Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17917 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. III, 04/07/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 04/07/2019), n.17917

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21010/2017 proposto da:

LEHVOSS ITALIA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18, presso lo

studio dell’avvocato FABRIZIO FABIO AROSSA, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati SILVIA RIMEDIO, ENRICO CASTELLANI;

– ricorrente –

contro

G.A.M., G.A.I., G.U.M.

in proprio e nella loro qualità di eredi di T.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CHIUSI 31, presso lo studio

dell’avvocato PIO CORTI, rappresentati e difesi dagli avvocati

CALOGERO AGOZZINO, RAFFAELLA COSCIA;

– controricorrenti –

e contro

G.N.A., V.M.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 597/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 14/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/04/2019 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI.

Fatto

RILEVATO

che:

Con atto di citazione del 2 aprile 2009 Lehvoss Italia S.r.l. conveniva davanti al Tribunale di Milano G.U.M., G.A.M., G.A.I., G.N.A., R.M., R.S., T.A., V.M.R. e Vo.Bi. – con cui aveva stipulato due contratti (uno il 23/24 dicembre 2004 e l’altro il 30 novembre 2005) mediante i quali aveva acquistato tutte le quote di Chem Import S.r.l. e nei quali i cedenti avevano assunto obblighi di garanzia e di indennizzo nei confronti della cessionaria chiedendone, in forza di tali loro obblighi contrattuali, la condanna al pagamento di varie somme. I convenuti si costituivano resistendo, tranne i R. che giungevano a transigere.

Il Tribunale, con sentenza del 23 marzo 2011, accoglieva parzialmente le pretese attoree, condannando in solido i convenuti (tranne appunto i R.) a pagare all’attrice Euro 263,93 oltre interessi, e a manlevarla nella misura di sette noni dalle somme cui sarebbe stata eventualmente condannata a favore dell’Agenzia delle Entrate in riferimento ad un avviso di accertamento tributario per l’importo di Euro 157.742,24 oltre interessi.

Lehvoss Italia proponeva appello principale e il Vo. appello incidentale; rigettava entrambi la Corte d’appello di Milano con sentenza del 14 febbraio 2017.

Lehvoss Italia ha proposto ricorso, articolato su due motivi – illustrati poi anche con memoria -, da cui si sono difesi con controricorso G.U.M., G.A.I., G.A.M. – in proprio e quali eredi della T. – la V. e il Vo..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1 Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c..

Il Tribunale avrebbe rigettato la domanda di ripetizione dell’indebito per difetto di prova sia che le non contabilizzate fatture riguardassero l’attività caratteristica della società ceduta sia che la loro omessa contabilizzazione avesse inciso sul risultato d’esercizio 2005. L’attuale ricorrente avrebbe impugnato ciò nel primo motivo d’appello per avere il giudice di prime cure ritenuto non provati fatti che invece non sarebbero stati contestati, violando così l’art. 115 c.p.c. e altresì perchè la mancata produzione della relazione della società di revisione di cui l’attuale ricorrente si sarebbe avvalsa non avrebbe comunque impedito di dimostrare le circostanze che il Tribunale avrebbe ritenuto appunto non provate. La corte territoriale avrebbe dedicato solo otto righe della sua motivazione a tale censura, “immotivatamente appiattendosi” su quanto ritenuto dal primo giudice. Sussisterebbe quindi una omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., in ordine al motivo d’appello fondato sulla violazione dell’art. 115 c.p.c., in cui sarebbe incorso il Tribunale, motivo che “viene pertanto riproposto con il presente ricorso”.

1.2 Questo motivo non ha propriamente per oggetto una violazione dell’art. 112 c.p.c., dal momento che il motivo d’appello cui si riferisce è stato manifestamente esaminato dalla corte territoriale; si lamenta invece, a ben guardare, di una motivazione assai concisa fornita dalla corte, che peraltro concerne proprio quello che il giudice d’appello al riguardo ha ritenuto realmente rilevante.

L’asserita carenza di contestazione ex art. 115 c.p.c., si nota oramai ad abundantiam, viene comunque addotta sia a proposito della inerenza delle due fatture passive non contabilizzate all’attività “caratteristica” di Chem Import S.r.l., sia a proposito della incidenza dell’omessa contabilizzazione sul risultato d’esercizio (si veda sul punto anche quanto esposto nella premessa del ricorso, a pagina 10). Ma la ricorrente stessa, nella premessa del ricorso (a pagina 13) afferma che, costituendosi in primo grado controparte, quest’ultima tra l’altro aveva sostenuto che tali fatture “rappresentavano l’acquisto di beni entrati in magazzino e pertanto non avrebbero avuto alcun impatto sul bilancio”. Quindi non corrisponde al vero che non vi sia stata contestazione sull’incidenza delle suddette fatture sul risultato d’esercizio; e inoltre, tutt’al più – a prescindere da quanto già sopra rilevato in primis -, si sarebbe dinanzi ad una censura riconducibile non all’art. 112 c.p.c., bensì all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, peraltro in questo caso non essendo stata dimostrata la decisività del fatto.

Quanto all’ulteriore profilo del primo motivo d’appello relativo agli effetti della mancata produzione della relazione della società di revisione di cui si sarebbe avvalsa l’attuale ricorrente, è direttamente fattuale, e dunque – ictu oculi – inammissibile.

Il motivo risulta pertanto inconsistente.

2. Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4: viene elencata una serie di argomenti che la corte territoriale non avrebbe tenuto in conto nell’apparato motivazionale.

Questo motivo dichiara di denunciare un difetto di motivazione ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, ma consiste, con assoluta evidenza, appunto in una serie di argomenti fattuali che il giudice d’appello non avrebbe considerato, perseguendo così un terzo grado di merito. A parte allora che la motivazione della sentenza d’appello sussiste nei limiti del minimum costituzionale, pur essendo assai scarna, la censura risulta pertanto inammissibile.

3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo. Sussistono D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 15.000, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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