Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17916 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. III, 04/07/2019, (ud. 12/04/2019, dep. 04/07/2019), n.17916

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25974-2017 proposto da:

T.A.,

rappresentato e difeso dall’avvocato A.A.;

– ricorrente –

contro

BANCA LEONARDO SPA, in persona di M.R.A. nella

qualità di Chief Operating Officier, C.D. nella qualità

di Responsabile Planning Control e P.D. nella qualità di

Dirigente Responsabile Amministrazione, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA SAN NICOLA DE’ CESARINI, 3, presso lo studio dell’avvocato

C.C., che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

D.D.;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1294/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 06/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2019 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE ALESSANDRO,che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

udito l’Avvocato B.B. per delega;

udito l’Avvocato D.D..

Fatto

RILEVATO

che:

la Banca Leonardo s.p.a. promosse due giudizi per sentir dichiarare, ex art. 2901 c.c., l’inefficacia dell’atto di costituzione di un fondo patrimoniale stipulato il 31.3.2011 dal proprio debitore T.A. e dalla moglie L.M.G.;

riunite le due cause, il Tribunale di Bergamo accolse le domande di revocatoria;

provvedendo sul gravame proposto dal T. (previa integrazione del contraddittorio nei confronti della L.), la Corte di Appello di Brescia ha confermato integralmente la sentenza di primo grado, rilevando che:

il T. era fideiussore, fin dal novembre 2008, della (OMISSIS) s.r.l., cui la Banca aveva concesso un’apertura di credito;

alla data in cui era stato costituito il fondo patrimoniale, la società garantita era debitrice della Banca per oltre dieci milioni di Euro e non aveva provveduto a reintegrare la disponibilità concessa;

il T. non aveva provveduto a saldare la propria obbligazione fideiussoria, nè aveva indicato beni – diversi da quelli confluiti nel fondo patrimoniale – sui quali la Banca avrebbe potuto utilmente soddisfarsi;

essendo socio, ancorchè non amministratore, della società garantita, il T. non poteva non essere consapevole delle difficoltà della Lockit, della quale era fideiussore per ben 4 milioni di Euro;

ha proposto ricorso per cassazione T.A., affidandosi a due motivi; ad esso ha resistito, con controricorso, la Banca Leonardo s.p.a., che ha anche depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo – articolato – motivo, il ricorrente denuncia “la violazione o falsa applicazione di norme di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in riferimento all’art. 2901 c.c., n. 1, all’art. 2729 c.c. e all’art. 167 c.c., laddove la Corte d’Appello di Brescia ha ritenuto sussistere l’eventus damni e ha dato per presunta l’esistenza della scientia damni da parte del T. allorchè ha stipulato il fondo patrimoniale, senza adeguata motivazione”;

il ricorrente si duole che la Corte non abbia tenuto conto che il T. aveva fornito la prova che, al momento della stipula del fondo patrimoniale, non v’era alcuna compromissione patrimoniale della debitrice principale Lockit;

contesta, altresì, che la Banca avesse fornito la prova dell'”elemento psicologico dell’animus nocendi”, rilevando che la circostanza che il T. fosse socio della (OMISSIS) “non bastava a fondare la presunzione di cui sopra”, di talchè l’art. 2729 c.c. era stato mal applicato; tanto più che il fatto che, al momento della costituzione del fondo patrimoniale, la debitrice principale fosse indebitata per oltre 10 milioni di Euro “non era particolarmente significativo”, a fronte del valore complessivo dei beni della società; senza considerare che vi erano beni del Tenterio che erano rimasti fuori dal fondo patrimoniale; conclude che “ritenere presunta la scientia damni in capo al sig. T. alla data del 31.3.2011 è stata un’evidente forzatura”, determinando “la violazione di uno dei presupposti essenziali dell’azione ex art. 2901 c.c.”;

il secondo motivo – accennato in coda al ricorso – deduce, “sulla base di quanto riepilogato”, l'”omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che erano stati oggetto di discussione nella causa”;

i motivi sono entrambi inammissibili:

a fronte del dato – pacifico – che al momento della costituzione del fondo- la società garantita dal T. aveva un’esposizione di 10 milioni di Euro nei confronti della Banca e della circostanza che il T. era socio della società garantita (e necessariamente a conoscenza della sua situazione finanziaria), il ricorrente propone considerazioni – in punto di eventus damni e di elemento soggettivo -che non individuano specificamente gli errori di diritto in cui sarebbe incorsa la Corte di merito, ma li postulano sulla base di una lettura della vicenda tesa a sostenere l’irrilevanza della (ingentissima) esposizione debitoria della (OMISSIS) e l’impossibilità di prevederne il successivo tracollo (fino alla dichiarazione di fallimento); si tratta pertanto di censure che sollecitano una rivalutazione in fatto della vicenda, svolte -per di più- in totale difetto di autosufficienza quanto agli elementi posti a base delle deduzioni e argomentazioni in cui si articola l’illustrazione del motivo;

il secondo motivo è anch’esso inammissibile – a prescindere dall’assoluta genericità – per il fatto che, a fronte di una “doppia conforme”, la censura ex art. 360 c.p.c., n. 5 è inibita dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5;

le spese di lite seguono la soccombenza;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 8.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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