Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17930 del 24/07/2013


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Civile Sent. Sez. U Num. 17930 Anno 2013
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: MAMMONE GIOVANNI

Data pubblicazione: 24/07/2013

SENTENZA

sul ricorso 15671-2012 proposto da:
FERRARA MARIA GIULIANA, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA CIRENAICA 15, presso lo studio dell’avvocato
PICARDI NICOLA, che la rappresenta e difende unitamente
agli avvocati MASSA MASSIMO, MARCELLO VIGNOLO, per
delega a margine del ricorso;
– ricorrente –

1mi

contro

ORRU’ MARIA VITTORIA, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA G. SCALIA 12, presso lo studio dell’avvocato
CAMPOREALE LUCIA, rappresentata e difesa dall’avvocato
GIOVANNI CABRAS, per delega in calce al controricorso e

– controri corrente e ricorrente incidentale nonchè contro

AUTORITA’ PORTUALE DI CAGLIARI;
– intimata –

sul ricorso 25060-2012 proposto da:
FERRARA MARIA GIULIANA, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA CIRENAICA 15, presso lo studio dell’avvocato
PICARDI NICOLA, che la rappresenta e difende unitamente
agli avvocati MASSA MASSIMO, MARCELLO VIGNOLO, per
delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro

ORRU’ MARIA VITTORIA, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA G. SCALIA 12, presso lo studio dell’avvocato
CAMPOREALE LUCIA, rappresentata e difesa dall’avvocato
GIOVANNI CABRAS, per delega in calce al controricorso e
ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale nonchè contro

AUTORITA’ PORTUALE DI CAGLIARI;
– intimata –

ricorso incidentale;

avverso la. sentenze., nn.

2667/2012 depositata il

08/05/2012 e n. 5248/2012 depositata il 09/10/2012,
entrambe del Consiglio di Stato;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/05/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
MAMMONE;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
UMBERTO APICE, che ha concluso per il rigetto del
ricorso principale e l’assorbimento di quello

incidentale in entrambi i giudizi.

udito l’Avvocato Massimo MASSA;

1.- Con sentenza del Tribunale amministrativo della Sardegna
era accolto il ricorso proposto dalla dott.ssa Maria Vittoria Orrù
contro la graduatoria finale del concorso indetto dall’Autorità portuale
di Cagliari per la copertura di un posto di dirigente; in accoglimento
della censura erano annullati gli atti con cui la dott.ssa Maria Giuliana
Ferrara, prima in graduatoria, era stata ammessa al concorso, di modo
che la ricorrente, classificata al secondo posto, ne risultava vincitrice .
2.- Proposto appello dalla Ferrara, che nel primo grado non si
era costituita, il Consiglio di Stato, Sesta Sezione, con sentenza
depositata in data 8.05.12 (n. 2667/12) respingeva l’impugnazione.
Nuovamente riunitosi dopo il deposito, il Collegio giudicante prendeva
atto che il documento pubblicato, recante la firma del solo Presidente,
era affetto da nullità insanabile e procedeva a nuovo esame
dell’appello. All’esito ribadiva il rigetto dell’impugnazione e, in data
9.10.12, depositava nuovamente sentenza (n. 5248/12).
3.- Il Consiglio di Stato, in ragione della natura di ente pubblico
non economico dell’Autorità portuale, affermava la giurisdizione del
giudice amministrativo, negata dall’appellante. Preso atto che gli atti del
concorso erano stati dalla Orrù impugnati con ricorso straordinario al
Presidente della Repubblica e che la Ferrara, quale controinteressata,
aveva chiesto che il ricorso fosse deciso in sede giurisdizionale, il
Consiglio di Stato riteneva che tutte le questioni attinenti la
tempestività del ricorso straordinario avrebbero dovuto essere dedotte
con controricorso nella stessa sede giudiziale e non dinanzi al giudice
amministrativo. Rigettava, inoltre, il motivo con cui l’appellante
denunziava un vizio di notifica dell’atto di trasposizione del ricorso
straordinario in sede giurisdizionale.
Nel merito, per quanto qui interessa, il Consiglio di Stato
rilevava che la Ferrara, vincitrice del concorso, non era in possesso del
titolo qualificato richiesto dal bando e che la clausola di concorso
relativa, pur chiedendo requisiti non previsti dalla disposizione
generale dell’art. 28, c. 2, del d.lgs. 30.03.01 n. 165 regolatrice
dell’ammissione al concorso per esami alle qualifiche dirigenziali, non
era stata tempestivamente contestata. In fatto il servizio svolto dalla
ricorrente in qualità di segretario generale del TAR Sardegna non
poteva essere equiparato al servizio funzionale continuativo almeno
quinquennale in posizione apicale presso enti ed organismi
internazionali, università e centri di ricerca richiesto dalla contestata
clausola concorsuale. L’appello era pertanto rigettato.
4.- Ferrara con separati atti propone ricorso avverso entrambe le
sentenze per motivi attinenti la giurisdizione, chiedendo la riunione dei
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(15671-25060/11 r.g.)

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Svolgimento del processo

due ricorsi. In entrambi i casi risponde Orrù con controricorso e
ricorso incidentale subordinato. Non si difende l’Autorità portuale.

5.- Preliminarmente i due ricorsi debbono essere riuniti, onde
procedere alla loro trattazione in unico contesto.
6.- I due ricorsi principali, di tenore pressoché identico,
sostengono che il Consiglio di Stato avrebbe violato i principi
fondamentali in materia di riparto della giurisdizione per due motivi.
6.1.- Primo motivo: la controversia esula dalla giurisdizione del
giudice amministrativo in quanto l’Autorità portuale non rientra tra le
amministrazioni pubbliche indicate dagli artt. 1, c. 2, e 63 del d.lgs.
30.03.01 n. 165 in quanto ha natura giuridica di ente pubblico
economico. Per le controversie in materia di procedure concorsuali di
assunzione dei dipendenti rimarrebbe dunque ferma la giurisdizione
dell’a.g.o., dato che la materia è assegnata al giudice amministrativo
solo ove dette procedure riguardino le assunzioni delle pubbliche
amministrazioni. In particolare, parte ricorrente ritiene non risolutivo
l’argomento utilizzato dalla sentenza impugnata per negare la reclamata
natura di ente pubblico economico, e cioè che l’art. 1, c. 993, della 1.
27.12.06 n. 296 esplicitamente assegna a dette Autorità “natura
giuridica di enti pubblici non economici”. Tale natura non emerge dalla
legge organica 28.01.94 n. 84, di riordino della legislazione in materia
portuale, le cui disposizioni, per i compiti assegnati alle Autorità e per
la circostanza che esse subentrarono agli enti portuali preesistenti
(pacificamente considerati enti pubblici economici), sono state ritenute
dalla giurisprudenza fonte non solo della personalità giuridica di diritto
pubblico, ma anche della qualità di ente pubblico economico.
6.2.- Con il secondo motivo parte ricorrente sostiene che il
Consiglio di Stato, ritenendo che l’eccezione di tardività del ricorso
straordinario avrebbe dovuto essere dedottitin sede di controricorso in
sede giustiziale e non dopo la trasposizione in sede giurisdizionale,
avrebbe contraddetto il contenuto e la ratio degli artt. 9 e 19 del d.P.R.
24.11.71 n. 1199, che riconoscono al controinteressato la facoltà di
chiedere che la controversia sia decisa dal giudice amministrativo. In
sede giurisdizionale la controversia rimane immutata e nel suo ambito
possono essere trasfuse tutte le questioni inerenti l’originario ricorso.
7.- Con il ricorso incidentale, nel caso la Corte di cassazione
accolga il secondo motivo di ricorso e disponga il rinvio al Consiglio di
Stato, Orrù chiede che il giudice di rinvio si pronunzi anche su tutte le
difese con le quali ella aveva confutato l’eccezione di tardività del
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
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Motivi della decisione

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8.- Come già detto in parte narrativa, il Consiglio di Stato a
proposito dell’appello proposto contro la sentenza del TAR Sardegna
ha depositato due sentenze. Lo stesso giudice, con provvedimento
collegiale in data 11.09.12, ha ritenuto affetta da nullità insanabile la
prima delle due (depositata in data 8.05.12 e recante il n. 2667) in
quanto pubblicata con la firma del solo presidente del Collegio, ha
disposto l’annullamento della numerazione attribuita al documento ed
ha proceduto a nuovo esame dell’appello, emanando (definitivamente)
la sentenza 9.10.12 n. 5248.
La dott.ssa Ferrara aveva impugnato con ricorso per cassazione,
ai sensi dell’art. 110 del c.p.a., la prima sentenza, notificando il ricorso
alla contro-interessata dott.ssa Orrù ed all’Autorità Portuale in date
28.06-3.07.12, prima che intervenisse il provvedimento 11.09.12 con
cui il Consiglio di Stato ha disposto l’annullamento del numero
attribuito alla sentenza affetta da nullità.
Dato che con tale ricorso (il primo) non si solleva alcuna
censura in relazione all’omissione rilevata dal Consiglio di Stato (la
mancanza della firma dell’estensore), ma si censura direttamente, per
quanto qui rileva, la statuizione sulla giurisdizione, il ricorso (iscritto al
n. 15671/12 r.g.) deve essere dichiarato inammissibile per carenza di
interesse, in quanto diretto contro sentenza nulla. L’inammissibilità,
comporta l’inefficacia del ricorso incidentale proposto da Orrù in
risposta a detto ricorso principale.
9.- Passando all’esame del primo motivo del residuo ricorso
(iscritto al n. 25060/12 r.g.), deve rilevarsi che parte ricorrente assume
violato l’art. 63, c. 4, del d.lgs. 30.03.01 n. 165, recante il nuovo testo
unico sul pubblico impiego, per il quale sono devolute al giudice
amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per
l’assunzione dei dipendenti della pubblica amministrazione, dovendosi
escludere tale natura per l’Autorità Portuale di Cagliari. Quest’ultima,
infatti, non rientrerebbe nella nozione di “pubblica amministrazione”
delineata dall’art. 1, c. 2, dello stesso d.lgs. 165, non appartenendo a
nessuna delle categorie ivi specificamente individuate e, in particolare,
non potendo essere qualificata “ente pubblico non economico”,
secondo quanto ritenuto dal Consiglio di Stato.
10.- Parte ricorrente per affermare la natura di ente pubblico
economico dell’Autorità Portuale (ed assegnare di conseguenza la
controversia alla giurisdizione ordinaria) richiama la giurisprudenza
della Sezione Lavoro di questa Corte, la quale afferma la natura di ente
pubblico economico delle autorità portuali sulla base di due
fondamentali elementi normativi.
Innanzitutto tale giurisprudenza ha posto in risalto che la 1.
28.01.94 n. 84,recante il riordino della legislazione in materia portuale,

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dopo avere disposto, all’art. 6, c. 2, che le autorità portuali hanno
personalità giuridica di diritto pubblico e sono dotate di autonomia di
bilancio e finanziaria, esclude le stesse dal campo di applicazione della
1. 20.03.75 n. 70, recante disposizioni sul riordinamento degli enti
pubblici (e sulla loro soppressione) nonché sul rapporto di lavoro del
loro personale dipendente. Tale esclusione ha un rilievo significativo,
in quanto già la legge n. 70 escludeva dal suo campo di applicazione gli
enti pubblici economici. La stessa giurisprudenza pone, inoltre, in
risalto che la stessa legge n. 84 del 1994 all’art. 10, c. 6, – come
modificato dall’art. 2, c. 11, del d.l. 21.10.96 n. 535, conv. dalla 1.
23.12.96 n. 647 — qualifica di diritto privato “il rapporto di lavoro del
personale delle Autorità portuali” (Cass. 3.07.04 n. 12232).
Dal contenuto di tali disposizioni di legge e dal tenore dei
compiti ad esse assegnati dall’art. 1, c. 1, lett. a-b-c, della legge n. 84 la
Sezione Lavoro trae la conclusione che le autorità portuali rientrano
nella categoria degli enti pubblici economici, con la conseguenza che
siffatta qualificazione incide non solo sull’assetto economico ed
organizzativo, ma anche sul regime sostanziale e processuale dei
rapporti di lavoro del personale dipendente nei.’ cui confronti sono
operanti gli artt. 2093 c.c. (che applica alle imprese esercitate da enti
pubblici le disposizioni sul rapporto di lavoro) e 409, n. 4, c.p.c. (che
prevede l’applicazione del rito speciale del lavoro alle controversie dei
dipendenti degli enti pubblici che svolgono esclusivamente o
prevalentemente attività economica (v. la già citata sentenza n. 12232
del 2004, recentemente ripresa da Cass. 29.08.12 n. 14703, nonché Sez.
unite 28.10.98 n. 10729 e 6.05.96 n. 4187).
11.- Tali richiami giurisprudenziali, ad avviso del Collegio, non
sono rilevanti ai fini della presente controversia. Essi, infatti, hanno ad
oggetto controversie riguardantl la gestione del rapporto di lavoro e
non anche quel particolare tipo c ontroversia ora in esame, che ha ad
oggetto la legittimità del bando pubblico di concorso emanato
dall’Autorità portuale per la copertura di un posto di dirigente, per la
quale il dubbio di giurisdizione nasce dall’esistenza di una norma
specifica, quale quella già richiamata dell’art. 63, c. 4, del d.lgs. n. 165
del 2001, che devolve al giudice amministrativo le controversie in
materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle
pubbliche amministrazioni.
Tutto il sistema della privatizzazione del lavoro pubblico, per
come si è sviluppato successivamente alla 1. 23.10.92 n. 421, recante la
delega per la revisione della disciplina del pubblico impiego, impone
una netta distinzione tra il reclutamento del personale e la gestione del
suo rapporto di lavoro. Per il reclutamento, infatti, in ossequio al
principio costituzionale dell’art. 97, le disposizioni normative confluite

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nel testo unico n. 165 del 2001 sanciscono che le pubbliche
amministrazioni debbano ricorrere allo strumento concorsuale
secondo varie configurazioni (art. 28 per i dirigenti, artt. 35 e segg. per
il rimanente personale), tutte caratterizzate dall’esercizio di poteri
discrezionali. Per la gestione del rapporto, nel momento successivo al
reclutamento, le amministrazioni (con esclusione dei rapporti
interamente disciplinati dal diritto pubblico, previsti dall’art. 3 del testo
unico) si valgono dei poteri propri del datore di lavoro privato. In altre
parole, la struttura privatistica del rapporto di lavoro, una volta che
esso sia stato instaurato, non contrasta con la circostanza che nella fase
prodromica della ricerca delle migliori professionalità
l’amministrazione spenda poteri discrezionali.
Sulla base di queste considerazioni deve ritenersi, dunque, non
risolutiva la giurisprudenza invocata dalla parte ricorrente, al contrario
dell’aspetto evidenziato dal Consiglio di Stato, che ha appuntato la sua
attenzione sulla natura giuridica delle autorità portuali, per verificare se
ad esse si attagli il concetto di pubblica amministrazione e se, di
conseguenza, debbano essere devolute al giudice amministrativo le
controversie attinenti le procedure concorsuali per l’assunzione dei
loro dipendenti.
12.- Il Consiglio di Stato ha attribuito alle autorità portuali
natura di enti pubblici non economici innanzitutto sulla base di un
riscontro di carattere sostanziale, rilevando come sulla base della I.
28.01.84 n. 94 esse svolgono attività di affidamento e controllo delle
attività finalizzate alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di
servizi di interesse generale, esercitando compiti e funzioni più
propriamente ascrivibili alla regolazione ed al controllo dell’erogazione
dei servizi che non alla loro produzione e scambio. Il Consiglio di
Stato (peraltro disattendendo la contraria opinione espressa in sede
consultiva con il parere 25.07.08, Sez. Seconda) ha pertanto escluso
che a dette autorità possa ascriversi il carattere di enti pubblici
economici, ponendo in risalto, tra l’altro, che le stesse i pur operando in
regime di oggettiva economicità, non perseguono alcun fine di lucro.
A questa ricostruzione di carattere sostanziale, secondo il
Consiglio di Stato, ha dato sostegno determinante e definitivo la
qualificazione formale attribuita alle autorità portuali dalla 1. 27.12.06 n.
296, legge finanziaria per l’anno 2007, la quale all’art. 1, c. 993, prevede
che “gli atti di concessione demaniale rilasciati dalle autorità portuali, in
ragione della natura giuridica di enti pubblici non economici delle autorità
medesime, restano assoggettati alla sola imposta proporzionale di
registro ed i relativi canoni non costituiscono corrispettivi imponibili ai
fini dell’imposta sul valore aggiunto. Gli atti impositivi o sanzionatori
fondati sull’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto ai canoni

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demaniali marittimi introitati dalle autorità portuali perdono efficacia
ed i relativi procedimenti tributari si estinguono”.
13.- Rileva il Collegio che la definizione legislativa contenuta
nell’art. 1, c. 993 (che ratione temporis non era rilevante ai fini delle
fattispecie esaminate dalla sopra richiamata giurisprudenza di
legittimità) ,non costituisce un mero (anche se determinante) passaggio
definitorio, ma rientra nell’ambito di una più ampia perimetrazione dei
compiti e delle funzioni delle autorità portuali, come desumibili non
solo dalla legge di riordino del 1984, ma anche dai commi che nell’art.
1 della legge n. 296 del 2006 precedono il detto c. 993 (commi 98299). A questa riperimetrazione il legislatore associa una serie di
innovazioni normative che vanno tutte nel senso di privilegiare la
funzione di soggetto regolatore e non produttore dei servizi portuali,
sul piano non solo funzionale, ma anche finanziario. Così ciascuna
autorità diviene titolare del gettito di alcune tasse concernenti il traffico
portuale (c. 982, 985 e 987) e può attingere ad un fondo perequativo
istituito presso il Ministero dei Trasporti, cui è assegnato il potere di
indirizzo e verifica sulla sua attività (c. 983). Inoltre, l’autonomia
finanziaria è supportata da interventi di carattere amministrativo
rimessi al Governo ed al Ministero dei Trasporti (c. 989-990).
Questo nuovo disegno normativo attenua l’immagine di
autonomi soggetti economici operanti in condizioni di mercato, a tutto
vantaggio della riconduzione delle autorità nell’ambito della Pubblica
Amministrazione e, segnatamente, nell’ambito dì azione del Ministero
dei Trasporti, al cui potere di indirizzo e programmazione esse
vengono sottoposte. La nuova disciplina, inoltre, accentua la
dipendenza finanziaria delle autorità dallo stesso Ministero, che non
solo è parte del concerto governativo per la determinazione della quota
dei tributi ad esse spettanti (c. 990), ma è addirittura titolare di un
fondo perequativo alle stesse riservato (c. 983). A queste condizioni la
disposizione del c. 993, nel riconoscere la natura di enti pubblici non
economici alle autorità portuali, più che dare una interpretazione
autentica della normativa vigente, prende atto del loro definitivo
mutamento funzionale nell’ambito della Pubblica Amministrazione.
Tale natura giuridica (riconosciuta anche dalla Sezione centrale
di controllo della Corte dei conti con la deliberazione disiki del
17.06.10) riconduce, pertanto, le autorità portuali nell’ambito
soggettivo delle pubbliche amministrazioni indicate dall’art. 1, c. 2, del
d.155,n. 165 del 2001 e, per quanto qui interessa, alla devoluzione della
controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi
dell’art. 63, c. 4, dello stesso d.lgs. 165. E’ pertanto infondato il primo
motivo di ricorso.

Per questi motivi
La Corte così provvede:
– riunisce ì ricorsi n. 15671/12 r.g. e n. 25060/12 r.g.,
dichiarando inammissibile il primo ed inefficace il relativo ricorso
incidentale;
– rigetta il secondo ricorso con assorbimento dell’incidentale e
dichiarazione della giurisdizione del giudice amministrativo;
– condanna la ricorrente principale alle spese del giudizio di
legittimità, che liquida in € 200 (duecento) per esborsi ed in € 3.000
(tremila) per compensi, oltre Iva e Cpa.
Così deciso in Roma il 14 maggio 2013
Il Presideps n

14.- Con il secondo motivo parte ricorrente sostiene che il
Consiglio di Stato, affermando che le eccezioni di tardività del ricorso
straordinario possono essere proposte solamente nell’ambito del
procedimento attivato da quel ricorso, avrebbe negato la tutela
giurisdizionale. Tale motivo è inammissibile, atteso che il Consiglio di
Stato pronunziando sulle eccezioni in questione, lungi dal negarla, ha
esercitato la giurisdizione nella sua interezza. Il motivo, invece, per la
sua formulazione e la sua trattazione, si risolve in una mera
contestazione del principio di diritto adottato dal Consiglio di Stato,
mirando ad ottenere in questa sede una inammissibile nuova decisione.
15.- In conclusione, infondato il primo motivo ed inammissibile
il secondo, il ricorso n. 25060/12 deve essere rigettato, con
dichiarazione della giurisdizione del giudice amministrativo ed
assorbimento del ricorso incidentale,t0m4za.dKo
16.- La ricorrente Ferrara deve essere condannata alle spese del
presente giudizio di legittimità nella misura di seguito indicata, mentre
nulla deve disporsi per le spese in favore dell’Autorità portuale di
Cagliari, non avendo essa svolto attività difensiva.
I compensi professionali vanno liquidati in €. 3.000 sulla base del
d.m. 20.07.12 n. 140, tab. A-Avvocati, con riferimento a due delle tre
fasi previste per il giudizio di cassazione (studio ed introduzione del
giudizio) ed allo scaglione del valore indeterminato.

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