Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17924 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. III, 04/07/2019, (ud. 06/05/2019, dep. 04/07/2019), n.17924

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1002-2017 proposto da:

F.E., domiciliato ex lege in CANCELLERIA DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato CARLO MARIA GALLO;

– ricorrente –

contro

C.U., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. CIVININI

105, presso lo studio dell’avvocato RENATO MELE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ALDO PERNA;

– controricorrente –

e contro

CA.CO.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 873/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 28/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/05/2019 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

RILEVATO

che:

F.E. esercitò il riscatto agrario di un fondo rustico, già di proprietà della defunta G.T. e della sorella G.G., che era stato acquistato da C.U. e Concettina Ca.: dedusse di avere coltivato per dieci anni un terreno facente parte di tale fondo e di essere, inoltre, proprietaria di un terreno confinante con quello da riscattare;

il Tribunale di Cosenza, Sez. Dist. di Acri, accolse la domanda di riscatto in relazione all’intero fondo;

provvedendo sul gravame del C. e della Ca., la Corte di Appello di Catanzaro ha dichiarato infondata l’eccezione di tardività dell’appello sollevata dalla F. e ha riformato la sentenza, rigettando la domanda di retratto;

la Corte ha rilevato, fra l’altro, che:

era fondata la censura circa la mancata dimostrazione del requisito della sussistenza della capacità lavorativa (pari ad almeno un terzo di quella occorrente per la coltivazione dei terreni posseduti e di quelli da riscattare), in quanto nessun elemento utile poteva essere desunto dal documento n. 7 prodotto dalla F. (relativo ad una visura ipotecaria concernente il terreno di originaria proprietà dell’attrice) e poichè risultavano inconferenti le deposizioni rese dai testi Fu. e S.;

la qualità di coltivatrice diretta della F., desunta dalla iscrizione nei registri INPS, non valeva “a dimostrare la coltivazione del fondo confinante di sua proprietà”;

appariva pertanto “fondato il motivo di gravame relativo alla mancata compiuta dimostrazione di tutti i presupposti necessari per addivenire al riconoscimento della fondatezza” dell’esercizio del diritto di riscatto;

ha proposto ricorso per cassazione F.E., affidandosi a tre motivi; hanno resistito gli intimati, con un unico controricorso;

i controricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il primo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, l’errata applicazione della sentenza Corte Cost. n. 3/2010 e l’errata e falsa applicazione della L. n. 590 del 1965, art. 8 e della L. n. 817 del 1971, art. 7: la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto infondata l’eccezione di tardività dell’appello sollevata dalla F., rileva che la notifica dell’atto di appello – effettuata ex art. 140 c.p.c. – si era perfezionata, per la destinataria, al 32 giorno dalla notifica della sentenza e insiste per l’applicazione dei principi espressi da Corte Cost. n. 3/2010 e n. 220/2016;

al riguardo, la Corte di Appello ha rilevato che la sentenza di primo grado era stata notificata il 4.3.2011 e che l’atto di citazione in appello era stato consegnato all’ufficiale giudiziario, per la notifica, il 31.3.2011, evidenziando che il momento di perfezionamento della notifica per il notificante doveva essere tenuto distinto da quello concernente il destinatario e precisando che, per il notificante, la notifica poteva “dirsi perfezionata con il compimento dell’ultimo degli adempimenti prescritti dalla norma: ossia l’invio della raccomandata con avviso di ricevimento avvenuto nel caso de quo il 1 aprile 2011, e perciò tempestivamente”;

il motivo è, in parte, infondato e, per il resto, inammissibile;

infondato, nella parte in cui – senza considerare il principio di scissione degli effetti della notifica – insiste nel considerare soltanto il momento di perfezionamento della notificazione nei confronti del destinatario, senza tener conto che la tempestività dell’impugnazione deve essere valutata in relazione alla posizione del notificante (cfr., per tutte, Cass. n. 10693/2007 e Cass. n. 3755/2015);

inammissibile, nella parte in cui omette ogni indicazione circa il fatto (storico) rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 di cui sarebbe mancato l’esame e – inoltre – non illustra in alcun modo la violazione delle due norme indicate in rubrica;

col secondo motivo, si deduce “omesso o insufficiente esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, sotto il profilo di avere, la Corte di Appello, utilizzato in modo erroneo e non motivato il risultato probatorio emerso dal giudizio oltre che aver fatto erronea e falsa applicazione delle norme di diritto sottese alla materia”: l’illustrazione del motivo – di non agevole lettura – pare censurare la Corte per non avere tenuto conto dell’inammissibilità dei rilievi avversari evidenziata dalla F., nonchè per avere ritenuto che i motivi di appello implicassero ulteriori censure in essi non espressamente formulate, ivi compresa quella relativa alla mancata dimostrazione che l’estensione complessiva dei terreni non superasse il triplo della capacità lavorativa della famiglia della F.; al riguardo, contesta – comunque – che gli elementi offerti dalla retraente non fossero sufficienti a comprovare il requisito della capacità lavorativa;

il motivo è inammissibile: non individua specifici fatti storici (primari o secondari), rilevanti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 oltrechè decisivi e costituenti oggetto di discussione fra le parti, di cui sarebbe stato omesso l’esame; nè individua specificamente le norme che sarebbero state violate e si risolve -da ultimo- nella contestazione dell’apprezzamento negativo circa la dimostrazione del requisito della capacità lavorativa, in tal modo sollecitando una non consentita diversa valutazione degli elementi istruttori;

il terzo motivo denuncia il “mancato esame della subordinata proposta con l’atto introduttivo secondo la quale l’attrice chiedeva il quoziente di terreno che aveva coltivato”: rilevato che la Corte territoriale aveva dato atto che la retraente aveva richiesto di riscattare sia l’intero fondo che, in via subordinata, la minor parte da essa coltivata, la F. si duole che il Giudice di appello non abbia “ritenuto di decidere sulla spiegata domanda subordinata, nonostante che per tale porzione di terreno non vi era stata contestazione”;

il motivo è infondato, dovendosi ritenere che la Corte abbia esaminato e disatteso – implicitamente – anche la domanda concernente la minor porzione, in quanto gli argomenti concernenti la mancata prova della capacità lavorativa e della coltivazione diretta del fondo confinante con quello riscattando non potevano che valere in relazione ad entrambe le domande di riscatto (quella concernente l’intero fondo e quella relativa alla minor porzione, della cui proposizione la sentenza ha dato atto a pag. 5);

le spese di lite seguono la soccombenza;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 5.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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