Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17926 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. III, 04/07/2019, (ud. 06/05/2019, dep. 04/07/2019), n.17926

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7889-2018 proposto da:

L.L., in proprio, NETWORK & COMUNICATION SAS in persona

del Liquidatore pro tempore L.L., elettivamente domiciliato

in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 114, presso lo studio dell’avvocato

LUIGI PARENTI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.G.M., LI.PI.GA., V.R.,

G.L., A.S., domiciliati ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato NICOLA DE PIETRO;

– controricorrente –

e contro

LI.PI.GA., V.R., A.S.,

D.G.M., VI.FR., D.V., D.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 812/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/05/2019 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

RILEVATO

che:

a seguito di azione promossa da G.L., Li.Pi.Ga., V.R., A.S. e D.G.M., tutti acquirenti di una quota ciascuno della s.a.s. Network & Comunication, il Tribunale di Lecce condannò la società e il liquidatore L.L. a pagare agli attori, a titolo di risarcimento dei danni, la somma di 25.000,00 Euro;

provvedendo sull’appello principale della s.a.s. Network & Comunication e del L. e su quello incidentale degli originari attori, la Corte di Appello di Lecce ha ridotto a 16.915,57 Euro l’importo del risarcimento ed ha escluso che gli appellanti incidentali fossero tenuti al rimborso della metà delle spese di c.t.u. (come disposto dal primo giudice), condannando gli appellanti principali a rimborsare gli importi nel frattempo versati;

hanno proposto ricorso per cassazione la Network & Comunication s.a.s. e L.L., affidandosi a quattro motivi illustrati da memoria; hanno resistito gli intimati, con unico controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, i ricorrenti deducono la violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1: evidenziano “come la motivazione si sostanzi in un laconico e integrale richiamo alla motivazione fornita dal Giudice di prime cure il quale, a sua volta, aveva motivato in ordine alle domande proposte da parte attrice attingendo alle sole risultanze della CTU”, ricorrendo pertanto una motivazione per relationem che “non consente di far comprendere le motivazioni per le quali le censure mosse dall’appellante non hanno convinto il Giudice di Appello”;

il motivo è infondato: lungi dal recepire acriticamente la sentenza di prime cure, la Corte di Appello non ha fondato la condanna degli appellanti sull’omessa tenuta della contabilità (considerandola illegittima, ma non necessariamente produttiva di danno), ma sulla ingiustificata cessione gratuita di un credito (anch’essa dedotta nella causa petendi originaria) che aveva privato l’attivo della liquidazione dell’importo di Lire 53.556.000, in ciò ravvisando – con argomentata motivazione – il danno subito dalla s.a.s. e da tutti i soci; va escluso, pertanto, che la Corte abbia motivato per relationem o con motivazione inidonea a palesare le ragioni dell’accoglimento della domanda risarcitoria (come pure dell’appello incidentale);

il secondo motivo (“omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”) è inammissibile in quanto deduce un vizio motivazionale ai sensi del vecchio testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (non più applicabile ratione temporis) e, comunque (anche a voler ritenere che lamenti, nella sostanza, l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi del novellato testo della norma), in quanto risulta diretto a negare che vi sia stata la cessione gratuita del credito sulla base di argomentazioni che sono svolte in totale difetto di autosufficienza (ex art. 366 c.p.c., n. 6) e sono tese a sollecitare una non consentita rivalutazione del merito;

col terzo motivo – che denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1223 – 1226 c.c. e dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 -, i ricorrenti si dolgono che gli attori non abbiano provveduto ad una rigorosa allegazione iniziale circa i “comportamenti ritenuti illegittimi e determinanti il danno” e, per altro verso, che la Corte di Appello non abbia adeguatamente motivato in ordine al criterio equitativo adottato nella liquidazione del danno;

il motivo è infondato: la Corte territoriale ha dato atto (con rilievo che non è stato adeguatamente contestato dagli odierni ricorrenti) del fatto che, fin dall’atto di citazione, gli attori avevano posto a fondamento della domanda risarcitoria anche la illegittima cessione del credito; quanto poi alla liquidazione del danno, la censura non risulta pertinente alla ratio della decisione, giacchè la sentenza impugnata non ha compiuto una liquidazione effettivamente equitativa, ma ha computato il danno sulla base della somma delle frazioni del credito illegittimamente ceduto che sarebbero spettate ai cinque attori;

il quarto motivo – che denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. sul rilievo che la parte resistente si sarebbe limitata a richiedere il rigetto dell’appello principale, senza domandare il risarcimento del danno nè la sua liquidazione equitativa- è infondato: premesso, infatti, che la domanda di rigetto dell’appello principale comporta -di per sè – la richiesta di conferma della sentenza di primo grado (che, nella specie, aveva accolto la domanda risarcitoria), deve rilevarsi come la Corte abbia dato atto – senza subire specifica censura sul punto – che gli appellati non avevano l’onere di proporre appello incidentale e hanno “diffusamente riproposto le argomentazioni relative alla cessione del credito”;

le spese di lite seguono la soccombenza;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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