Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17912 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. III, 04/07/2019, (ud. 09/04/2019, dep. 04/07/2019), n.17912

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29204/2017 proposto da:

NEW TRONIC SRL, in persona dell’amministratore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 36, presso lo studio

dell’avvocato ROBERTO AFELTRA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

VIBITECH SRL, in persona del legale rappresentante, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI BETTOLO 17, presso lo studio

dell’avvocato ALESSANDRO RUFINI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FEDERICO MACCONE;

– controricorrente

avverso la sentenza n. 1919/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 08/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/04/2019 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

RILEVATO

che:

la New Tronic s.r.l. propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo con cui le era stato intimato il pagamento di 96.840,63 Euro in favore della Vibitech s.r.l., quale corrispettivo della fornitura di macchinari;

l’opponente sostenne che due macchine industriali rettificatrici erano state consegnate in ritardo e presentavano vizi che non ne consentivamo l’utilizzo e rendevano antieconomica la riparazione; chiese, pertanto, la revoca del d.i. e la condanna dell’opposta al risarcimento dei danni, quantificati in 131.460,61 Euro;

il Tribunale di Milano rigettò l’opposizione e tutte le domande proposte dalla New Tronic s.r.l.;

la Corte di Appello ha confermato la sentenza, rilevando, fra l’altro, che:

“non sussiste(va) inadempimento contrattuale da parte di Vibitech, in quanto vi (era) stata esatta esecuzione della prestazione oggetto di contratto”, che “non consisteva (…) nella fornitura di due macchine rettificatrici nuove – il cui prezzo sarebbe stato ragionevolmente più elevato rispetto a quello pattuito – ma nella predisposizione di due macchine rettificatrici “usate””, non destinate a fini produttivi, ma didattici e dimostrativi;

era “dunque, legittimo desumere che, al prezzo concordato tra le parti, corrispond(essero) caratteristiche tecniche inevitabilmente inferiori rispetto a quelle di macchinari nuovi e che tali caratteristiche fossero note e condivise dalle parti”;

la circostanza, evidenziata dall’appellante, che i due macchinari fossero pericolosi e non conformi alla normativa CE costituiva “questione esterna al contenuto del contratto di cui è causa e all’oggetto tra le parti concordato”;

pur essendo fondata la doglianza circa la mancata consegna, da parte della Vibitech, del corretto libretto d’uso e manutenzione relativo ai macchinari, doveva considerarsi che la fornitrice aveva affermato la propria disponibilità ad eseguire le riparazioni necessarie (e ad apportare le conseguenti modifiche al libretto d’uso e manutenzione) e che tale offerta non aveva avuto seguito in quanto la New Tronic aveva richiesto una fideiussione non prevista in contratto, cosicchè “il danno subito da New Tronic, per quanto concerne i vizi che potevano essere corretti da Vibitech nei limiti dell’oggetto del contratto (quali, per esempio, la modifica del libretto d’uso e manutenzione) non (poteva) essere oggetto di risarcimento, ex art. 1227 c.c.”;

in relazione al risarcimento del danno da lucro cessante, lamentato in relazione al ritardo nella fornitura, la New Tronic non aveva fornito alcuna prova dei costi dalla stessa sostenuti (rispetto ai quali la Vibitech aveva “comunque sollevato tempestiva eccezione di imprevedibilità, ai sensi dell’art. 1225 c.c.”);

ogni altro motivo di appello doveva ritenersi assorbito, “compresa l’azione di risarcimento nei confronti di Vibitech per le spese sostenute da New Tronic (…) in relazione all’adeguamento delle macchine e all’eliminazione dei vizi”;

ha proposto ricorso per cassazione la New Tronic s.r.l., affidandosi a quattro motivi illustrati da memoria; l’intimata ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo (che deduce la violazione dell’art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c.), la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha escluso l’inadempimento contrattuale della Vibitech “in palese contrasto con il giudicato interno formatosi a seguito della sentenza di primo grado (…) che accertava l’inadempimento contrattuale della Vibitech sia sotto il profilo del ritardo nella consegna dei due macchinari, che della sussistenza dei vizi in relazione all’art. 1490 c.c.”;

il motivo è inammissibile, in quanto la ricorrente non ha trascritto la sentenza di primo grado in misura sufficiente a consentire di apprezzare il dedotto giudicato interno; considerato, infatti, che il giudicato può determinarsi su una statuizione minima della sentenza costituita dalla sequenza fatto, norma ed effetto – suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia (cfr. Cass. n. 12202/2017 e Cass. n. 24783/2018), deve escludersi che i due passaggi della sentenza di primo grado riportati in ricorso (concernenti – il primo – il ritardo nella consegna e – il secondo – l’eccezione di decadenza dalla garanzia ex art. 1490 c.c.) valgano a configurare una siffatta “statuizione minima” suscettibile di connotare un giudicato interno;

a prescindere da tale assorbente rilievo, la censura risulta comunque infondata giacchè la Corte di merito non ha escluso che vi sia stato ritardo nella consegna, ma ha dichiarato di condividere la pronuncia di rigetto del Tribunale sul rilievo che la New Tronic non aveva fornito alcuna prova dei costi sostenuti; nè la Corte ha affermato che vi sia stata la decadenza, avendo piuttosto orientato la sua decisione nel senso che le caratteristiche dei macchinari fossero necessariamente correlate al fatto che si trattava di macchine rettificatrici usate;

il secondo motivo denuncia (sotto il profilo della violazione degli artt. 1346 e 1453 c.c.) l’erronea identificazione dell’oggetto del contratto: la ricorrente sostiene che “esiste in atti la prova documentale che oggetto del contratto era la vendita di alcune macchine tra cui le due rettificatrici oggetto di contestazione nuove e non usate” e che la destinazione d’uso non incideva “minimamente sulla natura del contratto, e cioè due macchine nuove, sia che fossero destinate alla produzione che alla scuola”;

il motivo è inammissibile, in quanto è basato su risultanze documentali rispetto alle quali la ricorrente non ha ottemperato all’onere – di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 – di trascrivere o riassumere in modo adeguato il contenuto dei documenti richiamati; per di più, non indica specificamente i termini in cui le norme indicate in rubrica sarebbero state violate e appare volto – nella sostanza – a sovrapporre a quella compiuta dalla Corte una diversa e non consentita valutazione di merito;

col terzo motivo (che denuncia la violazione degli artt. 115 e 132 c.p.c.), viene dedotta la “totale assenza di motivazione per come rifluente in violazione di legge sulla richiesta ammissione di prove testimoniali indotte con l’atto di appello in riferimento ai costi sostenuti ed al lucro cessante”; oltre che della mancata ammissione delle prove orali, la ricorrente si duole della mancata statuizione sull’istanza di rimessione in termini per deposito documentale e sulla richiesta di acquisizione del fascicolo d’ufficio del procedimento relativo all’A.T.P.;

il motivo – formulato genericamente – è inammissibile per difetto di autosufficienza in quanto non riporta i capitoli della prova orale, non indica le ragioni poste a fondamento dell’istanza di rimessione in termini nè spiega le ragioni dell’interesse ad acquisire il fascicolo d’ufficio dell’A.T.P. la cui relazione parrebbe essere stata utilizzata dalla Corte (che in effetti fa espresso riferimento alle risultanze della c.t.u.);

anche il quarto motivo (“violazione di legge – art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 1226,1227,1453,1460,1490 e 1494 c.c.”) è inammissibile in quanto denuncia la violazione delle norme di diritto in modo del tutto generico, mirando piuttosto a censurare affermazioni che sarebbero smentite dalla relazione dell’A.T.P. (richiamata senza ottemperare all’onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6) e a sostenere – erroneamente – che non si era determinato l’assorbimento dei motivi di appello presupponenti l’accertamento dell’inadempimento della Vibitech;

le spese di lite seguono la soccombenza;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 9 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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