Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17907 del 09/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 09/09/2016, (ud. 07/07/2016, dep. 09/09/2016), n.17907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 866/2015 proposto da:

ENTE AUTONOMO VOLTURNO (E.A.V.) SRL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TEVERE 46-A, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PALA,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIULIO RUSSO giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

V.B., S.G., R.F., elettivamente

domiciliati in ROMA, P.LE CLODIO, 14, presso lo studio dell’avvocato

MASSIMO DI CELMO, che li rappresenta e difende giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4933/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

17/06/2014, depositata il 27/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato Bruno Mantovani (delega verbale avvocato Massimo Di

Celmo) difensore dei controricorrenti che si riporta ai motivi

scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio. 2. Gli odierni intimati hanno adito il Giudice del lavoro di Napoli chiedendo, per quanto rileva in questa sede, l’accertamento del diritto a fruire di una ulteriore giornata di premesso retribuito e la condanna della convenuta EAV s.p.a. al pagamento delle differenze retributive, ciò in considerazione della dedotta illegittimità della disapplicazione dell’accordo collettivo nazionale di lavoro, operata dalla parte datoriale, diretta a ridurre i giorni di permesso retribuito a seguito della reintroduzione legislativa della festività del 2 giugno. 3. In particolare, la società aveva invocato la teoria della presupposizione, che considera situazioni in cui le parti contrattuali dettano il regolamento negoziale fondando le loro valutazioni su determinati presupposti, non esplicitati nel testo dell’accordo, ma con evidenza posti a suo fondamento, quali “condizioni inespresse”, il cui venir meno faccia scemare la ragione del contratto, sostenendo la corrispondenza tra le intervenute modifiche legislative e il rimodellamento della disciplina contrattuale. 4. Il Tribunale ha accolto la domanda, con sentenza confermata dalla Corte di appello di Napoli. 5. Per la cassazione di tale sentenza la EAV s.p.a. ha proposto ricorso, affidato a cinque motivi. 6. Gli intimati hanno resistito con controricorso. 7. Il ricorso è manifestamente infondato alla luce delle plurime decisioni di questa Corte intervenute in vicende del tutto analoghe (Cass. 4 settembre 2014, n. 18715; Cass. 25 settembre 2014, nn. 20201, 20202, 20203, 20204, 20205, 20206; Cass. 4 settembre 2014, n. 18715; v., da ultimo, Cass. sez. sesta – L 6796/2016). 8. In tali decisioni è stato innanzitutto evidenziato che si era in presenza di un rapporto asimmetrico tra la legge che aveva eliminato alcune festività e l’Accordo collettivo successivo che aveva previsto un incremento di ferie e permessi numericamente non corrispondente alle soppressioni nel tempo intervenute ma inferiore. 9. Inoltre è stato precisato che l’evoluzione legislativa intervenuta dopo la stipula dell’Accordo interconfederale che aveva previsto giorni di ferie o permessi aggiuntivi avrebbe potuto (forse dovuto) indurre le parti collettive ad un ripensamento della regolamentazione patrizia ma le organizzazioni datoriali e sindacali che avevano sottoscritto l’accordo non hanno ritenuto di operare una revisione del contenuto dell’atto sulla base delle nuove emergenze legislative. 10. Tale revisione non può operarla il giudice, legittimando l’iniziativa unilaterale di un soggetto privato che non è parte dell’accordo collettivo. 11. Non va dimenticato che parti del contratto collettivo (nella specie l’accordo interconfederale) sono le organizzazioni datoriali e dei lavoratori, che avevano tutti i poteri per aggiornare la regolamentazione e non lo hanno fatto. 12. Anzi, pur avendo rinnovato più volte la contrattazione del settore negli anni successivi alle modifiche legislative, hanno omesso di aggiornare e ricalibrare la disciplina di questa materia. 13. Il singolo lavoratore o datore di lavoro aderente alle organizzazioni stipulanti non ha poteri modificativi della regolamentazione collettiva. 14. In presenza, dunque, di un “atto normativo” con efficacia vincolante per il singolo aderente alle associazioni stipulanti, l’unica via per sottrarsi a tale efficacia è quella del recesso dall’associazione. 15. In conclusione, non è possibile considerare legittimo il comportamento di una delle parti (non dell’accordo interconfederale, ma) del contratto individuale di lavoro, che, unilateralmente, abbia deciso di disapplicare parzialmente (e quindi modificare) Il contenuto dell’accordo medesimo a seguito di (una delle) modifiche legislative in materia di festività, che invece le stesse parti collettive non hanno ritenuto idonee a determinare revisioni della disciplina dell’accordo nazionale da loro sottoscritto. 16. In conclusione, la sentenza impugnata si è conformata ai predetti principi e il ricorso dev’essere respinto. 17. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza con distrazione in favore dell’avvocato Massimo Di Celmo per dichiarato anticipo fattone. 18. I fa circostanza che il ricorsi) sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass. Sez., Un. 22035/2014 e alle numerose successive conformi). 19. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) da rigettarsi integralmente, deve provvedersi in conformità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese generali in misura del 15%, con distrazione in favore dell’avvocato Massimo Di Celmo dichiaratosi antistatario. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2016

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