Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17925 del 31/08/2011

Cassazione civile sez. lav., 31/08/2011, (ud. 12/07/2011, dep. 31/08/2011), n.17925

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via Panama n.

74, presso lo studio dell’Avv. Iacobelli Gianni Emilio, che lo

rappresenta e difende per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.p.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Giuseppe Mazzini n.

134, presso lo studio dell’Avv. Fiorillo Luigi, che la rappresenta e

difende per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma n.

5802/08 del 9.07.2008/30.06.2009 nella causa iscritta al n. 1027 R.G.

dell’anno 2006.

udita la relazione svolta in Camera di Consiglio dal Consigliere

Dott. Alessandro De Renzis in data 12.07.2011;

vista la relazione ex art. 380 bis c.p.c., in data 3.05.2001 del

Cons. Alessandro De Renzis;

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1. La Corte di Appello di Roma, nel confermare la sentenza di primo grado, ha ritenuto fondata l’eccezione di risoluzione consensuale per mutuo consenso in relazione ai contratti di lavoro a termine per il periodo 4.11.1997/31.01.1998 e per il periodo 3.05.1999/31.05.1999, stipulati dalle Poste Italiane con M.G. e motivati da esigenze eccezionali di riorganizzazione aziendale ex art. 8 CCNL 26.11.1994 e successivo accordo integrativo del 25.09.1997.

La Corte ha rilevato che si era verificato l’effetto estintivo, come eccepito dalle Poste Italiane, in considerazione della rilevante lunghezza del periodo di non attuazione del rapporto, oltre cinque anni (il ricorso in primo grado era stato depositato il 28.09.2004), nonchè della sopravvenuta carenza di interesse alla continuazione del rapporto stesso, in relazione all’accettazione delle competenze di fine rapporto.

La stessa Corte ha osservato che la richiesta di tentativo obbligatorio di conciliazione, formulata nel settembre 2003, a distanza di ben oltre quattro cessazione di fatto del rapporto, non conteneva alcuna offerta di messa a disposizione delle energie lavorative.

Il M. ricorre per cassazione con quattro motivi. Resiste la società Poste Italiane con controricorso.

2. Con il primo motivo il ricorrente, nel lamentare violazione e falsa applicazione degli artt. 100. 101, 112 e 418 c.p.c., in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., sostiene che il Collegio avrebbe dovuto rilevare d’ufficio la decadenza dell’appellata società dalla proposizione della domanda di risoluzione del rapporto di lavoro tra le parti per mutuo consenso, decadenza rilevabile d’ufficio in qualsiasi stato e grado de processo.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione agli artt. 416, 418, 434 e 437 c.p.c., stante la omessa proposizione di domanda riconvenzionale e/o di appello incidentale da parte della convenuta per la risoluzione per mutuo consenso del contratto di lavoro.

Gli esposti motivi, da esaminare congiuntamente stante il loro collegamento, sono infondati.

Sulla base dell’esame degli atti del giudizio di merito (consentito in ragione dei vizi lamentati), va rilevato che il primo giudice aveva rigettato la domanda, in accoglimento dell’eccezione- proposta da Poste Italiane all’atto della costituzione in giudizio- che il lavoratore avesse accettato,la risoluzione del rapporto a titolo definitivo. L’eccezione in questione aveva introdotto nel giudizio una richiesta, che, rimanendo nell’ambito della difesa, aveva ampliato il tema della controversta senza tendere ad altro fine che quello della reiezione della domanda, opponendo al diritto fatto valere la sussistenza di una circostanza idonea a paralizzare il diritto stesso. Tale circostanza è stata posta all’attenzione del giudice perchè ne derivassero considerazioni di diritto idonee a procurare il giudizio di inammissibilità.

Non si trattava pertanto della richiesta di un provvedimento giudiziale favorevole di attribuzione al datore di lavoro di beni determinati in contrapposizione a quelli richiesti con la domanda principale, nel qual caso soltanto, per pacifica giurisprudenza, avrebbe dovuto ritenersi necessaria la proposizione di una domanda riconvenzionale (cfr. Cass. n. 29936 del 22 dicembre 2008).

Il giudice di appello, non essendo stata sollevata alcuna censura, non avrebbe potuto porsi il problema della necessità o meno di una rituale a domanda riconvenzionale nè tanto meno rilevare ex officio l’invocata decadenza, va altresì puntualizzato che, alla stregua delle precedenti considerazioni, le Poste Italiane, le quali, come già detto, avevano proposto in primo grado e ribadito in appello l’eccezione di risoluzione per mutuo consenso del contratto ed erano risultate vittoriose, non avrebbero dovuto proporre gravame incidentale.

4. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge- imprescrittibilità dell’azione di nullità ex artt. 1421 e 1422 cod. civ., mancato assolvimento da parte della resistente dell’onere della prova sulla stessa gravante ex art. 2697 cod. civ.; violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (errore sul presupposto di fatto del mutuo consenso-omesso e contraddittorio esame della documentazione probatoria allegata in atti); violazione dell’art. 329 c.p.c.. Disattesi gli altri rilievi, non assumendo decisiva rilevanza ai fini della fattispecie, è fondato il rilievo diretto contro la statuizione della sentenza di appello relativa al riconoscimento della risoluzione del contratto per mutuo consenso, desunto semplicemente dal semplice decorso del tempo prima dell’inizio dell’azione giudiziaria. Non appare invero adeguata l’affermazione, contenuta nella impugnata sentenza, secondo cui la domanda di tentativo obbligatorio di conciliazione non contiene alcuna offerta di messa a disposizione di energie lavorative, avendo il lavoratore chiesto la condanna del datore di lavoro alla reintegrazione nella posizione lavorativa ricoperta.

5. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta omessa pronuncia sul capo della domanda relativo alla nullità del contratto a termine intercorso tra le parti il 3.5.1999, ossia in data successiva al 30.04.1998, termine oltre il quale non è più consentita la deroga prevista dalla L. n. 56 del 1987, art. 23, alla disciplina generale dettata dalla L. n. 230 del 1962. Tale motivo può ritenersi assorbito per effetto dell’accoglimento dell’anzidetto profilo di cui al terzo motivo.

6. In conclusione, disattesi i primi due motivi del ricorso, va accolto il terzo motivo e va dichiarato assorbito il quarto.

Conseguentemente la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione, che, tenuto conto di quanto evidenziato in sede di terzo motivo, provvederà al riesame del merito della causa. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi due motivi del ricorso, accoglie il terzo, assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2011

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