Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17904 del 09/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 09/09/2016, (ud. 13/04/2016, dep. 09/09/2016), n.17904

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29084-2014 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OVIDIO 32,

presso lo studio dell’avvocato NICOLO’ SCHITTONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato SALVATORE CARLUCCIO, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.M.M., V.D., D.M.E.,

P.I., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PAOLO EMILIO N. 57,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO BIASI, rappresentati e difesi

dall’avvocato ANTONIO DE GIORGI, giusta procura speciale a margine

del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 239/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE del

25/02/2014, depositata il 01/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione:

“1. La Corte d’appello di Lecce ha rigettato la domanda proposta da C.A. nei confronti della società Cat Club SNC. (e coltivata, dopo lo scioglimento di questa, nei confronti de soci illimitatamente responsabili).

Tale domanda aveva ad oggetto il risarcimento del danno patito dall’attore a causa delle lesioni patite inciampando in una buca presente su un campo di calcetto gestito dalla società convenuta, durante una partita cui partecipava l’attore medesimo.

La corte d’appello ha rigettato la domanda sul presupposto che la superficie del campo, in buone condizioni al momento dell’inizio della partita, dopo due ore di gioco e sotto la pioggia si fosse modificata, e tale circostanza non potesse essere causalmente ascritta alla società che lo gestiva.

2. C.A. ha impugnato dinanzi a questa Corte la suddetta sentenza. Col primo motivo di ricorso lamenta la nullità della sentenza, per avere il giudice di merito escluso l’utilizzabilità, ai fini del decidere, di prove che in realtà non erano mai state raccolte.

Tale motivo è manifestamente inammissibile per difetto di interesse: la circostanza che il giudice di merito, errando, ravvisi nel compendio istruttorio una prova che in realtà non esiste, non rende nulla la sentenza, se quella medesima prova sia reputata dal giudice irrilevante: come appunto è avvenuto nel caso di specie.

3. Con gli altri due motivi di ricorso il ricorrente lamenta nella sostanza che la Corte d’appello avrebbe malamente valutato le prove raccolte.

2.1. Nella parte in cui lamenta la violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3 il motivo è manifestamente infondato: stabilire infatti come sia avvenuto un infortunio è un accertamento di fatto, non una valutazione in diritto.

2.2. Nella parte in cui lamenta il vizio di motivazione il motivo è inammissibile. La sentenza d’appello impugnata in questa sede è stata depositata dopo l’11.9.2012. Al presente giudizio, di conseguenza, si applica il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Le Sezioni Unite di questa Corte, nel chiarire il senso della nuova norma, hanno stabilito che per detto della riforma “è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07 / 04/ 2014, Rv. 629830).

Nella motivazione della sentenza appena ricordata, inoltre, si precisa che “l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti”.

Nel caso di specie il ricorrente non si duole affatto dell’omesso esame di fatti materiali”, nel senso precisato dalle Sezioni Unite, ma solo dell’insufficiente valutazione delle prove: censura, per quanto detto, non consentita in sede di leggitimità.

3. Si propone pertanto il rigetto del ricorso, con condanna alle spese:

2. La parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, con la quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il Collegio condivide le osservazioni contenute nella relazione. Ritiene, invece, non decisive le contrarie osservazioni svolte dalla ricorrente nella propria memoria.

4. Va premesso che non è consentito con la memoria ex art. 380 bis c.p.c. stravolgere o riformulare ex novo i motivi di ricorso originari. Nella memoria ex art. 380 bis c.p.c. il ricorrente espone, in primo luogo, che la Corte d’appello avrebbe deciso la causa in base a “prove non presenti in atti”. Il ricorrente tuttavia non indica, nella memoria, quali sarebbero queste prove “non presenti in atti”.

La Corte d’appello ha esaminato tre deposizioni testimoniali, ha ritenuto irrilevanti le prime due, e decisiva quella del testimone S.M..

Il testimone S.M. risulta ritualmente indicato, intimato ed escusso all’udienza del 10.3.2008.

Nessuna nullità nell’assunzione e nella valutazione delle prive è dunque ravvisabile.

4.1. Il ricorrente deduce poi nella memoria di non avere voluto, col proprio ricorso, censurare la ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di merito, ma censurare la “violazione dell’obbligo di valutare le risultanze istruttorie”.

Sul punto basterà ricordare che non sussiste alcuna violazione di legge o nullità processuale se il giudice non abbia preso in esame, nella motivazione della sentenza, alcune fonti di prova: infatti il giudice di merito, al fine di adempiere all’obbligo della motivazione, non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali e a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, ma è invece sufficiente che, dopo avere vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostante che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (ex permultis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 14/06/2007, Rv. 598004; Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230; Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019; Sez. 1, Sentenza n. 5274 del 07/03/2007, Rv. 595448; Sez. L, Sentenza n. 2577 del 06/02/2007, Rv. 594677; Sez. L, Sentenza n. 27197 del 20/12/2006, Rv. 594021; Sez. 1, Sentenza n. 14267 del 20/06/2006, Rv. 589557; Sez. L, Sentenza n. 12446 del 25/05/2006, Rv. 589229; Sez. 3, Sentenza n. 9368 del 21/04/2006, Rv. 588706; Sez. L, Sentenza n. 9233 del 20/04/2006, Rv. 588486; Sez. L, Sentenza n. 3881 del 22/02/2006, Rv. 587214; e così via, sino a risalire a Sez. 3, Sentenza n. 1674 del 22/06/1963, Rv. 262523, la quale affermò il principio in esame, poi ritenuto per sessant’anni: e cioè che “la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione”).

5. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

PQM

la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna C.A. alla rifusione in favore di D.M.E., D.M.M., P.I., V.D., in solido, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 2.300, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese Forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che non sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di C.A. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione sesta civile della Corte di cassazione, il 13 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2016

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