Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17919 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. III, 04/07/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 04/07/2019), n.17919

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29708-2017 proposto da:

TERCHIMICA DI D.P.I. & C SAS, in persona del legale

rappresentante pro tempore D.P.I., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA G. ZANARDELLI 36, presso lo studio

dell’avvocato FABRIZIO PALMACCI, rappresentata e difesa

dall’avvocato FRANCO RAMPA;

– ricorrente –

contro

LAVANDERIA INDUSTRIALE VAL VIBRATA SRL, in persona del legale

rappresentante GIAMPIERI PIERGIORGIO, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA SISTINA 48, presso lo studio dell’avvocato ANDREA RUSSO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO DEL

TORTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 755/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 05/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/04/2019 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza del 29 ottobre 2010 il Tribunale di Teramo, sezione distaccata di Giulianova, rigettava opposizione a decreto ingiuntivo di Euro 53.556,24 a favore di Terchimica di D.P.I. & C. s.a.s. proposta da Lavanderia Industriale Val Vibrata S.r.l., che sarebbe stata debitrice della somma quale corrispettivo di forniture, delle quali, opponendosi, essa aveva addotto di avere delegato il pagamento – su accordo delle parti – a (OMISSIS) S.r.l., che avrebbe consegnato all’opposta un assegno non trasferibile del suddetto importo, accettato dalla creditrice. Il Tribunale rigettava la prospettazione dell’opponente, reputando non essere stata fornita la prova che la ricezione avesse significato volontà di liberare l’originario debitore.

Lavanderia Industriale proponeva appello, cui controparte resisteva. La Corte di L’Aquila, con sentenza del 5 maggio 2017, accoglieva il gravame per non avere Terchimica escusso il debitore delegato prima di agire in via monitoria nei confronti dell’appellante, ai sensi dell’art. 1268 c.c., comma 2.

Terchimica ha presentato ricorso, articolato in tre motivi, da cui si è difesa con controricorso Lavanderia Industriale. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 1268 c.c., comma 2.

La corte territoriale avrebbe deciso “in palese contrasto con le evidenze processuali emerse in sede istruttoria”. Invero, dopo avere escluso l’applicabilità dell’art. 1268 c.c., comma 1, avrebbe ravvisato una delegazione cumulativa, con conseguente obbligo di previa escussione del delegato. Invece dalle risultanze istruttorie sarebbe risultato che l’assegno di (OMISSIS) sarebbe stato consegnato all’attuale ricorrente soltanto “ad ulteriore garanzia” dell’adempimento di Lavanderia Industriale, per cui “giammai poteva essere qualificato accettazione dell’obbligazione del terzo”; e giammai vi sarebbero stati rapporti commerciali tra l’attuale ricorrente e (OMISSIS), per cui sarebbe stato necessario formalizzare la delegazione di pagamento. L’assenza di tale formalizzazione costituirebbe “prova incontestabile” della mancata accettazione dell’obbligazione del terzo da parte del creditore. L’attuale ricorrente, pertanto, avrebbe potuto scegliere se escutere prima (OMISSIS) o Lavanderia Industriale. (OMISSIS), peraltro, sarebbe fallita, onde l’attuale ricorrente avrebbe potuto escutere soltanto Lavanderia Industriale.

Dalle risultanze istruttorie emergerebbe pure che l’assegno di (OMISSIS), consegnato “in qualità di presunta delegata della Lavanderia Industriale”, non sarebbe stato messo all’incasso perchè “già mesi prima” del ricorso monitorio proposto dall’attuale ricorrente (OMISSIS) “era stata dichiarata fallita”. Ciò risulterebbe dalle dichiarazioni rese nell’interrogatorio formale dal legale rappresentante dell’attuale ricorrente; il fallimento anteriore al ricorso monitorio sarebbe stato confermato pure dalla stessa corte territoriale laddove nella sua motivazione avrebbe riportato che il suddetto legale rappresentante dell’attuale ricorrente avrebbe dichiarato di ritenere (OMISSIS) già fallita al momento della emissione del titolo. Pertanto, secondo le risultanze processuali, anche se vi fosse stata delegazione cumulativa ex art. 1268 c.c., comma 2, sarebbe stata impossibile la previa escussione del delegato, per fallimento dichiarato il 24 dicembre 2004, cioè sei mesi prima che l’attuale ricorrente agisse in via monitoria. Il titolo, quindi, “non veniva messo all’incasso per impossibilità oggettiva di riscuoterlo”.

2. Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto decisivo in relazione al fallimento di (OMISSIS) già dichiarato all’epoca del decreto ingiuntivo per quel che emerge dalle risultanze come esposto nel precedente motivo.

3. Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 91 c.p.c.; denuncia altresì insufficiente e contraddittoria motivazione in base alla condanna dell’attuale ricorrente alle spese dei due gradi di merito.

Non sarebbe stato comunque possibile escutere (OMISSIS) essendo questa fallita, e Lavanderia Industriale non sarebbe mai stata liberata dal debito; restituendo l’attuale ricorrente la somma di cui al decreto ingiuntivo in attesa della pronuncia di questa Suprema Corte si sarebbe creato un indebito arricchimento di Lavanderia Industriale. Dunque, si dovrebbe applicare il principio della soccombenza nel caso in cui si accolgano i motivi del ricorso, altrimenti dovendosi compensare le spese.

4. Il controricorso eccepisce inammissibilità per difetto di procura speciale, eccezione cui ha replicato nella memoria la ricorrente.

Va rilevato che il ricorso nell’incipit enuncia che l’avvocato difensore della ricorrente agisce “giusta procura alle liti in calce al presente atto”. Peraltro, a pagina 17 del ricorso, dopo la sua sottoscrizione da parte dell’avvocato, si rinviene subito la relata di notifica, sempre a pagina 17, cui segue un’ulteriore pagina non numerata, che contiene una procura speciale.

Quindi nessuna procura è in calce all’atto, che deve ritenersi concluso prima della relata di notifica; una procura è stata aggiunta successivamente, onde sussiste l’inammissibilità eccepita dal controricorso.

Infatti, se è vero che ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 3, la procura speciale, oltre che apposta in calce o a margine, può essere anche rilasciata su foglio separato congiunto materialmente all’atto cui si riferisce, e se parimenti è vero che nel caso in esame si tratterebbe proprio di una procura rilasciata su foglio separato materialmente congiunto al ricorso, anche qualora fosse possibile (e possibile non è) prescindere dalla interposizione della relata di notifica – che già di per sè ha incidenza risolutiva, impedendo di incorporare la procura nell’atto, già concluso quando avviato in notifica -, risulta dirimente il fatto che nella intestazione del ricorso si dichiara che l’avvocato rappresenta e difende la ricorrente “giusta procura alle liti in calce al presente atto”: ergo, l’avvocato non dichiara di avvalersi di tale procura su foglio congiunto, bensì di una procura in realtà inesistente.

Nè, infine, a tacer d’altro, è configurabile una sanatoria successiva a mezzo dell’art. 182 c.p.c., visto il dettato dell’art. 365 c.p.c. che impedisce la relativa “riparazione”, esigendo la presenza della valida procura già prima della formazione del ricorso l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 5 e in tal modo rendendo irrilevante una procura successiva, salva l’ipotesi di sostituzione dell’originario difensore, così come – da ultimo – ha evidenziato, in motivazione, Cass. sez. 3, ord. 19 gennaio 2018 n. 1255 (massimata nel senso che “è inammissibile il ricorso per cassazione allorquando la procura, apposta su foglio separato e non materialmente congiunta al ricorso, sia conferita con scrittura privata autenticata nella sottoscrizione dal difensore in violazione dell’art. 83 c.p.c., comma 3, dal momento che la norma non prevede un conferimento autonomo rispetto agli atti processuali a cui il mandato si riferisce (salvo che per la memoria di costituzione di nuovo difensore in sostituzione del precedente); nemmeno è possibile una sanatoria dell’atto mediante rinnovazione ai sensi dell’art. 182 c.p.c., poichè l’art. 365 c.p.c. prescrive l’esistenza di una valida procura speciale come requisito di ammissibilità del ricorso.”).

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo. Sussistono D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 7000, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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