Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17923 del 30/07/2010

Cassazione civile sez. VI, 30/07/2010, (ud. 02/07/2010, dep. 30/07/2010), n.17923

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.G., con domicilio eletto in Roma, via della

Consulta n. 50, presso l’Avv. Mancini Antonio, rappresentato e difeso

dall’Avv. Beria Antonio, come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

GI.EFFE s.r.l., fallita;

– intimata –

per la cassazione del decreto del tribunale di Vicenza depositato il

giorno 11 agosto 2009;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 2 luglio 2010 dal Consigliere relatore Dott. Zanichelli

Vittorio.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Avv. C.G. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe del tribunale con il quale è stata respinta la sua impugnazione avverso il decreto di esecutività dello stato passivo con cui è stato ammesso solo in parte il suo credito per prestazioni professionali. L’intimata curatela non ha proposto difese.

La causa è stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La relazione redatta ex art. 380 bis è del seguente letterale tenore: “Con il primo motivo si denuncia violazione della l. Fall., art. 99, e dell’art. 212 c.p.c. per avere il giudice dell’impugnazione confermato la reiezione di parte della domanda del ricorrente di riconoscimento del credito per prestazioni professionali in favore dell’impresa fallita per difetto di prova pur in presenza di una sua istanza di acquisizione dei fascicoli dei procedimenti nell’ambito dei quali aveva svolto la sua attività.

Il motivo è inammissibile in quanto non coglie e quindi non censura la ratio decidendi. Il ricorrente addebita al tribunale di avere ritenuto carente di prova la pretesa azionata senza considerare che egli aveva chiesto l’acquisizione dei fascicoli processuali a dimostrazione della sua attività, essendo altrimenti nell’impossibilità di adempiere all’onere probatorio. In realtà risulta chiaramente dalla motivazione che il collegio non ha motivato la reiezione dell’impugnazione in base alla considerazione che spettava all’opponente fornire in via autonoma e non mediante richiesta di acquisizione dei fascicoli il suo diritto ma in base alla diversa considerazione secondo cui l’istanza di acquisizione era inammissibile in quanto tardiva, essendo stata proposta per la prima volta solo in sede di gravame. Tale specifica ratio decidendi non è stata minimamente contrastata con il motivo di ricorso e rende irrilevante ogni disquisizione in ordine alla disponibilità della prova.

Manifestamente infondata è poi la censura, proposta con il secondo motivo, secondo cui il tribunale avrebbe mal interpretato gli artt. 2730, 2733, 2735 e 2697 c.c. omettendo di considerare che il curatore aveva ammesso che il professionista aveva effettivamente prestato la sua attività in favore della impresa fallita in quanto dal tenore del provvedimento del giudice delegato (che non ha ammesso parte del credito “pur ritenendosi prestata l’attività a favore della fallita in base alle informazioni assunte dalla curatela”, come risulterebbe dalla motivazione del provvedimento di reiezione) emerge unicamente che è stato riconosciuto che una qualche attività è stata prestata ma non anche che risultassero elementi sufficienti a quantificarla e qualificarla, elementi che sarebbe stato onere dell’istante fornire”.

Ritiene il Collegio di poter pienamente condividere la relazione e di conseguenza il ricorso deve essere rigettato.

Non si deve provvedere in ordine alle spese stante l’assenza di attività difensiva da parte dell’intimata curatela.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2010

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