Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1792 del 27/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 27/01/2020, (ud. 16/10/2019, dep. 27/01/2020), n.1792

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5852-2014 proposto da:

C.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITTORIA COLONNA

39, presso lo studio dell’avvocato ANGELO BONETTA, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente principale –

COMUNE SERMONETA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO

96, presso lo studio dell’avvocato LUCA DI PAOLO, rappresentata e

difesa dall’avvocato ERMANNO LE FOCHE;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2163/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/04/2013 R.G.N. 1767/2013.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza in data 5 marzo- 16 aprile 2013 n.2163 la Corte d’Appello di Roma, per quanto ancora in discussione, riformava la sentenza del Tribunale di Latina e per l’effetto respingeva la domanda di C.R.- già LSU presso il COMUNE DI SERMONETA e poi dipendente dell’ente, inquadrata nel livello B del CCNL ENTI LOCALI – per il pagamento delle differenze di retribuzione derivanti dall’esercizio di mansioni riconducibili al superiore livello C; condannava la C. alla restituzione delle somme ricevute in esecuzione della sentenza di primo grado, quantificate in Euro 2.203,11. Con successiva ordinanza la Corte territoriale correggeva il quantum delle somme da restituirè.

2. A fondamento della decisione il giudice dell’appello riteneva provato unicamente l’esercizio da parte della C. di compiti di raccolta, inserimento al computer e trasmissione dei dati relativi al personale nonchè di informazione dei dipendenti circa le attività del suo ufficio.

3. Non vi era prova, invece, della attività di elaborazione dei dati nè era specificato il contenuto delle informazioni fornite.

4. Tale attività rientrava nella declaratoria dell’area B del CCNL (responsabilità dei risultati secondo la posizione rivestita, in particolare quanto alla attività istruttoria).

5. Non assumevano rilievo i documenti prodotti ed attestanti il possesso dei titoli per l’inquadramento superiore, in assenza dell’esercizio effettivo dei relativi compiti.

6. La C. era tenuta a restituire le somme liquidatele dal Comune in esecuzione della sentenza riformata, pari ad Euro 2.203,11 (doc. 3 del fascicolo della C.).

7.Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza C.R., articolato in cinque motivi, cui ha opposto difese il COMUNE DI SERMONETA con controricorso, contenente altresì ricorso incidentale condizionato, articolato in un unico motivo.

8.Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo C.R., ricorrente in via principale, ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 287 e 288 c.p.c., per avere la Corte territoriale utilizzato il procedimento per la correzione di errori materiali in presenza di un errore di giudizio.

2.Il motivo è inammissibile.

La parte ricorrente non trascrive il provvedimento di correzione posto a fondamento della censura sicchè resta inadempiuto l’onere di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6.

3.Inoltre non deduce, al fine di sostanziare la allegazione della esistenza di un errore di giudizio, la effettiva presenza di una ragione di controversia tra le parti circa il quantum delle somme liquidate in esecuzione della sentenza riformata, unica eventualità in cui in astratto potrebbe prospettarsi l’errore nel giudicare. Ciò in una situazione in cui, per quanto risulta dalla sentenza impugnata, la determinazione delle somme da restituire era basata su un documento prodotto dalla stessa C. (documento 3 del fascicolo di parte).

4. Con il secondo motivo la parte ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione dell’art. 3 CCNL REGIONI ED AUTONOMIE LOCALI.

5.Ha assunto che il giudice dell’appello aveva accertato i compiti svolti in difformità dalle risultanze istruttorie e dalle disposizioni del CCNL. In particolare, la teste P.B. – dipendente comunale inquadrata nell’area C – ed il teste O.M. avevano confermato lo svolgimento delle mansioni indicate ai capi 2, 3 e 5 del ricorso introduttivo e la sostituzione del dipendente CA., inquadrato nell’area C. Tali risultanze istruttorie non erano smentite dai testi PE.UM. e S.V..

6.A tenore dell’art. 3 del CCNL REGIONI ED AUTONOMIE LOCALI le categorie di inquadramento erano determinate in conformità alle declaratorie indicate nell’allegato A ed ai profili professionali ivi previsti a titolo esemplificativo. Dall’esame delle declaratorie del livello di inquadramento B e del superiore livello C, trascritte in ricorso, sarebbe emerso, nell’assunto di parte ricorrente, l’errore di sussunzione commesso nella sentenza impugnata, in quanto non solo ella aveva svolto in via autonoma molteplici attività non considerate dal giudice dell’appello ma le attività comunque accertate erano state svolte senza alcuna supervisione e con assunzione della relativa responsabilità.

7. Il motivo è inammissibile.

8. Correttamente la Corte territoriale ha ricondotto al livello B le mansioni, che ha ritenuto provate all’esito dell’attività istruttoria, di raccolta dati ed inserimento di dati nel sistema informatico, in assenza di elaborazione dei dati stessi. Trattasi di mansioni dal “contenuto di tipo operativo, con responsabilità di risultati parziali rispetto a più ampi processi produttivi/amministrativi” laddove la superiore categoria C prevede mansioni con “contenuto di concetto, con responsabilità di risultati relativi a specifici processi produttivi/amministrativi”. Il tratto qualificante del livello superiore attiene, dunque, al contenuto concettuale ed alla responsabilità sul momento finale del processo amministrativo; tali caratteristiche sono tipiche soltanto della fase di elaborazione del dato. Coerentemente tra i profili professionali del livello C è classificato, per quanto qui rilevante, il lavoratore che svolge attività istruttoria nel campo amministrativo curando (congiuntamente) “la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati”.

9.La denuncia del vizio di falsa applicazione del CCNL è fondata -piuttosto che sulla astratta comparazione tra le mansioni accertate e la classificazione operata dal CCNL – sul mancato esame delle mansioni effettive, che sarebbero state confermate dai testi di causa. Sotto questo profilo, che attiene all’accertamento del fatto storico, la censura di violazione dell’art. 3 CCNL REGIONI E AUTONOMIE LOCALI è inconferente, potendo piuttosto essere dedotto, ex art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto storico di rilievo decisivo, risultante dagli atti ed oggetto di discussione tra le parti.

10. Il motivo non supera il vaglio di ammissibilità neppure se riqualificato come deduzione di un vizio della motivazione: le dichiarazioni dei testi sono riportate soltanto per estratto e senza alcuna illustrazione delle ragioni della loro decisività.

11. Con il terzo mezzo la parte ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., dell’art. 2103 c.c., del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 quale conseguenza della violazione denunciata con il secondo motivo di ricorso.

12. Con il quarto motivo si impugna la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115-116 c.p.c., per avere il giudice dell’appello disatteso le risultanze istruttorie, pervenendo a conclusioni in antitesi con esse.

13. I due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, sono inammissibili.

14. Per il terzo motivo la inammissibilità consegue al difetto di autonomia della censura.

15. Quanto al quarto motivo, la violazione del dovere del giudice di valutare le sole prove acquisite agli atti di causa viene dedotta in via assiomatica, senza illustrare le ragioni della impugnazione, in violazione del canone di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4.

16. Del tutto inconferente è, da ultimo, la denuncia di violazione dell’art. 2697 c.c.: il giudice dell’appello ha correttamente posto l’onere della prova a carico della lavoratrice che allegava di avere svolto mansioni superiori; ogni altro profilo è estraneo all’area di applicazione dell’art. 2697 c.c.

17. Con il quinto motivo la parte ricorrente ha dedotto omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistente nei compiti svolti, confermati dai testi escussi e dalla sostituzione di un dipendente, il CA., inquadrato nella categoria C.

18. Ha esposto che lo svolgimento delle mansioni superiori era attestato dall’ordine di servizio del 13 marzo 1998 n. 2961 (doc. 15 allegato al presente ricorso), con il quale il Comune disponeva che ella sostituisse il CA., il cui posto era rimasto vacante.

19. Ha lamentato l’omessa valutazione di documenti ed, in particolare:

– dei documenti tecnico – contabili, che dimostravano la responsabilità assunta verso il COMUNE e la tesoreria comunale (Banca di Roma) con la formazione mensile, in autonomia, delle quadrature stipendiali;

– dei numerosi rapporti con la società fornitrice del software (OMISSIS), attestanti la difficoltà di gestione del programma (doc. 16 allegato al presente ricorso).

20. Il motivo è inammissibile.

21. La avvenuta sostituzione di un dipendente inquadrato in una categoria superiore non è un fatto decisivo rispetto al dedotto esercizio di mansioni superiori ma un elemento di prova; ben può darsi la eventualità di una redistribuzione di compiti o di una diversa organizzazione del lavoro per effetto dei quali la posizione originaria resti privata di alcune delle sue attribuzioni e responsabilità. Nella fattispecie di causa, peraltro, è la stessa parte ricorrente a dare atto della contraddittorietà della prova per testi circa la pienezza della assunzione dei compiti del dipendente sostituito, avendo una teste (teste PE.) affermato di essere stata lei stessa a sostituire il Ca..

22. Per il resto il motivo richiama genericamente un “incartamento tecnico contabile” e “numerosi rapporti” con la società fornitrice del software di gestione senza trascrivere il contenuto dei documenti nè illustrare le ragioni della loro decisività ai fini dell’inquadramento.

23. Il ricorso principale deve essere conclusivamente dichiarato inammissibile.

24. Resta assorbito il ricorso incidentale condizionato, con il quale il COMUNE DI SERMONETA, ha dedotto, per l’ipotesi di accoglimento del primo motivo del ricorso principale, il vizio di motivazione e la nullità del capo della sentenza relativo alle statuizioni ripristinatorie.

25.11 ricorrente principale deve essere condannato al pagamento delle spese, come liquidate in dispositivo.

26.Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il comma 1 quater al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte della ricorrente in via principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale.

Condanna la parte ricorrente I pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 4.500 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente in via principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2020

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