Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17920 del 27/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/08/2020, (ud. 04/06/2020, dep. 27/08/2020), n.17920

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6586-2019 proposto da:

C.M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

MONTE ZEBIO, 24, presso lo studio dell’avvocato LEOPOLDO LOMBARDI,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato FABRIZIO FANTAPPIE’;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2771/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 28/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CRICENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente, C.M.S., ha avuto lunga convivenza con L.C., nel corso della quale entrambe le parti hanno impiegato proprie somme di denaro per la vita in comune: la ristrutturazione delle case, la gestione delle spese correnti ed altro ancora.

Finita la convivenza la L. ha agito per avere la restituzione di somme che dichiarava di aver dato in prestito al C., ed ha ottenuto a garanzia di questa sua pretesa un sequestro, a fronte del quale il C. ha inizialmente offerto una ipoteca volontaria su un suo immobile.

In seguito, per liberare l’immobile dall’ipoteca, il C. ha offerto e rilasciato alcune cambiali per una somma di circa 200 mila curo, ottenendo cosi la liberazione dell’immobile dal vincolo.

Poichè la somma portata dalle cambiali non è stata corrisposta, sulla base di quei titoli, e di altre scritture, la L. ha ottenuto un decreto ingiuntivo.

Il C. ha proposto opposizione, con domanda riconvenzionale, per spese ritenute da lui come effettuate nell’interesse comune e dunque ripetibili.

Il Tribunale ha in parte accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo, riducendo la somma pretesa con esso dalla L., ma ha rigettato la domanda riconvenzionale del C..

La decisione è stata integralmente confermata in appello.

Ricorre il C. con due motivi di ricorso.

V’è controricorso della L..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della sentenza impugnata è in un accertamento in fatto. Sostiene la corte che, ben possono, come evidenziato dal ricorrente, alcune spese o alcune elargizioni fatte durante la convivenza costituire adempimento di obbligazioni naturali; ma che, nel caso presente, non si è trattato di questo. Piuttosto, le somme di cui la L. chiede la restituzione sono state da lei corrisposte a titolo di mutuo, come risulta altresì da documenti in atti, per l’acquisto di una villa, poi rivenduta dal C., e non già nell’adempimento dei doveri morali nascenti dalla convivenza.

2.- Il ricorrente contesta questa ratio, con due motivi. Con il primo motivo lamenta violazione dell’art. 2034 c.c..

Sostiene che la corte ha errato nel ritenere che le somme elargite dalla ex convivente non fossero adempimento di un dovere di solidarietà tra conviventi, e fossero invece state concesse a titolo di mutuo o comunque di sostegno economico per l’acquisto di una casa, che poi il C. ha rivenduto per sè.

Ritiene che invece dagli atti emerge il contrario e che sarebbe emersa la natura di obbligazioni naturali irripetibili se la corte avesse proceduto ad un maggiore approfondimento istruttorio.

Contesta inoltre che la scrittura privata utilizzata dalla corte possa valere a dimostrare un impegno, anche per via del riconoscimento di debito, in capo al C..

Il motivo è inammissibile.

Lo è quanto alla qualifica di obbligazioni naturali che attribuisce alla elargizione di denaro.

La corte in realtà non erra nella interpretazione della norma (art. 2034 c.c.), non attribuisce alle obbligazioni naturali definizione o effetti diversi da quelli previsti dal detto articolo; piuttosto la corte ritiene che, a seguito di un accertamento in fatto, quella elargizione non aveva causa nell’adempimento di doveri di solidarietà tra conviventi, ma in un preciso accordo di mutuo.

Ossia, la corte non nega che tra conviventi possano darsi obbligazioni naturali, il cui adempimento è irripetibile, secondo la regola propria di quelle obbligazioni; piuttosto ritiene che, in quel caso, si è trattato di un mutuo.

Con la conseguenza che il motivo di ricorso tende ad una rivalutazione del fatto, ossia ad un accertamento in fatto di tipo diverso, o alla contestazione di quell’accertamento, che qui è inammissibile.

Cosi come inammissibile è la contestazione del valore attribuito dalla corte alla scrittura privata intercorsa tra le due parti.

Intanto, non è riportato il contenuto di tale scrittura, con riflessi sulla autosufficienza del ricorso, o del motivo di ricorso.

In secondo luogo, non si indicano le ragioni per le quali la qualificazione di quell’accordo fatta dalla corte di merito è errata e come avrebbe dovuto essere invece intesa.

2.2.- Il secondo motivo denuncia omesso esame di un fatto rilevante e controverso.

In particolare, secondo il ricorrente, la corte non ha approfondito l’esame sulle erogazioni effettuate, esame che avrebbe portato a smentire la tesi della concessione a prestito.

Anche in tal caso il motivo è inammissibile, per due ragioni.

In primo luogo, in quanto la decisione è conforme a quella di primo grado, e dunque osta la previsione dell’art. 348 ter c.p.c..

In secondo luogo, in quanto l’omissione, e ciò risulta dal tenore del motivo, non riguarda un fatto ma l’istruttoria; ossia, in realtà il ricorrente più che denunciare omesso esame denuncia carente istruttoria su una questione rilevante, ed anche qui la denuncia non è ammissibile nei termini in cui è formulata, essendo la ricostruzione del fatto e l’ambito delle prove necessarie a tale ricostruzione rimessa alla discrezionalità del giudice di merito.

Il ricorso va rigettato.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite nella misura di 5600,00 Euro, oltre 200,00 Euro di spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 4 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2020

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