Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17927 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. III, 04/07/2019, (ud. 06/05/2019, dep. 04/07/2019), n.17927

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15709-2018 proposto da:

SAN PAOLO SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore

C.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LOMBARDIA 23/C,

presso lo studio dell’avvocato ENRICO GUIDI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MARIO CORDELLA;

– ricorrente –

contro

P.V., P.A., P.G.,

P.P.G., domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONIO

MICHELE ALFONSO;

– controricorrenti –

e contro

P.A., P.V., P.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 209/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 12/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/05/2019 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

RILEVATO

che:

i coniugi P.P.G. e Pa.Ra. chiesero al Tribunale di Sassari di essere autorizzati a procedere a sequestro conservativo in danno della San Paolo s.r.l. in liquidazione, a garanzia del credito conseguente ad infiltrazioni di umidità manifestatesi al piano interrato di un immobile che i primi avevano acquistato dalla seconda;

autorizzato ed eseguito il sequestro conservativo, il P. e la Pa. convennero in giudizio la San Paolo s.r.l. per ottenere la convalida del sequestro e, nel merito, per sentire condannare la convenuta alla eliminazione delle infiltrazioni, ovvero alla riduzione del prezzo, nonchè al risarcimento dei danni;

la convenuta si costituì in giudizio eccependo, fra l’altro, la prescrizione dell’azione di garanzia ex art. 1495 c.c.;

il Tribunale inquadrò la domanda proposta dagli attori nell’ambito della garanzia ex art. 1490 c.c. e ss., dichiarando inammissibile la domanda ex art. 1669 c.c. (ritenendola tardiva in quanto proposta per la prima volta nella comparsa conclusionale), respinse l’eccezione di prescrizione ex art. 1495 c.c. (in quanto i vizi erano stati riconosciuti per effetto di un intervento di riparazione da parte di un socio della società convenuta) e condannò la San Paolo s.r.l. al pagamento della somma di Euro 77.468,50, oltre accessori;

la Corte di Appello rigettò il gravame proposto dalla società soccombente;

con sentenza n. 22690/2015, questa Corte cassò la sentenza rinviando alla Corte territoriale perchè si adeguasse al principio di diritto di cui a Cass., S.U. n. 19702/2012 (in ordine all’insuperabilità della prescrizione annuale ex art. 1495 c.c. per effetto del solo riconoscimento dei vizi della cosa venduta) e, altresì, in caso di “rigetto dell’azione nei termini (garanzia nella vendita) in cui la Corte di Appello l’aveva qualificata”, perchè verificasse “se la domanda iniziale fosse qualificabile in linea alternativa o subordinata, e comunque compatibile, con la prima istanza, quale azione risarcitoria ex art. 1669 c.c., allorchè venne introdotta”;

pronunciando in sede di rinvio, la Corte di Appello di Cagliari ha rilevato che “l’esame dell’eccezione di prescrizione ex art. 1495 c.c. deve ritenersi assorbito dalla espressa rinuncia della relativa azione da parte degli odierni ricorrenti”, dovendosi pertanto “circoscrivere questa sede esclusivamente alla possibilità di qualificare l’azione originariamente proposta dai P., con atto di citazione del 9 gennaio 1992, quale azione di responsabilità ex art. 1669 c.c.”; ciò premesso, ha considerato che “l’esame dell’azione di responsabilità ex art. 1669 c.c. non può essere precluso dal fatto che i ricorrenti non l’abbiano specificamente qualificata come tale nell’atto di citazione, spettando al giudice di merito, sulla base del petitum e del thema decidendum, qualificare giuridicamente la domanda avuto riguardo all’interesse delle parti in causa”, ed ha concluso che “l’azione esercitata può correttamente essere qualificata come azione ex art. 1669 c.c.”, esercitabile anche nei confronti del costruttore venditore, e che “nel merito la domanda è meritevole di accoglimento”; ha pertanto condannato la San Paolo s.r.l. al pagamento della somma di Euro 77.468,50 “rivalutata secondo indici ISTAT dal 1988 all’attualità oltre interessi legali maturati sulla somma via via rivalutata anno per anno fino al saldo”;

ha proposto ricorso per cassazione la San Paolo s.r.l. in liquidazione, affidandosi a tre motivi; hanno resistito, con controricorso, P.P.G. nonchè A., V. e P.G. (già costituiti in sede di merito quali eredi della Pa.);

la ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e degli artt. 324,329,333 e 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4: la ricorrente rileva che la statuizione del Tribunale circa la tardività della domanda ex art. 1669 c.c. non era stato oggetto di impugnazione incidentale da parte dei P. e doveva pertanto ritenersi coperta da giudicato; assume che la Corte di rinvio “aveva un vero e proprio preliminare dovere di accertare e pronunciare (anche d’ufficio) tale maturata preclusione cioè anche prima di pronunciarsi circa l’ulteriore accertamento ad essa demandato dalla C. Cassazione, circa la “compatibilità” della diversa azione, relativa ad appalto rispetto alla garanzia da vendita”; conclude pertanto che “la C. Appello di Cagliari, sebbene espressamente richiesta sul punto, ha violato comunque le norme relative al giudicato, formatosi in relazione alla tardività ed inammissibilità dell’azione ex art. 1669 c.c., introdotta dai P., soltanto con gli atti finali degli attori, dopo la chiusura dell’istruzione nel processo avanti al Tribunale di Sassari”;

il secondo motivo denuncia nullità della sentenza e/o del procedimento in relazione agli artt. 99,100,112,183,184 e 345 c.p.c.: assume la ricorrente che, “qualora si dovesse ritenere che non risultassero già preclusi dal giudicato l’esame e la decisione circa la possibilità di reinterpretazione della domanda inizialmente proposta dai P., quale comprensiva di una diversa qualificazione”, la Corte di Appello avrebbe dovuto “comunque applicare le normative di diritto invocate, nonchè anche rispettare le norme processuali, relative ai tempi e ai modi (tassativi) con cui proporre le (eventuali) precisazioni e modificazioni rispetto alle domande, inizialmente formulate in causa”; ciò premesso, reitera la considerazioni sulla necessità che i P. impugnassero il capo della sentenza di primo grado “inerente alla tardività ed inammissibilità della (nuova) domanda dei P., relativa alla garanzia ex art. 1669 c.c.” e che il giudicato interno così formatosi precludeva una nuova pronuncia sul punto; evidenzia che nel caso di specie si era configurata “una vera e propria “mutatio libelli” vietata dall’art. 345 c.p.c.”, attesa la diversità fra la domanda di garanzia contrattuale ex art. 1492 c.c. e quella extracontrattuale ex art. 1669 c.c., e che la pronuncia sulla seconda domanda comportava una “violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio”; sostiene che “al giudice di rinvio, era anche inibita la “reformatio in pejus” della sentenza, posto che (…) doveva intendersi precluso l’esame e, tanto più, la decisione in modifica del capo deciso, cioè circa la tardiva formulazione della domanda di garanzia ex art. 1669 c.c.”; conclude che la Corte di rinvio “doveva rilevare la preclusione derivante dal giudicato e/o comunque decidere la tardività ed inammissibilità della domanda (nuova) relativa alla garanzia extracontrattuale di cui all’art. 1669 c.c. e la “mutatio libelli””;

il terzo motivo deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, nonchè la “violazione dei diritti costituzionali garantiti e dei principi generali del giusto processo (Cost. 3-24-111) (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) ed anche degli artt. 100,112,183,325,329 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”: la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata ha completamente omesso la “motivazione relativa al punto nodale della vicenda, e cioè l’ammissibilità (o meno) della domanda (nuova) relativa alla garanzia ex art. 1669 c.c. – e/o la “compatibilità” di tale domanda con quanto prospettato e risultante dagli atti iniziali del giudizio in relazione alla pregiudiziale valutazione della sua ammissibilità, a fronte dell’eccezione di giudicato, sollevata dalla società”; assume che la motivazione “è solo apparente” e, senza confrontarsi con le deduzioni difensive svolte dall’odierna ricorrente, è fondata “esclusivamente sulla valutazione semantica degli atti iniziali del giudizio, per attribuire così una valenza “compatibile” ad una diversa qualificazione della domanda, rispetto a quella iniziale percepibile nella sostanza”; evidenzia, altresì, il pregiudizio subito dalla San Paolo s.r.l. per non aver potuto svolgere “una effettiva difesa (su fatti mai allegati) senza possibilità di chiamare in causa terzi (…) e pur avendo essa (…) sempre rifiutato l’estensione (tardiva) del contraddittorio a questioni nuove e domande inammissibili”;

i motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto condividono – seppure sotto diversi profili – l’assunto dell’esistenza di un giudicato interno sulla tardività della domanda ex art. 1669 c.c., che sarebbe preclusivo della possibilità di riqualificare la domanda originaria come comprensiva della garanzia extracontrattuale;

l’assunto della ricorrente è infondato dato che – come rilevato dalla pronuncia rescindente – i P., che erano risultati interamente vincitori in primo grado, non avevano l’onere di impugnare la statuizione sulla tardività della domanda ex art. 1669 c.c., essendo sufficiente che riproponessero tale domanda – come avevano fatto – nel giudizio di appello;

nè va sottaciuto che la statuizione del Tribunale di Sassari che aveva dichiarato tardiva la domanda ex art. 1669 c.c.aveva fatto riferimento alla domanda espressa formulata in sede di comparsa conclusionale, senza occuparsi della possibilità – affermata dalla Cassazione di rinvio – di riqualificare la domanda originaria per verificare se la stessa contenesse già in sè la domanda extracontrattuale;

tanto premesso, deve ulteriormente considerarsi che:

i primi due motivi sono “eccentrici” rispetto alla ratio decidendi, che è incentrata sul rilievo che la domanda attorea comprendeva – ab origine – la domanda ex art. 1669 c.c.; risultano pertanto irrilevanti le censure che presuppongono una formulazione successiva (e tardiva) della domanda di garanzia extracontrattuale;

nè può ritenersi – in relazione al secondo e al terzo motivo – che vi sia stata violazione di norme processuali (segnatamente sotto i profili della mutatio libelli e della violazione del contraddittorio) una volta che si affermi – come ha fatto la Corte di rinvio – che la domanda ex art. 1669 c.c. era stata formulata fin dall’inizio del giudizio;

in relazione al terzo motivo, deve escludersi che ricorra l’omesso esame di fatti decisivi per avere la Corte disatteso gli elementi individuati dalla San Paolo a sostegno dei propri assunti; nè può ritenersi che la motivazione sia meramente apparente, giacchè la sentenza impugnata ha individuato il percorso argomentativo che l’ha condotta a ritenere compresa nell’originaria domanda la richiesta di garanzia extracontrattuale; va esclusa, infine, la possibilità di sindacare l’approdo interpretativo compiuto dalla Corte di rinvio, che costituisce apprezzamento di merito non sindacabile ove – come nel caso – adeguatamente motivato;

le spese di lite seguono la soccombenza;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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