALUSTRI, rappresentati e difesi dall’avvocato

LUCIANO SALVATO;

– ricorrenti –

contro

HYPO VORARLBERG LEASING SPA, in persona dell’amministratore delegato

p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EUSTACHIO MANFREDI, 5,

presso lo studio dell’avvocato M.L.H., che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato CHRISTOPH SENONER;

– controricorrente –

e contro

H.F., L.A., Z.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 146/2017 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI di

BOLZANO, depositata il 15/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/05/2019 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Hypo Vorarlberg Leasing s.p.a., premesso di avere concesso un immobile in locazione finanziaria alla (OMISSIS) s.r.l. e che l’utilizzatrice aveva – dapprima – ritardato il versamento dei canoni del leasing e – successivamente – aveva cessato completamente il pagamento, convenne in giudizio i garanti della (OMISSIS) ( H.E.A., H.A., Z.M. e L.A.) per sentirli condannare al pagamento della somma di 1.032.385,40 Euro, pari all’insoluto della debitrice principale.

I convenuti H. resistettero alla domanda, eccependo l’invalidità del contratto di leasing e quella della fideiussione, e chiamarono in causa la (OMISSIS) per esercitare nei suoi confronti l’azione di rilievo ex art. 1953 c.c..

La terza chiamata si associò alle difese degli H. e chiese, in via riconvenzionale, la condanna della Hypo Vorarlberg al risarcimento dei danni provocati dalla inutilizzabilità dell’immobile.

La controversia fra le due società venne definita con lodo della Camera Arbitrale della Camera di Commercio di Bolzano, emesso il 22.10.2012, che applicò la garanzia ex art. 1492 c.c. e ridusse ad Euro 730.116,76 il prezzo dell’immobile.

Interrotta a seguito del fallimento della (OMISSIS) e del successivo decesso di H.A., la causa venne riassunta dalla Hypo Vorarlberg; in essa, H.E.A. spiegò intervento adesivo alle richieste della (OMISSIS), che non si era nuovamente costituita dopo la dichiarazione di fallimento.

Il Tribunale di Bolzano, dichiarata l’inammissibilità dell’anzidetto intervento, rilevò che il lodo della Camera Arbitrale aveva accertato l’inadempimento della concedente per avere fornito un bene viziato e, inquadrata la garanzia nell’ambito della fideiussione ordinaria contraddistinta dall’accessorietà rispetto all’obbligazione principale, ritenne che l’attrice l’avesse illegittimamente escussa, essendo risultata proprio essa inadempiente nell’esecuzione del contratto di leasing.

Pronunciando sul gravame principale della Hypo Vorarlberg e su quello incidentale di H.E.A., la Corte di Appello di Trento, Sez. Dist. di Bolzano ha osservato che:

l’interventore H. non era “autonomamente legittimato ad impugnare, in sostituzione del Fallimento di (OMISSIS) s.r.l., il capo della pronuncia di primo grado con cui il giudice adito si è dichiarato incompetente a decidere le domande riconvenzionali svolte dalla società utilizzatrice, quando era ancora in bonis”;

quanto alla qualificazione della garanzia, “quello fatto valere in giudizio dall’appellante Hypo Vorarlberg Leasing s.p.a. è un diritto fondato su un contratto autonomo di garanzia in virtù del quale ai garanti non è consentito opporre al creditore eccezioni fondate sul rapporto principale”; i garanti convenuti in giudizio potevano pertanto “affidare le loro ragioni soltanto all’exceptio doli, che è formulabile solo nel caso in cui la richiesta di pagamento sia prima facie abusiva o fraudolenta”;

dovendosi pertanto accertare se la garanzia fosse stata escussa o meno abusivamente, andava considerato che l’oggetto di detta garanzia era costituito da quanto dovuto alla concedente per capitale, interessi, spese, oneri tributari, risarcimento danni, penali contrattualmente previste e ogni altro importo nascente dal rapporto garantito e – per altro verso – che, “al definitivo esito del procedimento arbitrale, (poteva) affermarsi con certezza l’esistenza dell’obbligazione principale, sia pure nella misura ridotta indicata nel lodo”;

“nel caso di contratto autonomo di garanzia, di una definitiva decisione arbitrale in ordine all’esistenza e alla validità dell’obbligazione principale si (deve) tener conto nel valutare se il favorito ha esercitato abusivamente o fraudolentemente il suo diritto”;

“nel caso di specie, il contratto di leasing (ovvero di vendita con riserva di proprietà) continua a porsi come fonte dell’obbligazione di pagamento, rispetto alla quale l’appellato H. si è costituito garante”;

“lui e gli altri garanti sono, perciò, tenuti nei confronti dell’appellante Hypo Vorarlberg Leasing s.p.a. nei limiti della somma di Euro 730.116,76 (Iva esclusa) accertata nel lodo. Da questo importo vanno però detratti Euro 343.184,54 (Iva compresa), ossia i canoni corrisposti dall’utilizzatrice in costanza del rapporto di leasing (…). Il residuo debito garantito assomma pertanto ad Euro 386.392,23 oltre Iva”.

La Corte ha pertanto condannato i garanti H.E.A., L.A. e Z.M., in solido, al pagamento della somma anzidetta, maggiorata degli interessi legali dalla data della domanda al saldo; la condanna nei confronti di H.F., erede di A., è stata invece contenuta nei limiti della sua quota ereditaria.

Ha proposto ricorso per cassazione H.E.A., anche quale erede di H.A., oltre che quale interventore adesivo autonomo della (OMISSIS) s.r.l. (successivamente Fallimento della (OMISSIS) s.r.l.), affidandosi a cinque motivi illustrati da memoria; ha resistito, con controricorso, la Hypo Vortarlberg.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1953 e 1945 c.c. e dell’art. 105 c.p.c. “per inadeguatezza della motivazione e per violazione delle regole ermeneutiche”: l’ H. assume che, a prescindere dalla qualificazione datane dalle parti, l’intervento effettuato dal garante odierno ricorrente “si palesa come intervento adesivo autonomo non già adesivo dipendente”; precisa che, poichè, a norma dell’art. 1945 c.c., “il fideiussore può opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, salva quella derivante dall’incapacità”, egli era “pienamente legittimato a proporre le eccezioni riconvenzionali che afferiscono al rapporto tra creditore garantito e debitore principale; conclude che, “posto che i fatti dedotti da H. a fondamento della domanda riconvenzionale si prestavano ad essere esaminati come estintivi del debito, l’esame della censura da parte della Corte d’appello avrebbe dovuto essere condotto avendo riguardo al contenuto delle difese, prescindendo dal mezzo processuale impiegato per farle valere”.

1.2. Col secondo motivo, viene dedotta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 2909 c.c. e art. 132 c.p.c. “per inadeguatezza della motivazione e per violazione delle regole ermeneutiche”: il ricorrente censura come “erroneo il capo di pronuncia con cui la Corte pretenderebbe sostenere l’inammissibilità dell’intervento di H., presuntamente dichiarata dal giudice di primo grado… implicitamente”.

2. I due motivi – che possono essere esaminati congiuntamente – sono inammissibili sotto vari profili:

il primo motivo è svolto in difetto di autosufficienza (ex art. 366 c.p.c., n. 6), in quanto non trascrive i termini in cui è stato effettuato l’intervento, quale necessaria premessa per individuarne la natura (se di intervento adesivo autonomo o dipendente);

il motivo non si confronta adeguatamente con la ratio decidendi, basata – anche con richiamo alla sentenza di primo grado – sulla impossibilità di riproporre nel presente giudizio questioni devolute ad arbitri e sulla spettanza alla sola Curatela fallimentare della possibilità di coltivare le domande già proposte dalla società in bonis;

fonda la facoltà di proposizione di un intervento (che qualifica come) adesivo autonomo sull’assunto che il rapporto di garanzia sia qualificabile come di fideiussione ordinaria, anzichè come contratto autonomo di garanzia, in contrasto con la qualificazione datane dalla Corte (che, per quanto si dirà oltre, non risulta adeguatamente sottoposta a censura);

il secondo motivo si limita ad una generica contestazione circa l’inesistenza di una statuizione del primo giudice (chiara, ancorchè implicita) sulle ragioni dell’inammissibilità dell’intervento adesivo di H., senza confrontarsi – anche in questo caso – con le ragioni spese dalla Corte a sostegno della propria affermazione.

3. Il terzo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1945,1957,1362,1363,1366 e 1370 c.c. e dell’art. 183 c.p.c. “per inadeguatezza della motivazione e per violazione delle regole ermeneutiche”: afferma il ricorrente che la Corte “è incorsa in errore di diritto nell’omettere di considerare che la clausola “a semplice richiesta” pattuita nell’ambito di un contratto di fideiussione ha soltanto lo scopo di costituire un privilegio processuale, limitativo della possibilità, per il garante, di proporre eccezioni ed operativo negli stessi termini di una clausola “solve et repete”. Tale clausola, tuttavia, non attribuisce al negozio la qualifica di contratto autonomo di garanzia”; evidenzia che la causa concreta del contratto autonomo di garanzia è quella di obbligare il garante a risarcire il danno per il mancato adempimento, “mentre con la fideiussione è tutelato l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale”; sostiene che l’evidente errore in cui è incorso il giudice di secondo grado “consiste nell’aver ritenuto che l’inserimento nel testo della garanzia, della clausola di pagamento “a prima richiesta” consentisse ad esso di legittimamente ravvisare un contratto autonomo di garanzia anzichè il contratto di fideiussione esclusivamente dedotto quale causa petendi dalla stessa Hypo Vorarlberg spa durante tutto il corso del primo grado di giudizio, quando, ormai, erano maturati i termini, perentori, per la mutatio libelli”.

3.1. Il motivo è inammissibile in relazione a tutti i profili.

Inammissibile nella parte in cui contesta la qualificazione della garanzia come contratto autonomo, anzichè come fideiussione, senza illustrare in quali termini risulterebbero violati o falsamente applicati gli artt. 1945 e 1957 c.c. e senza individuare specificamente la violazione dei singoli canoni ermeneutici, ma limitandosi – nella sostanza – a sollecitare un diverso apprezzamento di merito, peraltro sulla base di richiami giurisprudenziali che non danno conto dei più recenti e consolidati arresti della giurisprudenza di legittimità (a partire da Cass., S.U. n. 3947/2010; cfr., altresì, Cass. 22233/2014e Cass. n. 30181/2018);

Parimenti inammissibile nella parte in cui accenna una denuncia di violazione dell’art. 183 c.p.c., prospettando una mutatio libelli senza indicare specificamente i termini in cui la domanda era stata originariamente introdotta e successivamente riproposta in appello e senza confrontarsi col principio secondo cui al giudice di appello è consentito di qualificare il contratto in modo diverso rispetto a quanto ritenuto dal giudice di primo grado ove ciò non comporti che debba prendere in esame fatti nuovi, non dedotti dalle parti o non rilevati dal primo giudice (cfr. Cass. n. 10617/2012).

4. Il quarto motivo lamenta l'”omesso esame, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti circa l’eccepita nullità/annullabilità della fideiussione/contratto autonomo di garanzia”: assume il ricorrente che “il Giudice d’appello ha ignorato l’eccezione di nullità/annullabilità svolta dall’appellato con riguardo allo stesso negozio di garanzia, sia esso qualificabile come fideiussione o contratto autonomo di garanzia”; precisa che, nella comparsa di costituzione, l’appellato aveva evidenziato come la concedente, a conoscenza dei gravi vizi dell’immobile e della mancanza del certificato di agibilità, avesse dolosamente fatto sottoscrivere la garanzia e che “l’accoglimento dell’eccezione era finalizzato a ricondurre il negozio di garanzia nell’alveo dell’istituto della fideiussione”; conclude che la Corte si era soffermata sull’eccezione di nullità/annullabilità del contratto di leasing, senza “esaminare e decidere l’ulteriore domanda di nullità/annullabilità dello stesso negozio di garanzia”.

4.1. Il motivo (che denuncia piuttosto un’omessa pronuncia su un’eccezione) è infondato, giacchè la Corte ha implicitamente risposto – in senso negativo – all’eccezione di nullità o annullabilità della garanzia laddove (a pag. 30) ha affermato l’insussistenza di “qualsiasi prova liquida della condotta asseritamente dolosa della concedente”, costituente il necessario presupposto del vizio che avrebbe inficiato il rilascio della garanzia.

5. Col quinto motivo (“violazione o falsa applicazione di norme di diritto (…) in relazione all’art. 1439 c.c. e art. 132 c.p.c.”), il ricorrente sostiene che, qualora si ravvisasse una pronuncia sull’eccezione di nullità/annullabilità della garanzia, la sentenza risulterebbe comunque “errata sotto l’ulteriore profilo della violazione dell’art. 1439 c.c.” giacchè “il Giudice d’appello nel dichiarare “illiquide” le prove documentali e costituende, additate dall’appellato a sostegno della dedotta nullità/annullabilità della fideiussione/contratto autonomo di garanzia, avrebbe dovuto specificare che dalle stesse non era possibile ricavare una qualsiasi forma di raggiro che altera la volontà contrattuale”.

5.1. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza in quanto non individua specificamente le prove documentali o costituende sulla cui base la Corte sarebbe dovuta pervenire all’affermazione dell’annullabilità della garanzia; tanto più che la censura mira a conseguire un apprezzamento di merito diverso da quello compiuto dal Giudice di appello, che non è sindacabile sotto il profilo della violazione di norme di diritto.

6. Le spese di lite seguono la soccombenza.

7. Sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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