Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17900 del 27/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/08/2020, (ud. 04/06/2020, dep. 27/08/2020), n.17900

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 01266-2018 proposto da:

C.P., CI.PI., C.A.,

C.C.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GENZANO 18, presso

lo studio dell’avvocato MONICA NASSISI, che li rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

ANAS SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE DELLE MILIZIE 76, presso lo

studio dell’avvocato CARLO ROMEO, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARIA ROMEO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 317/2017 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 25/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. Cristiano

Valle, osserva:

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.P., C.G., C.A. e Pi., rispettivamente quali genitori e fratelli di C.L., deceduto incidente stradale la notte del 28 maggio 2004 sulla SS dei Due Mari, nel tratto ricadente nel Comune di Grotteria, mentre la percorreva a bordo di autovettura della società privata per la quale svolgeva lavoro di guardia particolare giurata, agirono in giudizio dinanzi al Tribunale di Locri per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito del decesso del congiunto.

Il Tribunale adito, nel contraddittorio con l’ANAS S.p.a., rigettò la domanda e gravò gli attori delle spese di lite.

I detti congiunti della vittima proposero appello.

La Corte di Appello di Reggio Calabria, nel ricostituito contraddittorio delle parti, ha confermato la sentenza del primo giudice, sebbene con diversa motivazione, con compensazione spese ed esonero dal raddoppio del contributo unificato, in quanto i ricorrenti risultavano ammessi al patrocinio a spese dello Stato.

Avverso la sentenza della Corte territoriale ricorrono, con atto affidato a due motivi, C.G., C.P., A. e Pi..

Resiste con controricorso l’ANAS S.p.a.

A seguito della rituale comunicazione della proposta di definizione, formulata dal consigliere relatore, non sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I due motivi di ricorso sono formulati ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 5 e 3.

I motivi sono in parte manifestamente inammissibili ed in parte manifestamente infondati.

In particolare, il primo mezzo afferma omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ma non individua un fatto specifico la cui disamina sia stata omessa dai giudici di merito, bensì chiede un riesame in fatto della complessiva valutazione del materiale probatorio (testimonianze, tutte rese da persone intervenute sui luoghi dopo l’accadimento o aventi comunque, per ragioni di dipendenza dall’ANAS S.p.a., cognizione del tratto di strada, e consulenze tecniche di ufficio, svolte anche dall’Ufficio del P.M. presso il Tribunale di Locri) raccolte nelle fasi di merito e pone l’accento sulle affermazioni dei consulenti tecnici di ufficio, secondo i quali, nella prospettazione di parte ricorrente, lo sbandamento dell’autovettura condotta da C.L. e la morte del conducente erano da imputarsi alla presenza di terriccio sulla sede stradale e all’ammaloramento e, comunque, alla cattiva manutenzione del giunto congiungente due tratti di viadotto nonchè all’insufficiente altezza del guard-rail, in guisa tale che il guidatore era stato sbalzato fuori dall’automezzo ed era precipitato dal viadotto stesso.

Il primo mezzo non coglie nel segno, in quanto contrappone una visione delle risultanze di causa in senso favorevole alla parte ricorrente ed afferma che sono stati i giudici di appello a prediligere una ricostruzione opinabile, e, comunque, frutto di una loro opinione.

Il Collegio ritiene l’apoditticità dell’affermazione dei ricorrenti, avendo la Corte di Appello adeguatamente spiegato le ragioni per le quali, pur non condividendo la tesi del primo giudice – dell’essere stato il C. vittima di un colpo di sonno – il nesso causale era comunque mancante, e non ascrivibile alle condizioni della strada, ed era, altresì, da escludersi, in considerazione dell’accertata alta velocità (di centoquaranta chilometri orari) alla quale viaggiava l’autovettura del C. al momento dell’inizio dello scarrocciamento, come ricostruita sulla base della consulenza tecnica di ufficio.

Sul punto, e ciò vale anche avuto riguardo al secondo motivo di impugnazione in questa sede prospettato, che censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’applicazione dell’art. 2051 c.c., fatta dalla Corte territoriale, il ricorso non tiene adeguatamente conto della giurisprudenza di questa Corte, alla quale il Collegio intende dare in questa sede seguito, in tema di caso fortuito, specie ove si consideri che la velocità stimata dell’autovettura condotta dal C. era, come già rilevato, di centoquaranta chilometri orari a fronte di una consentita, nel tratto di strada in considerazione, di novanta chilometri e che il conducente non indossava la cintura di sicurezza, pur non ricorrendo alcuna delle situazioni di esonero di cui all’art. 172 C.d.S.: (Cass. n. 02480 del 01/02/2018 Rv. 647934 – 01) “In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicchè, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere

che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro”.

Il ricorso deve, pertanto, in quanto manifestamente inammissibile ed infondato, essere rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, competendo al giudice di merito, secondo quando si va meglio a chiarire in adesione alla più recente giurisprudenza di legittimità, la determinazione del permanere o meno delle condizioni legittimanti l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti, consistenti nell’inammissibilità e in ogni caso nel rigetto dell’impugnazione, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto o meno in relazione al permanere delle condizioni legittimanti l’ammissione del patrocinio a spese dello Stato.

In conformità alla più recente giurisprudenza nomofilattica (Sez. U n. 04315 del 20/02/2020, Rv. 657198 – 06 e Rv. 657198 – 01), invero, la decisione sul permanere o meno delle condizioni per l’ammissione del patrocinio a spese dello Stato è rimessa al giudice del merito e ciò anche nelle ipotesi in cui la decisione della Corte di Cassazione non sia di cassazione con rinvio.

P.Q.M.

rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA ed IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 4 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2020

 

 

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