Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17921 del 13/08/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 17921 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: BOGNANNI SALVATORE

ORDINANZA
sul ricorso 20813-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente contro
FALLIMENTO SRL DR CARLO COSTRUZIONI GENERALI,
DE CARLO COSTRUZIONI GENERALI SRL;
– intimati avverso la sentenza n. 86/33/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di VENEZIA-MESTRE del 24.6.2010, depositata il
05/08/2010;

Data pubblicazione: 13/08/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/06/2014 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE

BOGNANNI.

Ric. 2011 n. 20813 sez. MT – ud. 05-06-2014
-2-

Corte di Cassazione
Sezione Sesta Civile (Tributaria)
RG. n. 20813/11

Ricorrente: agenzia delle entrate
Intimato: fallimento società De Carlo Costruzioni Generali

Oggetto: annullamento cartella di pagamento,
Ordinanza
Svolgimento del processo

1. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione,
sulla base di un unico motivo, avverso la sentenza n. 86/33/10
della commissione tributaria regionale del Veneto, pubblicata il
5.8.2010, con la quale essa rigettava l’appello della medesima
contro la decisione di quella provinciale, sicché l’opposizione
della società De Carlo Costruzioni Generali srl., successivamente
dichiarata fallita, relativa alla cartella di pagamento, inerente
all’Irpeg e ritenute alla fonte per l’anno 2001, veniva accolta.
In particolare la CTR osservava che l’istanza riguardante il beneficio del condono presentata dalla contribuente, ancorché essa avesse pagato solamente la prima rata, costituiva valido presupposto per fruire del medesimo, per il quale perciò l’ente poteva solo pretendere quelle successive con gli interessi, ma non anche le
imposte per intero oltre alle sanzioni. Il fallimento della De
Carlo Costruzioni Generali non si è costituito.
Motivi della decisione

2. Col motivo addotto a sostegno del ricorso la rico

de-

nunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9 bis L.
289/02, giacché la CTR non considerava che l’intimata doveva versare tutte le rate, e quindi anche quelle rimaste insolute, per
beneficiare del condono di carattere clemenziale, come quello in
esame, riguardante il mancato pagamento delle imposte prima
dell’accertamento o della cartella, sicché esso non poteva essere
riconosciuto in presenza delle rate non pagate.

srl.

2

La censura è fondata. Invero il condono previsto dall’art. 9
bis della legge 27 dicembre 2012, n. 289, relativo alla possibilità di definire gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e
delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate, mediante
il solo pagamento dell’imposta e degli interessi od, in caso di

tuisce una forma di condono clemenziale e non premiale come, invece, deve ritenersi per le fattispecie regolate dagli artt. 7, 8,
9, 15 e 16 della legge n. 289 del 2002, le quali attribuiscono al
contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento
straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a
quello ordinario. Ne consegue che, nell’ipotesi di cui all’art. 9
bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione ex
art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 in ordine alla determinazione del “quantum”, esattamente indicato nell’importo specificato
nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del terzo comma, con gli interessi di cui all’art. 4, il condono è condizionato
dall’integrale pagamento di quanto dovuto, ed il pagamento rateale
determina la definizione della lite pendente solo se tale condizione venga rispettata, essendo insufficiente il solo pagamento
della prima rata cui non segua l’adempimento delle successive, come nella specie (Cfr. anche Cass. Ordinanza n. 106 0 del
07/05/2013, Sentenza n. 20745 del 2010).
Perciò la sentenza impugnata non risulta motivata i mo.o giuridicamente corretto su tale punto.
3. Ne deriva che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della decisione impugnata, senza rinvio, posto che la causa
può essere decisa nel merito, atteso che non occorrono ulteriori
accertamenti di fatto, ex art. 384, comma 2 cpc., e rigetto del
ricorso in opposizione della originaria contribuente società avverso l’atto impositivo.
4. Quanto alle spese del doppio grado, sussistono giusti motivi per compensarle, avuto riguardo alla difforme vicenda del pro-

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mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni, costi-

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cesso nel medesimo, e alla natura della questione giuridica trattata, mentre le altre di questo giudizio seguono la soccombenza, e
vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte

nel merito, rigetta quello introduttivo; compensa le spese del
doppio grado, e condanna l’intimato al rimborso delle altre di
questo giudizio, che liquida in euro 2.000,00(duemila/00) per onorario, oltre a quelle prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 5 giugno 2014.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e, ecidendo

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