Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17926 del 30/07/2010
Cassazione civile sez. VI, 30/07/2010, (ud. 02/07/2010, dep. 30/07/2010), n.17926
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –
Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –
Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO COGEI COSTRUZIONI GENERALI ITALIANE SPA in persona del
Curatore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI 191,
presso lo studio dell’avvocato VOLPI ROBERTO, che lo rappresenta e
difende, giusta delega in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3010/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA del
19.5.09, depositata il 20/07/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
02/07/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;
udito per la controricorrente l’Avvocato Roberto Volpi che si riporta
agli scritti con condanna alle spese;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. LIBERTINO
ALBERTO RUSSO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e’ del seguente tenore: “1. – E’ impugnata la sentenza della corte d’appello di Roma 20.7.2009.
Il caso deciso dalla corte d’appello presenta questi tratti.
In un contratto di appalto di lavori pubblici intercorrente con una associazione temporanea di imprese, in una situazione in cui, al momento del pagamento era intervenuto il fallimento di una delle societa’ mandanti, l’amministrazione appaltante, per lavori eseguiti prima della dichiarazione di fallimento, ha eseguito pagamenti alla societa’ capogruppo mandataria, la societa’ Saipem (SAILEM s.p.a.:
n.d.r.). La corte d’appello ha accolto la domanda del fallimento della mandante CO.GE.I. ed ha condannato l’amministrazione appaltante a rinnovare in suo favore il pagamento gia’ fatto.
2. – Il principio di diritto su cui e’ fondata la decisione della corte d’appello si puo’ riassumere cosi’:
– nell’appalto di opere pubbliche convenuto con una ATI, secondo la disciplina dettata dal D.Lgs. 19 dicembre 1991, n. 406, artt. 23 e 25 il fallimento di una delle imprese mandanti non comporta per se’ scioglimento del contratto di appalto, alla cui esecuzione resta obbligato il mandatario; tuttavia, in base alla L. Fall., art. 78 – nel testo anteriore alle modifiche del 2006 – il fallimento della societa’ mandante comporta lo scioglimento del rapporto di mandato, con la conseguente inefficacia nei confronti del fallimento del mandante dei pagamenti fatti al mandatario.
3. – La sentenza e’ impugnata con due motivi.
E’ denunciata la violazione delle norme prima richiamate.
4. – Il ricorso puo’ essere esaminato in camera di consiglio ed esservi dichiarato infondato, se sono condivise le considerazioni che seguono.
5. -Le disposizioni dettate dalla L. Fall., art. 78 nel testo introdotto dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, art. 64 non sono applicabili nel caso, perche’ la dichiarazione di fallimento e’ del 1998.
6. – Il D.Lgs. 19 dicembre 1991, n. 406, art. 23, comma 8 non ha introdotto alcuna deroga alla L. Fall., art. 78 (Cass. 17.10.2008 n. 25368; 15.1.2000 n. 421).
7. – La giurisprudenza della Corte non presenta un precedente specifico in tema di opponibilita’ al fallimento della societa’ mandante in una ATI del pagamento del corrispettivo dell’appalto eseguito dall’amministrazione appaltante alla societa’ capogruppo mandataria.
Presenta tuttavia il precedente costituito da Cass. 30.1.2003 n. 1396 in tema di effetti del fallimento di societa’ mandante in una ATI. Il principio di diritto che vi e’ stato enunciato si rivela pero’ applicabile anche nel caso in esame.
E’ il seguente: – In tema di associazione temporanea di – imprese per gli appalti di opere pubbliche (D.Lgs. 19 dicembre 1991, n. 406, art. 22 e segg. e ora D.P.R. 21 dicembre 199, n. 554, art. 93 e segg. la dichiarazione di fallimento dell’impresa mandante comporta, con l’uscita di essa dal rapporto e dal concorso nell’esecuzione dell’appalto, il venir meno, nei suoi confronti, dei poteri gestori e rappresentativi che competono all’impresa mandataria capogruppo”.
2. – La relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata alle parti costituite, le quali hanno depositato memorie.
3. Il collegio, esaminati gli scritti delle parti, discussa la relazione e considerati gli argomenti che vi sono stati svolti, l’ha condivisa.
3.1.- Con la memoria il Ministero ricorrente deduce che il precedente richiamato nella relazione si riferisce a fattispecie diversa da quella decisa in questa causa.
3.2.- Il rilevo concernente la non pertinenza del precedente richiamato contrasta con gli argomenti valorizzati da Cass. 1396/2003 nella motivazione, al par. 4.3, ove si evidenzia che se “l’impresa fallita non puo’ piu’ concorrere all’esecuzione dell’appalto, viene meno il presupposto che giustifica la sua partecipazione all’associazione temporanea e al rapporto di mandato che la sottende, essendo l’uno e l’altro rapporto posti in essere proprio al fine di consentire la partecipazione coordinata delle imprese riunite alla realizzazione dell’opera appaltata. Del resto, in base ai principi, il mandato si scioglie per il fallimento di una delle parti (L. Fall., art. 78). Non varrebbe osservare in contrario che, in questo caso, il mandato e’ irrevocabile e che tale irrevocabilita’ e’ ancora piu’ rigida di quella risultante dalle norme generali sul mandato …
poiche’ tale carattere non e’ stabilito nell’interesse del mandatario, ma di un diverso soggetto (l’amministrazione appaltante) che, per espressa disposizione di legge, puo’ proseguire il rapporto di appalto solo con un’impresa diversa da quella fallita … e non puo’, quindi, avere alcun interesse apprezzabile alla permanenza di detta impresa nel raggruppamento. La permanenza dei poteri gestori e rappresentativi dell’impresa mandataria anche nei confronti dell’impresa mandante fallita e’ comunque chiaramente inconciliabile con le norme che disciplinano l’amministrazione del patrimonio fallimentare e prevedono che debba essere inderogabilmente affidata al curatore (L. Fall., art. 31). Ma non meno incongrua ed irragionevole sarebbe la persistenza del mandato in caso di fallimento dell’impresa mandataria, poiche’ cio’ porterebbe a ritenere detta impresa legittimata a riscuotere i crediti maturati anche in nome e per conto delle imprese mandanti le quali, conseguentemente, potrebbero ottenere il pagamento delle loro competenze solo insinuandosi al passivo e, quindi, in moneta fallimentare, pur essendo tenute a rispondere per l’intero, quale coobbligate solidali, di eventuali debiti dell’impresa mandataria verso dell’amministrazione appaltante” (Sez. 1, Sentenza n. 1396 del 2003).
4. – Il ricorso e’ rigettato.
Le spese del giudizio di legittimita’ – liquidate in dispositivo – vanno poste a carico dell’Amministrazione soccombente.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il Ministero ricorrente al pagamento in favore della curatela resistente delle spese processuali del giudizio di legittimita’, spese che liquida in complessivi Euro 6.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori come per legge.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile della Corte suprema di cassazione, il 2 luglio 2010.
Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2010