Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17911 del 27/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/08/2020, (ud. 04/06/2020, dep. 27/08/2020), n.17911

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14498-2019 proposto da:

“ANTONIO GIANCONE” ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, P.ZA SAN SALVATORE IN CAMPO, 3, presso lo studio dell’avvocato

NICOTINA GIUSEPPINA MUCCIO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AM COSTRUZIONI SRL, in persona dell’amministratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FONTEINA 65 presso lo studio

dell’avvocato DOMENICO SABIA, rappresentata e difesa dall’avvocato

GIOVANNI COLACURCIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 532/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata l’08/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

DELL’UTRI.

 

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza resa in data 8/2/2019, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento della domanda proposta dalla A.M. Costruzioni s.r.l., ha pronunciato la risoluzione del contratto di locazione concluso tra la società ricorrente (quale locatrice) e l’Associazione Sportiva Dilettantistica ANTONIO GIANCONE (quale conduttrice), per inadempimento di quest’ultima;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha sottolineato la correttezza della decisione di primo grado nella parte in cui aveva escluso la sussistenza di alcun inadempimento della società locatrice in relazione alla garanzia dell’idoneità dell’immobile locato all’uso di circolo ricreativo cui l’associazione conduttrice aveva asseritamente inteso destinarlo, non avendo mai le parti espressamente dedotto la circostanza che il predetto immobile sarebbe stato destinato a detto uso, rilevando, conseguentemente, la gravità dell’inadempimento della conduttrice in ordine alla mancata corresponsione dei canoni dovuti;

avverso la sentenza d’appello l’Associazione Sportiva Dilettantistica ANTONIO GIANCONE propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;

la A.M. Costruzioni s.r.l. resiste con controricorso;

a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., le parti non hanno presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, l’associazione sportiva ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 115 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale erroneamente affermato che dal contratto concluso tra le parti si ricaverebbe l’assenza di alcuna affermazione della società locatrice circa la piena idoneità dell’immobile concesso in locazione in godimento ad essere utilizzato come circolo ricreativo, in contrasto con il chiaro dettato del documento negoziale acquisito agli atti del giudizio;

con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 1575 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4), per avere la corte territoriale erroneamente affermato l’inammissibilità della deduzione svolta dalla conduttrice in ordine al mancato godimento dei locali concessi in locazione, siccome asseritamente avanzata per la prima volta in grado d’appello, senza considerare la radicale insussistenza dei requisiti minimi di abitabilità e agibilità dell’immobile locato;

entrambi i motivi – congiuntamente esaminabili in ragione dell’intima connessione delle questioni dedotte – sono inammissibili;

osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che egli intende esercitarvi, nonchè al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative;

ne consegue che, ove il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato;

la destinazione particolare dell’immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che attenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell’obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell’immobile in relazione all’uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l’attestazione del riconoscimento dell’idoneità dell’immobile da parte del conduttore (v. Sez. 3, Ordinanza n. 14731 del 07/06/2018, Rv. 649048 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 1735 del 25/01/2011, Rv. 616335 – 01);

ciò posto, varrà osservare come l’odierna associazione ricorrente abbia totalmente omesso di provvedere compiutamente all’assolvimento degli oneri di allegazione e produzione imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4 in ordine all’ammissibilità del ricorso;

al riguardo, osserva il Collegio come, sulla base del principio di necessaria e completa allegazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c., n. 6 (valido oltre che per il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 anche per quelli previsti dai nn. 3 e 4 della stessa disposizione normativa), il ricorrente che denunzia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, non può limitarsi a specificare soltanto la singola norma di cui, appunto, si denunzia la violazione, ma deve indicare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività di detta violazione (cfr. Sez. L, Sentenza n. 9076 del 19/04/2006, Rv. 588498);

siffatto onere sussiste anche allorquando il ricorrente affermi che una data circostanza debba reputarsi comprovata dall’esame degli atti processuali, con la conseguenza che, in tale ipotesi, il ricorrente medesimo è tenuto ad allegare al ricorso gli atti del processo idonei ad attestare, in relazione al rivendicato diritto, la sussistenza delle circostanze affermate, non potendo limitarsi alla parziale e arbitraria riproduzione di singoli periodi estrapolati dagli atti processuali propri o della controparte;

è appena il caso di ricordare come tali principi abbiano ricevuto l’espresso avallo della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte (cfr., per tutte, Sez. Un., Sentenza n. 16887 del 05/07/2013), le quali, dopo aver affermato che la prescrizione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, è finalizzata alla precisa delimitazione del thema decidendum, attraverso la preclusione per il giudice di legittimità di porre a fondamento della sua decisione risultanze diverse da quelle emergenti dagli atti e dai documenti specificamente indicati dal ricorrente, onde non può ritenersi sufficiente in proposito il mero richiamo di atti e documenti posti a fondamento del ricorso nella narrativa che precede la formulazione dei motivi (Sez. Un., Sentenza n. 23019 del 31/10/2007, Rv. 600075), hanno poi ulteriormente chiarito che il rispetto della citata disposizione del codice di rito esige che sia specificato in quale sede processuale nel corso delle fasi di merito il documento, pur eventualmente individuato in ricorso, risulti prodotto, dovendo poi esso essere anche allegato al ricorso a pena d’improcedibilità, in base alla previsione del successivo art. 369, comma 2, n. 4 (cfr. Sez. Un., Sentenza n. 28547 del 02/12/2008 (Rv. 605631); con l’ulteriore precisazione che, qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito e si trovi nel fascicolo di parte, l’onere della sua allegazione può esser assolto anche mediante la produzione di detto fascicolo, ma sempre che nel ricorso si specifichi la sede in cui il documento è rinvenibile (cfr. Sez. Un., Ordinanza n. 7161 del 25/03/2010, Rv. 612109, e, con particolare riguardo al tema dell’allegazione documentale, Sez. Un., Sentenza n. 22726 del 03/11/2011, Rv. 619317);

nella violazione di tali principi deve ritenersi incorsa l’odierna ricorrente con i motivi d’impugnazione in esame, atteso che la stessa, nel dolersi che la corte d’appello avrebbe erroneamente affermato che dal contratto concluso tra le parti non si ricaverebbe alcuna dichiarazione della società locatrice circa la piena idoneità dell’immobile concesso in locazione in godimento ad essere utilizzato come circolo ricreativo, nonchè nel dolersi che il giudice a quo avrebbe erroneamente rilevato l’inammissibilità della deduzione svolta dalla conduttrice in ordine al mancato godimento dei locali concessi in locazione (siccome asseritamente avanzata per la prima volta in grado d’appello, o comunque senza considerare la radicale insussistenza dei requisiti minimi di abitabilità e agibilità dell’immobile locato), ha tuttavia omesso di fornire alcuna idonea e completa indicazione circa gli atti e i documenti (con particolare riguardo al testo integrale del contratto di locazione e agli atti processuali comprovanti l’eventuale tempestiva deduzione del mancato godimento dell’immobile locato) comprovanti il ricorso effettivo di detti errori (con particolare riguardo al riscontro documentale dell’eventuale impegno, formalmente ed espressamente assunto dalla locatrice, della garanzia di pacifico godimento dell’immobile in relazione all’uso di circolo ricreativo), con ciò precludendo a questa Corte la possibilità di apprezzare la concludenza delle censure formulate al fine di giudicare la fondatezza dei motivi d’impugnazione proposti;

che alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al rimborso, in favore della società controricor-rente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre l’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso art. 13.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 4 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2020

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