Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17903 del 13/08/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 17903 Anno 2014
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: SCALDAFERRI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso 27288-2007 proposto da:
CURATELA FALLIMENTO COVIN – CONSORZIO VOLONTARIO
INERTI (P.I. 00410730618), in persona del Curatore
avv. RAFFAELE GOLLUCCIO, elettivamente domiciliata

Data pubblicazione: 13/08/2014

in ROMA, VIA OVIDIO 20, presso lo STUDIO PROF. AVV.
LICCARDO LANDOLFI & ASSOCIATI, rappresentata e
2014
774

difesa dall’avvocato ACTIS GIOVANNI, giusta procura
a margine del ricorso;
– ricorrente contro

1

GANGUZZA FRANCESCO ANTONIO (C.F. GNGFNC45S16G348S),
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DONATELLO
75, presso l’avvocato BARENGHI ANDREA, che lo
rappresenta e difende, giusta procura a margine del
controricorso;

sul ricorso 28333-2007 proposto da:
ALBANESE

DONATO

(C.F.

LBNDNT49B07G9640),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. BAIAMONTI
10, presso l’avvocato CALDORO MARIA FRANCESCA,
rappresentato e difeso dall’avvocato DE MAIO CARLO,
giusta procura a margine del controricorso e
ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

CURATELA FALLIMENTO COVIN – CONSORZIO VOLONTARIO
INERTI;
– intimata –

sul ricorso 31431-2007 proposto da:

Atm/

– controricorrente –

CURATELA FALLIMENTO COVIN – CONSORZIO VOLONTARIO
INERTI (P.I. 00410730618), in persona del Curatore
avv. RAFFAELE GOLLUCCIO, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA OVIDIO 20, presso lo STUDIO PROF. AVV.
LICCARDO LANDOLFI & ASSOCIATI, rappresentata e
difesa dall’avvocato ACTIS GIOVANNI, giusta procura

2

a margine del controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentalecontro

ALBANESE

DONATO

(C.F.

LBNDNT49B07G9640),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. BAIAMONTI

rappresentato e difeso dall’avvocato DE MAIO CARLO,
giusta procura a margine del controricorso e
ricorso incidentale;
– controricorrente al ricorso incidentale-

avverso la sentenza n. 2583/2006 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 03/08/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 03/04/2014 dal Consigliere
Dott. ANDREA SCALDAFERRI;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato ACTIS che ha
chiesto l’accoglimento;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato GANGUZZA
FRANCESCO ANTONIO, con delega, che ha chiesto il

10, presso l’avvocato CALDORO MARIA FRANCESCA,

rigetto;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per il
rigetto del ricorso curatela, rigetto del ricorso
Albanese, assorbito il ricorso incidentale.

3

Svolgimento del processo
Con separati atti di citazione, il Fallimento del
COVIN Consorzio Volontario Inerti, dichiarato con
sentenza del 3 giugno 1996 del Tribunale di Santa

Francesco Antonio Ganguzza, l’avv.Giulia Guida quale
erede

dell’avv.Agostino

Guida,

il

dott.Gennaro

Navarro, il dott.Donato Albanese ed il dott.Francesco
Di

Lauro,

chiedendo

che

venissero

dichiarati

inefficaci nei confronti della massa dei creditori i
pagamenti effettuati dal Consorzio poi fallito
nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento
in favore di ciascuno dei convenuti,

con le

conseguenti condanne restitutorie. I convenuti si
costituirono chiedendo il rigetto delle domande.
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, riunite le
cause, con sentenza resa nell’ottobre 2003 accolse le
domande, condannando -fra gli altri- il Ganguzza al
pagamento di C 43.575,86 e l’Albanese al pagamento di
C 24.394,06.
Ganguzza, Guida, Navarro e Albanese proponevano
separati appelli, cui resisteva la Curatela. La Corte
d’appello di Napoli, riuniti i procedimenti, con
sentenza depositata il 3 agosto 2006 ha accolto i
4

Maria Capua Vetere, convenne in giudizio l’avvocato

gravami proposti da Ganguzza, Guida e Navarro
rigettando le domande proposte nei loro confronti dal
Fallimento COVIN; ha dichiarato invece inammissibile
l’appello proposto dall’Albanese.
La Corte distrettuale, per quanto qui ancora rileva,

valutazioni del primo giudice in ordine alla prova per
presunzioni della conoscenza, da parte dell’appellante
alle date di ricezione dei pagamenti, dello stato di
insolvenza del COVIN, rilevando: -che l’unica
circostanza dedotta dal Fallimento e posta a base
della sentenza di primo grado, e cioè la notificazione
al Consorzio -assistito dallo stesso avvocato
Ganguzza- di numerosissime ingiunzioni di pagamento e
di conseguenti atti di precetto da parte di ex
dipendenti, non era caratterizzata dai requisiti della
univocità e della gravità, tenuto conto essenzialmente
che le pretese sottostanti alla maggior parte di tali
ingiunzioni (notificate nel 1993) erano state
successivamente, a seguito delle opposizioni curate
dal Ganguzza e delle relative transazioni concluse,
oggetto di rinuncia, e che di altro gruppo di
ingiunzioni (notificate nel 1996) non era provata la
conoscenza da parte del predetto alla data di
ricezione dell’ultimo pagamento; -che l’allegazione
5

ha accolto le censure del Ganguzza avverso le

per la prima volta in appello dell’ulteriore
circostanza costituita dall’avere il Ganguzza
assistito il COVIN anche nelle azioni di sfratto per
morosità promosse dal Di Lauro, proprietario
dell’immobile in cui il consorzio aveva sede (azioni

favore di quest’ultimo, oggetto della sentenza di
revoca), era da ritenere inammissibile, essendo
precluso ogni ampliamento del

thema decidendum e del

thema probandum successivo alla scadenza dell’ultimo
termine fissato a tal fine dall’art.183 comma 5
cod.proc.civ.;
ritenersi

-che tale preclusione non poteva

superata per effetto dell’intervenuta

riunione dei giudizi, disposta in primo grado dopo
l’udienza di cui all’art.184 cod.proc.civ., perché le
cause riunite per connessione mantengono la loro
autonomia; né il Ganguzza aveva l’onere di impugnare
la statuizione del primo giudice sulla utilizzabilità
in ciascuna delle cause riunite dei documenti prodotti
solo in una delle cause stesse prima della riunione,
giacchè la sentenza di primo grado non aveva
utilizzato contro di lui documenti prodotti in altra
delle cause riunite, avendo ritenuto provata la sua
scientia decoctionis

esclusivamente in base alla sua

6

dalle quali erano originati i pagamenti eseguiti in

conoscenza delle numerose ingiunzioni ed atti di
precetto degli ex dipendenti.
La Corte ha invece dichiarato inammissibile l’appello
proposto

da

Donato

Albanese

-già

liquidatore

volontario del Consorzio- osservando che delle due
esposte nella sentenza di primo

grado a sostegno dell’accertamento in ordine alla sua
consapevolezza dello stato di insolvenza del Consorzio
alle date di ricezione dei pagamenti -cioè l’essere
egli,

da un

lato,

destinatario di tutte

le

informazioni finanziarie ed economiche dell’Ente in
ragione della carica rivestita, ed avere d’altro lato
avuto sicura conoscenza sia di tutti i decreti
ingiuntivi e dei precetti sia delle procedure di
sfratto- il suo atto di appello aveva contestato
genericamente solo la prima, ignorando completamente
la seconda, al pari della ritenuta utilizzabilità
contro di lui delle prove documentali raccolte in un
altro dei giudizi riuniti. Essendo tali statuizioni
non impugnate sufficienti a fondare da sole la prova
presuntiva della sua scientia decoctionis,

la corte di

merito ha quindi ritenuto l’appello dell’Albanese
inidoneo a rimuovere la soccombenza del medesimo.
Avverso questa sentenza il Fallimento Covin ha
proposto ricorso per cassazione, cui resiste con
7

rationes decidendi

controricorso Francesco Antonio Ganguzza.

Donato

Albanese ha a sua volta proposto separato ricorso, cui
resiste il Fallimento Covin con controricorso e
ricorso incidentale. Il Fallimento COVIN e Donato
Albanese hanno depositato memorie illustrative.

1.

Si impone, innanzitutto, a norma dell’art.335

cod.proc.civ., la riunione dei distinti ricorsi aventi
ad oggetto la medesima sentenza.
2. Il ricorso del fallimento Covin avverso il rigetto
della domanda nei confronti del Ganguzza è affidato a
quattro motivi. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente
denuncia la violazione e falsa applicazione di norme
di diritto

(artt.67

comma 2

1.f.

e 2727-2729

cod.civ.), sostenendo: a)che anche un solo indizio è
sufficiente a costituire la prova presuntiva della
scientia decoctionis,

purchè grave e preciso; b)che

nella specie costituisce idoneo elemento presuntivo a
tal fine la richiesta di ammissione dei dipendenti
dell’imprenditore al trattamento di integrazione
salariale previsto dalla Cassa Integrazione Guadagni.
Lamenta anche un vizio di motivazione, senza però
esporre alcuna sintesi (come invece avrebbe dovuto a
norma dell’art.366 bis cod.proc.civ., vigente al

8

Motivi della decisione

momento della pubblicazione della sentenza impugnata)
del fatto controverso.
Ritiene il Collegio che le denunciate violazioni di
norme di diritto non sussistono. La sentenza impugnata
non ha affermato che un solo indizio non sarebbe

ritenuto in concreto priva dei requisiti di gravità e
univocità la circostanza della conoscenza dei numerosi
decreti ingiuntivi e atti di precetto emessi nel 1993;
ed ha escluso la rilevanza della circostanza della
emissione nel 1996 di altri decreti ingiuntivi su
istanza di dipendenti COVIN in Cassa Integrazione
Guadagni perché non ha ritenuto sussistente la prova
della conoscenza da parte del Ganguzza di tali decreti
in data anteriore ai pagamenti oggetto di revocatoria.
E poiché il giudizio in concreto sul valore indiziario
di una o più circostanze, dovendo apprezzarsi nel
contesto, è rimesso al prudente apprezzamento del
giudice di merito, non può a tal riguardo porsi una
questione di diritto; né può richiedersi a questa
Corte, senza violare i limiti del controllo di
legittimità, il riesame del valore indiziario di una
specifica

circostanza

(quella

relativa

alla

intervenuta richiesta di ammissione del COVIN alla

sufficiente a integrare la prova presuntiva, ha invece

A’llW

C.I.G.S.)

(cfr.pagg.15-17 sentenza).
2.2.

Con il secondo motivo il fallimento COVIN

denuncia la violazione e falsa applicazione degli
artt.183, 274, 345, 115 c.p.c. e 67 comma 2 1.fall. Si
duole anche di un vizio di motivazione, senza però
specificare il fatto controverso al quale tale vizio
si riferirebbe. Sostiene: a)che il divieto di cui
all’art.345 cod.proc.civ. non si estende alla
allegazione di fatti non dedotti in primo grado (nella
specie, la conoscenza da parte del Ganguzza della
esistenza di procedure di sfratto per morosità
instaurate dal Di Lauro, allegata nel distinto
giudizio di revocatoria dei pagamenti ricevuti da
quest’ultimo, riunito in primo grado con quello nei
confronti del Ganguzza dopo l’udienza di cui
all’art.184 cod.proc.civ.); b)che i documenti e le
prove ritualmente prodotti e raccolti in un giudizio
tra le medesime o altre parti sono automaticamente
utilizzabili -in quanto confluiti automaticamentenel procedimento riunito ex art.274 cod.proc.civ. a
detto giudizio, con conseguente possibilità per il
giudice di esaminarli, anche nel giudizio di appello,
al fine di trarne elementi utili a fondamento del suo

10

,

che la Corte di merito ha esaminato

convincimento; c)che il principio del contraddittorio
va rispettato nella acquisizione delle prove nel
giudizio in cui la produzione e l’espletamento
avviene, e in tal caso tali prove sono automaticamente
utilizzabili anche nel giudizio successivamente

possono costituire idonei elementi presuntivi della
conoscenza dello stato di insolvenza.
Anche queste doglianze non meritano accoglimento.
Quanto alla prima, si osserva che non rientra tra le
ragioni della censurata statuizione il disposto
dell’art.345 cod.proc.civ.: non è in base a tale norma
che la sentenza impugnata ha ritenuto inammissibile la
allegazione in appello di fatti non allegati in primo
grado, avendo invece (rettamente) affermato che tale
ampliamento del
probandum ,

thema decidendum

-e quindi del

thema

in quanto successivo alla scadenza

dell’ultimo termine previsto a tal fine dall’art.183
comma 5 cod.proc.civ., era impedito dalla maturata
preclusione posta da tale norma. La cui
interpretazione implicitamente offerta dalla corte
d’appello (nel senso della sua definitività, e quindi
della sua perdurante efficacia anche nel giudizio di
merito di secondo grado), peraltro condivisibile
(cfr.ex multis: Cass.n.3506/12; n.4238/11; n.9323/04),
11

riunito; d)che le procedure di sfratto per morosità

non è stata comunque specificamente censurata dal
ricorrente. Così come non risulta specificamente
censurata l’ulteriore (condivisibile) affermazione del
giudice di appello secondo la quale la suddetta
preclusione all’ampliamento dei rispettivi temi di

soggetti distinti non può ritenersi superata dalla
riunione di tali cause, successiva al maturarsi della
preclusione stessa: con la seconda e la terza
doglianza viene infatti posta la distinta questione
relativa alla utilizzabilità nel giudizio contro il
Ganguzza, in conseguenza della riunione, delle prove
offerte nel giudizio contro il Di Lauro.
Utilizzabilità che rettamente la Corte di merito ha
escluso non solo in conseguenza della inammissibilità
dell’ampliamento del tema di indagine (il giudice non
può tener conto della prova di una circostanza che non
sia stata tempestivamente allegata: cfr.Cass.
n.9323/04 e n.3506/12 citate), ma anche perchè si
porrebbe in contrasto con i principi costituzionali
del giusto processo, in particolare con il principio
del contraddittorio, consentire ad una parte -ormai
decaduta dalla facoltà di introdurre nel giudizio la
prova- di aggirare tale preclusione per effetto della
successiva riunione dei giudizi, che peraltro non
12

indagine formatasi nelle varie cause instaurate contro

comporta il venir meno dell’autonomia dei singoli

giudizi riuniti (cfr.Cass.n.19652/04; n.24086/10). Né
può in contrario addursi che la prova era stata
ritualmente prodotta nel giudizio contro il Di Lauro,
poi riunito con quello contro il Ganguzza: ciò che

nel processo nel quale la prova viene utilizzata (cfr.
Cass.n.11555/13; n.23132/04; n.16069/01), sì che le
prove formatesi in altro giudizio, ove
inammissibilmente acquisite dopo il compimento dei
termini di preclusione, non sono utilizzabili.
Quanto poi alla quarta doglianza, essa -oltre a
restare assorbita nelle statuizioni che precedono, si
palesa comunque inammissibile, in quanto vertente su
questione -circa il valore da attribuire ad un
a elemento presuntivo ai fini della
decoctionis

sci entia

che è riservata alla cognizione del

giudice di merito.
2.3. Non merita accoglimento neppure il terzo motivo,

con il quale il ricorrente lamenta la violazione
dell’art.345 cod.proc.civ. (oltre che il vizio di
motivazione) sotto l’ulteriore profilo secondo il
quale i documenti prodotti dalla Curatela nel giudizio
contro il Di Lauro dovevano ritenersi indispensabili e

13

rileva è l’effettiva esplicazione del contraddittorio

quindi la loro produzione in appello nei confronti del
Ganguzza era ammissibile. Da un lato, la sentenza
impugnata ha rettamente precisato di ritenere
superfluo affrontare la questione dell’ammissibilità
della nuova produzione in appello di documenti

inammissibilmente allegate; dall’altro, sarebbe
comunque inammissibile la richiesta al giudice di
legittimità di decidere sulla questione -riservata al
merito- relativa alla sussistenza o non del requisito
della indispensabilità di prove nuove nel giudizio di
appello.
3.

Il ricorso proposto da Donato Albanese è

inammissibile.

L’atto

invero

non

contiene

un’articolazione di separati motivi riferiti alle
• ipotesi tipologiche indicate nell’art.360
cod.proc.civ., bensì un insieme eterogeneo e confuso
di argomenti, tra i quali peraltro non compare la
specifica indicazione delle eventuali censure che egli
abbia proposto nel processo di appello contro le
statuizioni della sentenza di primo grado sulla prova
indiziaria derivante dalla conoscenza delle azioni di
sfratto per morosità e sulla utilizzabilità nei suoi
confronti delle risultanze dei relativi documenti
probatori allegati nel giudizio contro il Di Lauro.
14

finalizzati a provare circostanze di fatto

Censure sulla cui mancanza la Corte di merito ha
I

basato la statuizione di inammissibilità, per difetto
di interesse, del gravame proposto dal ricorrente.
4. E’ infine assorbito nella statuizione che precede
il ricorso incidentale proposto dal fallimento COVIN,

dell’Albanese le considerazioni già svolte nel ricorso
contro

il

Ganguzza

sulla

idoneità

di

alcune

circostanze a fondare la prova indiretta della
scientia decoctionis.

5. Le spese seguono la rispettiva soccombenza e si
liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso
proposto dal Fallimento COVIN nei riguardi di
Francesco Ganguzza e dichiara inammissibile il ricorso
proposto da Donato Albanese, assorbito il ricorso
incidentale del Fallimento COVIN; condanna il
Fallimento COVIN al rimborso in favore del Ganguzza
delle spese di questo giudizio di cassazione, in
complessivi C 7.200,00 (di cui C 200,00 per esborsi)
oltre accessori di legge; condanna altresì l’Albanese
al rimborso in favore del Fallimento COVIN delle spese
di questo giudizio di cassazione, in complessivi C

15

v

con il quale vengono riproposte nei riguardi

2.700,00 (di cui e 200,00 per esborsi) oltre accessori
di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
prima

sezione

civile

della Corte

suprema di

cassazione, il 3 aprile 2014.

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