Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17929 del 24/07/2013


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Civile Sent. Sez. U Num. 17929 Anno 2013
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: DI CERBO VINCENZO

Data pubblicazione: 24/07/2013

SENTENZA

sul ricorso 10516-2012 proposto da:
PISTOLESI CLAUDIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA LATTANZIO 66, presso lo studio dell’Avvocato
ESPOSITO MARIO, che lo rappresenta e difende per
delega in calce al ricorso;
– ricorrente –

contro

FEDERAZIONE ITALIANA TENNIS – F.I.T., in persona del
Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 2, presso lo studio
dell’avvocato CLARIZIA ANGELO, che la rappresenta e

delega a margine del controricorso;
COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO – C.O.N.I., in
persona del Presidente pro-tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE PISANELLI 2, presso
lo studio dell’avvocato ANGELETTI ALBERTO, che lo
rappresenta e difende per delega a margine del
controricorso;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 302/2012 del CONSIGLIO DI
STATO, depositata il 24/01/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/04/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO
DI CERBO;
uditi gli avvocati ESPOSITO MARIO, ANGELETTI ALBERTO,
CLARIZIA ANGELO, PELLEGRINO CIRO;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
PASQUALE PAOLO MARIA CICCOLO che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

difende unitamente all’avvocato PELLEGRINO CIRO, per

10516.2012

Sezioni Unite Civili

Udienza 23 aprile 2013

Svolgimento del processo

2. All’esito del procedimento disciplinare egli ha impugnato dinanzi al TAR Lazio la
decisione con cui la Corte Federale della FIT gli aveva inflitto la sanzione pecuniaria
di Euro 10.000 e la sanzione dell’inibizione per un anno e sei mesi a ricoprire
cariche federali e a svolgere l’attività di tecnico; le suddette sanzioni gli erano state
irrogate sull’assunto che egli avesse commesso l’illecito sportivo di cui agli artt. 1 e
7 del Regolamento di giustizia della Federazione, considerato aggravato, ai sensi
dell’art. 41 bis, n. 3, lett. I, dello stesso regolamento, per il fatto che al momento
della sua commissione il Pistolesi ricopriva la carica di tecnico federale. Il Pistolesi
ha impugnato altresì il regolamento dei tecnici nella parte in cui è previsto che: 1)
possono insegnare presso i circoli sportivi affiliati solamente i tecnici iscritti all’albo
o negli elenchi tenuti dalla FIT (art. 2); 2) ai suddetti circoli sportivi è vietato
rigorosamente sia di utilizzare tecnici non qualificati dalla FIT per i corsi collettivi e
per le lezioni individuali, sia di consentire sui propri impianti l’insegnamento che il
regolamento vieta, con la commminatoria, in caso di violazione di dette
prescrizioni, di sanzioni disciplinari a carico sia del circolo sportivo che dei suoi
dirigenti (art. 3); 3) i tecnici non possono prestare la loro collaborazione o riceverla
da persone che non siano in possesso di una qualifica FIT.
3. Il TAR Lazio ha disatteso l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposto avverso
la decisione disciplinare nonché le eccezioni di inammissibilità e irricevibilità
dell’impugnazione del regolamento dei tecnici FIT e, in accoglimento del ricorso, ha
annullato gli atti sopra indicati. Con la stessa sentenza il TAR ha peraltro rigettato
la domanda risarcitoria proposta dal Pistolesi.
4. Avverso tale sentenza la FIT ha proposto appello deducendone l’erroneità; la
statuizione concernente il rigetto della domanda risarcitoria non è stata impugnata
dal Pistolesi.
5. Con sentenza in data 24 gennaio 2012 il Consiglio di Stato ha accolto l’appello e per
l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato in parte inammissibile e
in parte irricevibile il ricorso di primo grado proposto dal Pistolesi. Richiamata la
disciplina fissata dal decreto-legge n. 220 del 2003 convertito in legge n. 280 del
2003, ed i principi elaborati in subjecta materia da Corte cost. 7 febbraio 2011 n.
49, il Consiglio di Stato, premesso che, in base ai suddetti principi, l’impugnazione
della sanzione disciplinare poteva essere conosciuta dal giudice amministrativo
soltanto in via incidentale al fine di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta
dal destinatario della sanzione, ha ritenuto di non poter esaminare, nel caso di
specie, la domanda risarcitoria non essendo stato proposto appello incidentale
avverso il capo della sentenza impugnata che aveva rigettato tale domanda. Sotto
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1. Claudio Pistolesi, già tesserato e tecnico della Federazione Italiana Tennis (di
seguito FIT), dimessosi in data 6 novembre 2008, è stato sottoposto a
procedimento disciplinare per talune affermazioni, considerate offensive, espresse
nei confronti del presidente della Federazione.

6. Avverso la sentenza del Consiglio di Stato Claudio Pistolesi ha proposto ricorso a
queste Sezioni Unite ai sensi dell’art. 111 Cost. chiedendo che venga dichiarata la
giurisdizione del giudice amministrativo. La FIT e il CONI hanno resistito con
autonomi controricorsi.
7. Tutte le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.

Motivi della decisione
8. Con l’unico, articolato motivo di ricorso vengono denunciate violazione e falsa
applicazione degli artt. 1, 2 e 3 d.l. n. 220 del 2003 sopra citato, dell’art. 133,
comma 1, lett. 2), del d.lgs. n. 104 del 2010 e degli artt. 2, 3,18, 24,102,103 e 113
Cost. Deduce il ricorrente che il Consiglio di Stato avrebbe dovuto affermare la
propria giurisdizione esclusiva non solo in tema di impugnazione dei regolamenti
dedotti in giudizio, ma anche sulla sanzione disciplinare atteso che questa non
aveva carattere sportivo, correlata cioè all’infrazione di regole tecniche dettate a
garanzia del regolare svolgimento dell’attività consentita all’associato bensì
endoassociativa, correlata cioè a doveri di contegno imposti nelle relazioni tra i
tesserati e gli organi federali al di fuori del contesto sportivo. Deduce in sostanza
che dalla lettura dell’art. 2, comma 1, lett. a) e b) del citato d.l. n. 220 del 2003 si
evince che è riservata all’ordinamento sportivo la potestà precettiva e
sanzionatoria esclusivamente nell’ambito dello svolgimento delle attività sportive.
Nel caso in esame la sanzione impugnata resta estranea, ad avviso del ricorrente,
alla riserva sportiva sia perché non ha né genesi né effetti tecnico-sportivi afferenti
alle regole del gioco in campo, sia perché coinvolge diritti personalissimi, morali e
patrimoniali rilevanti, per loro natura, nell’ordinamento statale. Ad avviso del
ricorrente l’interpretazione accolta dalla Corte Costituzionale e dal Consiglio di Stato
nella sentenza impugnata comporta, con riferimento alla giurisdizione in materia di
sanzioni disciplinari, il sospetto di illegittimità costituzionale in quanto esclude,
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altro profilo ha considerato irrilevante, ai fini della sussistenza della giurisdizione
del giudice amministrativo, la circostanza che a far data dal 6 novembre 2008 il
ricorrente in primo grado si era dimesso da tesserato e da tecnico della
Federazione. E infatti i momenti ai quali occorre far riferimento ai fini della
giurisdizione, sono quello in cui si è verificato il fatto contestato e quello
relativamente al quale è avvenuta la relativa contestazione con l’inizio del
procedimento disciplinare, momenti che nel caso di specie sono precedenti le
dimissioni. Con riferimento al profilo concernente l’impugnazione del regolamento
dei tecnici FIT il Consiglio di Stato riteneva la tardività di tale impugnazione.
Premesso che le previsioni del Regolamento, approvate con delibera del presidente
del CONI in data 10 giugno 1992, avevano immediata portata precettiva e non
avevano bisogno pertanto di atti applicativi, affermava che il momento a partire dal
quale le suddette disposizioni hanno rivelato l’attitudine a determinare una lesione
attuale degli interessi dell’appellato doveva essere individuato nella data dell’atto
delle dimissioni e cioè quando, non facendo parte dell’ordinamento sportivo, il
ricorrente in primo grado aveva perso la possibilità di insegnare nei circoli sportivi
affiliati. Sotto questo profilo pertanto il ricorso doveva considerarsi irricevibile in
quanto tardivo.

irragionevolmente e in violazione del principio di uguaglianza, la possibilità di agire
dinanzi agli organi della giustizia amministrativa per avere piena ed effettiva tutela
dei diritti e degli interessi legittimi. Il vizio di legittimità costituzionale è anche
ravvisabile, ad avviso del ricorrente, nel privilegio della autodichia concessa alle
federazioni sportive, privilegio che l’ordinamento statale nega ad altre associazioni
anche dotate di rilievo costituzionale come sindacati e partiti. Chiede pertanto che,
previa sospensione del processo, gli atti vengano rimessi alla Corte Costituzionale
affinché decida sulla questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 del
citato d.l. n. 220 del 2003, convertito in legge n. 280 del 2003 e dell’art. 133,

9.

Nei controricorsi di FIT e CONI la tesi del ricorrente viene contestata sotto vari
profili. In entrambi i controricorsi viene preliminarmente eccepita l’inammissibilità
del ricorso in quanto esso ha ad oggetto non già una questione di giurisdizione, ma
riguarda la questione della configurabilità, o meno, di una situazione giuridicamente
rilevante e tutelabile. Ed infatti col ricorso si richiede non già l’individuazione del
giudice competente a conoscere della controversia bensì di stabilire se la
controversia sia o meno sottratta alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria in quanto
originata da una decisione di una federazione sportiva. Nel controricorso FIT si
eccepisce inoltre l’inammissibilità del ricorso anche sotto un diverso profilo:
l’invocata giurisdizione statale per le controversie aventi ad oggetto atti del CONI o
delle Federazioni Sportive Nazionali sussiste solo dopo che sono stati esauriti i gradi
della giustizia sportiva e fatte salve le eventuali clausole compromissorie; nel caso
di specie il Pistolesi non aveva esaurito, prima della presentazione del ricorso al
TAR, i rimedi previsti dalla giustizia sportiva (art. 59, comma 2, dello statuto della
FIT)

10. L’eccezione di inammissibilità del ricorso proposta da entrambi i controricorrenti
deve essere accolta.
11.Come è noto la materia è regolata dal decreto-legge n. 220 del 2003 convertito in
legge n. 280 del 2003; in particolare l’art. 1 garantisce, da un lato, l’autonomia
dell’ordinamento sportivo e, dall’altro, consente la piena tutela delle situazioni
giuridiche soggettive che, sebbene connesse con quell’ordinamento, sono rilevanti
per l’ordinamento giuridico della Repubblica; l’art. 2 riserva all’ordinamento
sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l’osservanza
dell’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie
dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni; b) i comportamenti
rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione e applicazione delle relative sanzioni
disciplinari sportive (Cass. S.U. 23 marzo 2004 n. 5775 ha parlato in proposito di
“vincolo sportivo”, in base al quale le società, le associazioni, gli affiliati ed i
tesserati hanno l’onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti
del Coni e delle federazioni sportive indicate nel d.lgs. n. 242 del 1999, artt. 15 e
16, gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi del secondo comma del
citato art. 2); l’art. 3 stabilisce che esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma
restando la giurisdizione del giudice ordinario in materia di rapporti patrimoniali tra
società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del
Comitato Olimpico Nazionale Italiano o delle federazioni sportive non riservata agli
organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’art. 2 è disciplinata dal
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comma 1, lett. 2), d.lgs. n. 104 del 2010.

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la tutela relativa a tutto ciò che,
per un verso, non concerne i rapporti patrimoniali e, per altro verso non rientra
nell’esclusiva cognizione degli organi della giustizia sportiva. La stessa Corte
costituzionale ha quindi precisato che, laddove il provvedimento adottato dalle
federazioni sportive o dal CONI abbia incidenza anche su situazioni giuridiche
soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale, la domanda volta a ottenere
non già la caducazione dell’atto, ma il conseguente risarcimento del danno, debba
essere proposta innanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva,
non operando alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, dinanzi alla quale la
pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere.
12. Nel caso di specie, come si evince chiaramente dal ricorso proposto dal Pistolesi, il
problema che viene sottoposto all’esame di queste Sezioni Unite non è quello di
individuare il giudice (ordinario o amministrativo) competente a conoscere della
controversia de qua, bensì, a ben vedere, quello di stabilire se la controversia,
originata dalla decisione della Corte Federale FIT di infliggere ad un tesserato una
determinata sanzione – pecuniaria e di contenuto inibitorio (divieto di ricoprire
cariche federali e di svolgere attività di tecnico per un anno e sei mesi) – in
relazione alla commissione di un illecito sportivo, sia riservata, o meno,
all’autonomia dell’ordinamento sportivo e, in quanto tale, sia sottratta alla
giurisdizione dell’autorità giudiziaria, in un contesto nel quale la domanda di
risarcimento del danno, originariamente formulata e rigettata in primo grado, non è
più materia controversa.
13 Queste Sezioni Unite (Cass. S.U. 4 agosto 2010 n. 18052), pronunciandosi su una
fattispecie analoga (nella specie era stato dedotto il difetto assoluto di giurisdizione
di qualsiasi giudice statale a conoscere della legittimità dell’estromissione
dall’attività di un arbitro decisa dalla Associazione Italiana Arbitri e dalla
Federazione Gioco Calcio) hanno affermato il principio che la giustiziabilità della
pretesa dinanzi agli organi della giurisdizione statale costituisce una questione non
di giurisdizione, ma di merito ed hanno conseguentemente dichiarato
l’inammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione, col quale il ricorrente
aveva allegato che né il giudice amministrativo, né quello ordinario, né alcun altro
giudice statale erano competenti a conoscere della controversia. Tale principio di
diritto, al quale ha fatto esplicito riferimento anche la Corte costituzionale nella più
volte citata sentenza n. 49 del 2011, si pone in piena coerenza con precedenti
pronunce di queste Sezioni Unite secondo le quali la questione della configurabilità,
o meno, di una situazione giuridicamente rilevante e tutelabile non rientra tra le
questioni di giurisdizione, costituendo, invece, questione di merito, che deve essere
pertanto rimessa alla valutazione del giudice del merito (Cass. S.U. 15 giugno 1987
n. 5256, Cass. S.U. 23 marzo 2004 n. 5775). Il principio è stato sviluppato, in
particolare, con riferimento alle federazioni sportive ed è stato dichiarato che la
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codice del processo amministrativo. La Corte costituzionale (Corte cost. n. 49 del
2011) ha precisato che le norme sopra citate prevedono tre forme di tutela: a) per i
rapporti di carattere patrimoniale tra le società sportive, le associazioni sportive, gli
atleti e i tesserati la tutela è demandata alla cognizione del giudice ordinario; b) per
le questioni aventi ad oggetto le materie di cui all’art. 2 del citato decreto legge n.
220 del 2003 la tutela non è apprestata da organi dello Stato ma da organismi
interni all’ordinamento sportivo; c) in via tendenzialmente residuale è devoluta alla

censura diretta ad escludere ogni forma di tutela giurisdizionale nei confronti di
provvedimenti della FIGC, costituisce questione di merito (Cass. S.U. 29 settembre
1997 n. 9550).
14.Sulla base del suddetto principio, che deve essere pienamente ribadito in questa
sede, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, come correttamente eccepito
dai controricorrenti, con l’ulteriore conseguenza che non possono essere esaminate
le eccezioni di illegittimità costituzionale formulate dal ricorrente.

giustizia compensare integralmente fra tutte le parti costituite le spese del giudizio
di cassazione.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 aprile 2013.

15.Tenuto conto della complessità della materia esaminata si ritiene conforme a

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