Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17931 del 27/08/2020

Cassazione civile sez. II, 27/08/2020, (ud. 17/01/2020, dep. 27/08/2020), n.17931

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15033/2014 R.G. proposto da:

DORICA LEGNAMI CASTELLANI S.R., in persona del legale rappresentante

p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Luigi Remia, con domicilio

eletto in Roma, Via Monte dei Parioli n. 46, presso lo studio

dell’avv. Raniero Trincheri;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO GRUPPO EDIL MAR IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale

rappresentante p.t.;

– intimata –

avverso la sentenza del Tribunale di Ancona n. 782/2016, depositata

in data 3.5.2016;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17.1.2020,

dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Dorica Legnami Castellani ha ottenuto dal Giudice di pace di Ancona l’ingiunzione di pagamento n. 210/2011 per l’importo di Euro 3020,47, quale saldo del corrispettivo di una fornitura di materiale, documentato dalla fattura n. (OMISSIS).

Il Consorzio Gruppo Edil Mar ha proposto opposizione, chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo e, in via riconvenzionale, la condanna della controparte al risarcimento del danno derivante dalla mancata realizzazione di due travi, secondo le modalità stabilite in contratto. All’esito, il Giudice di pace, con sentenza n. 613/2012, ha accolto l’opposizione, ha revocato l’ingiunzione di pagamento ed ha respinto la domanda riconvenzionale, compensando le spese processuali.

Su appello di entrambe le parti, il tribunale ha confermato la decisione, sostenendo che:

a) il rapporto doveva qualificarsi come appalto di lavori e non come compravendita di materiali, data la preponderanza nell’economia del contratto – dell’apporto lavorativo specifico per la realizzazione dell’opera (consistente nella costruzione di due travi necessarie per il rifacimento dell’edificio in conformità alle prescrizioni antisismiche.

b) la ricorrente aveva violato gli obblighi assunti, poichè le travi erano state realizzate con la giuntura del colmo a metà legno, secondo l’iniziale progettazione, invece che a maschio e femmina, come richiesto con il successivo progetto inviato il 15.7.2010, non avendo rilievo che, al momento in cui il Consorzio aveva mutato le specifiche progettuali, il taglio delle travi fosse già avvenuto, nè che l’invio del nuovo progetto avesse fatto seguito a richieste di chiarimenti su altri e diversi aspetti tecnici, essendo l’appaltatore tenuto a realizzare l’opera secondo le nuove direttive del committente, addebitando i maggiori costi sostenuti, mentre l’opera, per come eseguita, era priva di qualsiasi utilità per il Consorzio, per cui quest’ultimo non era tenuto a pagarne il prezzo.

La sentenza ha infine respinto sia la domanda di risarcimento del danno proposta dall’appaltatore (rilevando che il committente era incorso in un ritardo minimo nella consegna del manufatto), che quella formulata dal Consorzio in relazione ai costi sostenuti per realizzare le travi, affermando che tali costi sarebbero stati comunque sostenuti ove l’appaltatore avesse ultimato le opere, conformandosi alle variazioni progettuali richieste.

La cassazione della sentenza è chiesta dalla Dorica Legnami Castellani con ricorso in quattro motivi.

Il Consorzio Gruppo Edil Mar è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo censura l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver il Tribunale ritenuto che le parti avessero concluso un appalto di lavori, trascurando che il contratto non contemplava la sola realizzazione delle travi, ma anche la fornitura dei materiali, il cui importo era di gran lunga superiore al corrispettivo pattuito per la realizzazione dell’opera.

Il motivo è infondato.

Nel qualificare il contratto come appalto di lavori, il tribunale ha specificamente preso in esame il contenuto complessivo del contratto e l’impegno dell’appaltatore di fornire i materiali, e conformandosi ai criteri distintivi tra appalto e vendita più volte enunciati da questa Corte, ha ritenuto prevalente l’apporto lavorativo volto alla realizzazione di un’opera dalle caratteristiche individuate.

Di conseguenza, non solo il fatto asseritamente non valutato è stato specificamente esaminato – il che è sufficiente per escludere la violazione denunciata (Cass. s.u. 8053/2014) – ma, inoltre, nessun decisivo rilievo interpretativo poteva assumere il costo della materia impiegata, avendo la sentenza correttamente valorizzato il carattere prevalente della prestazione di fare (che caratterizza l’appalto) rispetto a quella di dare, tipica della vendita, prevalenza correttamente apprezzata non in senso oggettivo ed in base al costo dei materiali, occorrendo accertare se la somministrazione della materia fosse strumentale alla produzione dell’opera ed il lavoro fosse lo scopo del negozio (appalto), oppure se il lavoro fosse il mezzo per la trasformazione della materia ed il conseguimento del bene (cfr. in termini, Cass. 20391/2008; Cass. 20301/2012).

2. Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 1362 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza qualificato il contratto come appalto di lavori, senza considerare che il documento di trasporto n. 583/1996 indicava come causale “c/to vendita”, manifestando quindi il reale intento dei contraenti.

Il motivo è infondato.

Come si è detto, la sentenza ha dato correttamente rilievo al fatto che la realizzazione delle travi costituiva – nello specifico – la prestazione principale cui era tenuta la ricorrente, rispetto alla quale la fornitura dei materiali era puramente strumentale ed accessoria, e tale dato di fatto, oggetto di un accertamento insindacabile – era elemento interpretativo prevalente anche rispetto alle risultanze del documento di trasporto, unilateralmente predisposto da uno solo dei contraenti e – peraltro – afferente non al momento genetico ma alla successiva esecuzione del rapporto, dovendo la qualificazione del contratto essere compiuta, nello specifico, in base all’intero contenuto degli impegni assunti dalle parti e alla relazione intercorrente tra le diverse prestazioni concordate dai contraenti (Cass. 5935/2018).

3. Il terzo motivo denuncia la violazione la violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la sentenza qualificato il contratto come appalto d’opera e per aver applicato d’ufficio l’art. 1661 c.c., introducendo nel giudizio questioni non oggetto di dibattito processuale e non rilevabili d’ufficio.

Il motivo è infondato.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il tribunale si è limitato a qualificare il contratto come appalto d’opera in base al contenuto complesso del contratto in base a quanto già acquisito al processo, essendo in discussione la risoluzione del rapporto per inadempimento dell’appaltatore a causa della difformità delle travi rispetto alle variazioni progettuali richieste dal committente.

In tale ambito era indispensabile stabilire quale fosse la natura del contratto, poichè tale accertamento costituiva un antecedente indispensabile per definire le richieste di pagamento formulate in sede monitoria e per pronunciare sulla domanda di risoluzione e di risarcimento del danno, oggetto anche del giudizio di secondo grado. La pronuncia non è – pertanto – incorsa nel vizio di ultra-petizione, essendo consentito al giudice d’appello qualificare diversamente il rapporto dedotto in giudizio, a condizione che non siano introdotti nel tema controverso nuovi elementi di fatto, che non siano alterati il “petitum” e la “causa petendi”, e sempre che si resti nell’ambito delle questioni, riproposte con il gravame, rispetto alle quali la qualificazione giuridica costituisca la necessaria premessa logico-giuridica, dovendo, solo in caso contrario, tale questione formare oggetto di esplicita impugnazione ad opera della parte che risulti, rispetto ad essa, soccombente (Cass. 12875/2019; Cass. 9202/2018; Cass. 8604/2017).

4. Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 1661 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza ritenuto legittime le variazioni richieste dal committente, benchè l’opera fosse stata ormai ultimata, al momento in cui il committente aveva ordinato le variazioni al progetto iniziale.

Il motivo è infondato.

Il Tribunale ha ritenuto irrilevante che le travi fossero state già tagliate e consegnate con la giuntura del colmo secondo il sistema cd. “a metà legno”, invece che “a due piani di taglio”, precisando che l’opera era in fase di ultimazione e, quindi, non era stata integralmente eseguita, non essendo affatto in discussione che le varianti comportassero una radicale modificazione del manufatto, tale da giustificare il rifiuto dell’appaltatore di provvedervi.

L’art. 1661 c.c. dispone che quest’ultima può richiedere all’appaltatore l’esecuzione di varianti nei limiti del sesto del prezzo originario e che l’appaltatore è obbligato ad eseguirle con diritto al compenso per i maggiori lavori eseguiti, salvo che esse comportino “notevoli modificazioni della natura dell’opera”.

Per escludere lo ius variandi del committente rileva quindi l’eventuale sconvolgimento del piano originario delle opere, tale da determinare una sostituzione consensuale del regolamento contrattuale già in essere in base a specifici parametri, correlati all’entità materiale e alla tecnica degli interventi di modifica, oltre che alla loro consistenza economica.

Solo in tal caso non trova applicazione l’art. 1661 c.c., venendo in discussione la sussistenza stessa del diritto del committente di richiedere ed ottenere le modifiche del progetto originario (Cass. 10211/2012; Cass. 9796/2011; Cass. 2290/1995).

Il ricorso è respinto.

Nulla per le spese, non avendo il Consorzio svolto difese.

Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Si dà atto che il ricorrente è tenuto a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2020

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