Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17915 del 30/07/2010
Cassazione civile sez. VI, 30/07/2010, n.17915
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –
Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –
Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
T.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2,
presso lo studio del dott. ALFREDO PLACIDI, rappresentato e difeso
dall’avvocato STANZIOLA NADIA, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del
Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA
CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO
ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PREDEN SERGIO, giusta procura speciale in
calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 427/2009 della CORTE D’APPELLO di GENOVA del
22.5.09, depositata il 29/07/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/07/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE MELIADO’;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GOLIA
Aurelio.
Fatto
IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza in data 22.5/29.7.2009 la Corte di appello di Genova confermava la sentenza resa dal Tribunale di La Spezia il 21.4.2008, impugnata da T.E., che rigettava la domanda da quest’ultimo proposta ai fini del riconoscimento del beneficio di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 previo accertamento dell’esposizione ultradecennale ad amianto.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso T.E. con tre motivi. Resiste con controricorso l’INPS. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione dell’art. 194 c.p.c. rilevando che la decisione impugnata si fonda sulle indagini tecniche espletate nella fase di merito, ma senza tener conto delle valutazioni critiche svolte nell’atto di appello e senza valutare la possibilita’ di acquisire informazioni sulle concrete condizioni di lavoro.
Con il secondo motivo prospetta vizio di motivazione con riferimento alla “mancata ammissione di mezzi istruttori decisivi al fine di decidere”, aventi ad oggetto “le mansioni e le qualifiche espletate…e le attivita’ che hanno comportato un maggiore contatto con l’amianto”; si censura, inoltre, la mancata rinnovazione della c.t.u..
Con l’ultimo motivo, infine il ricorrente si duole che la corte territoriale, con erronea motivazione, ha ritenuto indimostrate le modalita’ di svolgimento dell’attivita’ lavorativa, sebbene il ricorso di primo grado “descrive(sse) specificamente le mansioni svolte dal ricorrente ed i luoghi di lavoro”.
I motivi sono manifestamente infondati contrastando con la regola della necessaria autosufficienza del ricorso per cassazione, che, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, impone alla parte che denuncia, in sede di legittimita’, il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie e processuali, l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato o erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire il controllo della decisivita’ dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse, dato che questo controllo, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, deve poter essere compiuto dalla Corte di cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non e’ consentito sopperire con indagini integrative (v. ad es. per tutte Cass. n. 10913/1998; Cass. n. 12362/2006).
Nel caso, il ricorso non offre alcuna documentazione (attraverso apposita trascrizione) dei rilievi svolti alla relazione di consulenza, del contenuto dei mezzi istruttori non ammessi, delle allegazioni reperibili nel ricorso di primo grado.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza, non essendovi prova, in seno al presente ricorso, che l’interessato ha formulato la dichiarazione prescritta dall’art. 152 disp. att. c.p.c..
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 30,00 per esborsi ed in Euro 1500,00 per onorario di avvocato, oltre accessori come per legge.
Cosi’ deciso in Roma, il 9 luglio 2010.
Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2010