Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17910 del 09/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 09/09/2016, (ud. 07/07/2016, dep. 09/09/2016), n.17910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso per regolamento di competenza 24065-2015 proposto da:

SUSA SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 38,

presso lo studio dell’avvocato CARLO DE MARCHIS, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati RODOLFO VALDINA, PIER FRANCESCO

VALDINA, giusta mandato a mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE LE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso L’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli Avvocati ANTONINO SGROI,

PATRIZIA TADRIS, ope legis;

– resistente –

avverso il provvedimento del TRIBUNALE di PERUGIA, depositata il

25/09/2015;

sulle conclusioni scritte dal PG., in persona della Dott.ssa

Sanlorenzo Rita, che chiede che la Corte di Cassazione, riunita in

camera di consiglio, respinga il proposto ricorso per regolamento di

competenza;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Susa S.p.a. ha evocato in giudizio l’INPS, avanti al Tribunale di Perugia, per sentir accertare che le somme pretese dall’Istituto, con il verbale ispettivo del 24.5.2010, non erano dovute. 2. Con tale verbale ispettivo, emesso dalla sede di Bologna, l’Istituto ha imputato alla Susa s.p.a., nella qualità di committente di un appalto di servizi nei confronti della Cooperativa CMR, la responsabilità solidale, D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 29, comma 2, per le somme pretese a titolo di maggiori contributi previdenziali e sanzioni civili inerenti alcune posizioni lavorative coinvolte nell’esecuzione dell’appalto. 3. Il Giudice del lavoro di Perugia, rilevato che la Susa s.p.a. era stata raggiunta dalla pretesa dell’Istituto nella sua esclusiva qualità di committente asseritamente responsabile, in solido, dell’obbligazione contributiva gravante, in via principale, sul datore di lavoro, in applicazione del disposto dell’art. 444 c.p.c., comma 3, ha affermato la competenza del Tribunale di Bologna, nel cui circondario si trova la sede INPS che gestisce le posizioni contributive del personale coinvolto dall’accertamento ispettivo. 4. Propone regolamento di competenza la società ricorrente, sottolineando la natura dell’obbligazione di cui sarebbe la stessa gravata, secondo la prospettazione dell’INPS: obbligazione solidale, e quindi autonoma rispetto a quella fatta valere nei confronti del datore di lavoro, dunque riferibile alla sede dell’Istituto che gestisce le posizioni dei lavoratori alle sue dipendenze. 5. Ad avviso della parte ricorrente, il Tribunale avrebbe errato nel non considerare gli assetti, sostanziali e processuali, della controversia: l’accentramento dei versamenti presso la sede di Perugia avrebbe dovuto comportare che “ogni versamento dovesse essere effettuato a favore dell’ufficio INPS di Perugia, indipendentemente dai luoghi ove si svolgono i rapporti di lavoro ai quali le contribuzioni afferiscono”. 6. L’Ufficio del Pubblico ministero ha concluso per il rigetto del ricorso; tale conclusione è condivisa dal Collegio e non sono idonei a condurre a diverso esito i rilievi critici contenuti nella memoria di parte ricorrente. 7. L’art. 444 c.p.c., comma 3 attribuisce la competenza “per le controversie relative agli obblighi del datore di lavoro e all’applicazione delle sanzioni civili per l’inadempimento di tali obblighi” al tribunale “del luogo in cui ha sede l’ufficio dell’ente”. 8. Come da questa Corte già affermato, per ufficio dell’ente, ai sensi dell’art. 444 c.p.c., comma 3, (la cui questione di legittimità costituzionale è stata dichiarata infondata con sentenza Corte cost. n. 477 del 1991), rilevante ai fini della determinazione della competenza territoriale nelle controversie concernenti gli obblighi contributivi del datore di lavoro, deve intendersi quello (da individuare in correlazione alla sede dell’impresa o ad una sua dipendenza) che, in quanto investito del potere di gestione esterna, sia in generale legittimato, per legge o per statuto, a ricevere i contributi ed a pretenderne il pagamento o a restituirne l’eccedenza, rimanendo ininfluenti eventuali provvedimenti derogatori con cui si attribuiscano tutti o parte dei rapporti assicurativi e previdenziali ad uffici aventi competenza territoriale su ambiti non ricomprendenti la sede dell’impresa ed essendo altresì priva di rilievo la previsione di centri operativi non dotati, in concreto, del potere di gestione esterna dei rapporti contributivi con i soggetti aventi sede nella corrispondente circoscrizione territoriale – così Cass. n. 10702 del 2015; 23893 del 23 dicembre 2004; Cass. n. 11266 del 17 dicembre 1996; Cass. n. 23124 del 16 novembre 2010 -. 9. Dunque, ogniqualvolta la controversia, relativa a un rapporto assicurativo previdenziale, riguardi l’accertamento dell’esistenza e dell’ammontare dell’obbligazione contributiva e si svolga – non importa se ad iniziativa dell’una o dell’altra parte (cfr. Cass. 26 agosto 1993 n. 9050) – fra l’ente pubblico e il datore di lavoro, si applica la norma sopra richiamata: ove si stabilisce un diretto legame tra l’espressione “giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio dell’ente”, e quella locuzione precedente, nella quale sono indicate “le controversie relative agli obblighi dei datori di lavoro e alla applicazione delle sanzioni civili”. 10. Da ciò deriva che, dal tenore letterale della norma – che poi corrisponde esattamente alla sua ratio, che è quella di favorire l’ente creditore e, indirettamente, il lavoratore assicurato, quale soggetto beneficiario della prestazione previdenziale (cfr. Cass. n. 11671/1990 e Cass. n. 1252/1993, in motivazione) – deve ricavarsi la regola secondo la quale all’art. 444 c.p.c., comma 3 deve farsi riferimento in tutti i casi in cui sia in discussione la valutazione “degli obblighi dei danni di lavoro” (cfr. Cass., 16 maggio 1996 n. 4541). 11. L’interpretazione propugnata dalla ricorrente trascura di considerare sia il testo della norma (che evidentemente indica la sede dell’ufficio dell’ente che ha avanzato la pretesa, e non quella eventualmente diversa dove sia collocata la sede dell’azienda) sia la sua rado, che, appunto, la giurisprudenza di questa Corte, sulla scorta dei lavori preparatori alla novella introdotta dalla L. n. 533 del 1973, individua nel favore accordato all’ente creditore ed eventualmente ai lavoratori assicurati, nel senso di avvicinare la controversia, in fase giudiziale, all’ufficio nel quale è stata trattata la fase amministrativa, coordinando l’interesse del lavoratore alla vicinanza del processo alla propria residenza con quello dell’istituto previdenziale alla “contiguità” tra sede amministrativa e sede giudiziaria di trattazione della controversia (si veda, per tutte, Cass. n. 550/1987 e successive conformi). 12. E’ pur vero che, nel caso di specie, i lavoratori non operano alle dipendenze della stessa committente, ma la struttura della norma sta ad indicare chiaramente come la regola valga, nell’accezione individuata dal Giudice di Perugia, per tutte le cause che riguardano gli obblighi del datore di lavoro e su questo dato assorbente si innesta anche la controversia intrapresa dal coobbligato solidale, che risponde peraltro per le stesse sanzioni collegate all’omissione contributiva. 13. Il ricorso dev’essere pertanto rigettato. 14. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. 15. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, a 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. 16. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poichè l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione (e della natura impugnatoria del regolamento di competenza non può dubitarsi – cfr. Cass. a 11331 del 22 maggio 2014), muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass. Sez. Un. n. 22035/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 2.500,00 per compensi professionali Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso forfettario del quindici per cento.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2016

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