Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17920 del 12/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 12/09/2016, (ud. 14/06/2016, dep. 12/09/2016), n.17920

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20639/2011 proposto da:

D.P.P., P.I. (OMISSIS), nella qualità di titolare

dell’omonima impresa, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI

MANTEGAZZA 24, presso lo studio del Dott. MARCO GARDIN,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALFREDO CAGGIULA, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

e contro

C.C.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1701/2011 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 22/06/2011, R.G. N. 1250/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2016 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 22 giugno 2011, la Corte d’Appello di Lecce, confermava la decisione del Tribunale di Lecce che accoglieva per quanto di ragione la domanda proposta da C.C.D. nei confronti di D.P.P., avente ad oggetto la corresponsione di differenze retributive maturate a vario titolo nel corso del rapporto di lavoro intercorso per lo svolgimento di varie mansioni di manovalanza presso i diversi cantieri aperti dall’impresa facente capo al D.P. per l’esecuzione di appalti pubblici e cessato per dimissioni l’8.3.2004, riconoscendo essere il rapporto effettivamente intercorso tra le parti dall’8.10.2000 all’8.3.2004 per una durata di 40 ore settimanali e con diritto all’inquadramento nel 4^ livello del CCNL per i metalmeccanici del settore artigiano e condannando il titolare al pagamento della complessiva somma di circa Euro 40.000,00

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto generiche le censure sollevate in ordine all’attendibilità delle testimonianze escusse favorevoli al lavoratore, inammissibile il giuramento decisorio deferito su una circostanza non allegata nè richiesta di provare in primi cure e parimenti inammissibile la richiesta CTU contabile per la mancata contestazione in primo grado dei conteggi predisposti dal lavoratore

Per la cassazione di tale decisione ricorre il D.P., affidando l’impugnazione a due motivi, poi illustrati con memoria. L’intimato non ha svolto alcuna attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo così rubricato “Violazione di legge per erronea presupposizione. Erronea applicazione degli artt. 233 e 437 c.p.c., il ricorrente lamenta l’erroneità della statuizione resa dalla Corte territoriale in ordine all’inammissibilità del giuramento decisorio deferito al lavoratore, contestandone la motivazione relativa all’essere questo riferito ad una circostanza mai prospettata in primo grado (ovvero l’aver il C. prestato la propria attività lavorativa alle dipendenze di altro datore di lavoro prima della data in cui risultava assunto dal D.P.), ritenendo, al contrario, di poterla individuare nella più generale deduzione concernente l’esistenza di un rapporto di lavoro tra le parti anteriore alla formale assunzione che, al contrario, affermava di aver puntualmente contestato con offerta della relativa prova, per poi escludere in via generale che, rispetto al giuramento decisorio, rilevi il limite della novità del fatto in relazione al quale è deferito.

Il secondo motivo, intitolato all’erronea applicazione dell’art. 416 c.p.c., è inteso a contestare alla Corte territoriale la mancata ammissione della richiesta CTU contabile, motivata dalla Corte medesima in ragione della mancata contestazione da parte dell’odierno ricorrente dei conteggi depositati in prime cure del lavoratore, circostanza che qui viene negata, sostenendosi che quella contestazione dovesse essere ritenuta effettuata attraverso la radicale negazione dei fatti costitutivi del diritto azionato e comunque in essa insita.

Il primo motivo deve ritenersi infondato.

Come riconosciuto dallo stesso ricorrente, il giuramento decisorio, pur ex art. 437 c.p.c., deferibile in qualsiasi momento della causa, deve vertere su circostanze di fatto in relazione alle quali già in primo grado era stata ammessa la prova, poi non raggiunta con gli ordinari mezzi istruttori, requisito qui correttamente non riscontrato dalla Corte territoriale, che puntualmente ha rilevato come nella specie il giuramento risulta deferito, non tanto, come sostenuto dal ricorrente, in relazione alla generica circostanza, contestata in prime cure e, peraltro, smentita dall’istruttoria ivi espletata, per la quale il C., anteriormente alla sua formale assunzione, non avrebbe reso alcuna prestazione lavorativa in favore del ricorrente, bensì con riguardo alla circostanza specifica, effettivamente mai dedotta in prime cure, per cui la presenza del C. nei cantieri del ricorrente in epoca precedente alla sua assunzione da parte di questi, presenza risultata effettiva all’esito dell’istruttoria svolta in primo grado, si giustificava per essere il C. impegnato nella realizzazione delle opere commesse in subappalto dal ricorrente all’impresa Pano, alle cui dipendenze il primo lavorava a tempo pieno.

Parimenti infondato, se non addirittura inammissibile, si rivela il secondo motivo, atteso che il ricorrente, mentre pretende di ritenere assorbita nella radicale contestazione dell’an della domanda anche quella relativa al quantum, in contrasto con l’orientamento di questa Corte, cui il collegio intende dare continuità, per il quale l’onere di specifica contestazione dei conteggi elaborati dal ricorrente opera anche quando il resistente contesti in radice la sussistenza del credito, allorchè la negazione del titolo degli emolumenti non implica necessariamente l’affermazione dell’erroneità della quantificazione (cfr. Cass. 18.2.2011, n. 4051), non formula alcuna censura in ordine ai passi della motivazione dell’impugnata sentenza in cui la Corte territoriale dà conto non solo della correttezza del metodo di calcolo adottato dal giudice di prime cure in consonanza con quello proposto dall’istante, ma altresì dell’opposizione espressamente formulata in primo grado dall’odierno ricorrente all’espletamento della medesima CTU contabile richiesta dallo stesso istante.

Il ricorso va dunque rigettato, senza attribuzione di spese per non avere l’intimato svolto alcuna attività difensiva

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2016

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