Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17898 del 31/08/2011

Cassazione civile sez. II, 31/08/2011, (ud. 23/06/2011, dep. 31/08/2011), n.17898

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.R.M. C.F. (OMISSIS), M.L. C.F.

(OMISSIS), M.T. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 36/A,

presso lo studio dell’avvocato PISANI FABIO, rappresentati e difesi

dall’avvocato PALMA MAURO;

– ricorrente –

contro

M.G. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA DELL’AMBA ARADAM 22 INT. 1, presso lo studio

dell’avvocato MARZIONI CARLO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PESAVENTO ROBERTO;

– controricorrente –

e contro

M.B., M.A., M.P., MO.AG.,

M.O., MO.GI., QUALI EREDI DI m.

g.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1962/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 15/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/06/2011 dal Consigliere Dott. UMBERTO GOLDONI;

udito l’Avvocato Pisani Fabio con delega depositata in udienza

dell’Avv. Palma Mauro difensore dei ricorrenti che deposita una

cartolina di ricevimento e chiede l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Marziani Carlo difensore della resistente che chiede il

rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto del 1997, R.M., L., T. e g.

m., proprietari di un fondo sito in (OMISSIS), ove sorgeva la loro abitazione, esponevano che nella corte esisteva una servitù di passo di uso agricolo a favore dei fondi di proprietà di M.G. e che il passo era sempre avvenuto sporadicamente, tanto che la corte veniva utilizzata per l’essicazione del fieno e per usi propri di essi esponenti.

Essendo venuti a conoscenza della intenzione di G. di edificare su propri fondi, avevano fatto presente di non essere disposti a concedere l’ampliamento della servitù agricola;

Essendo poi stata concessa la concessione edilizia, si erano presentati alcuni camion, i cui conducenti, evidentemente istruiti al riguardo dai loro committenti, avevano preteso il passaggio.

Convenivano pertanto di fronte al tribunale di V.G. perchè fosse accertato che esisteva soltanto una servitù di tipo agricolo.

Costituitasi, M.G. assumeva che il suo fondo era intercluso, contestava che lo spiazzo in questione costituisse corte e, nell’interpretazione di entrambi i giudici del merito, spiegava domanda riconvenzionale volta ad ottenere la costituzione di servitù coattiva.

Con sentenza del 2001, l’adito tribunale accoglieva la riconvenzionale determinando in L. 40.000.000 l’indennità dovuta e regolando le spese.

I M. proponevano appello cui resisteva G., che instava per ottenere la condanna delle controparti al pagamento delle spese pur senza articolare uno specifico motivo di appello incidentale.

Con sentenza in data 15.6/15.11.2004, la Corte di appello di Venezia respingeva l’impugnazione e regolava le spese.

Osservava la Corte lagunare che l’area interessata non poteva essere considerata corte; che il fondo della controparte doveva considerarsi intercluso, atteso che il fondo attraverso cui avrebbe dovuto esercitarsi altrimenti il passaggio era in era comproprietà con il marito, e cioè di un terzo mentre l’abbattimento di manufatti al fine suddetto era da considerarsi eccessivo in relazione alla necessità del fondo dominante.

L’interclusione poi era stata determinata da fatto della G. che aveva eretto manufatti, ma tanto non escludeva lo stato di fatto venutosi a creare, atteso che quanto posto in essere corrispondeva ad un conveniente uso del fondo stesso.

La domanda proposta da G. poi andava qualificata giuridicamente dal giudice, che la aveva interpretata come volta ad ottenere la costituzione della servitù e non solo di accertamento.

Per la cassazione di tale sentenza ricorrono, sulla base di cinque motivi, illustrati anche con memoria, gli originari attori e gli altri eredi di mo.gi., deceduto nelle more del giudizio;

resiste con controricorso M.G..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, si adduce violazione dell’art. 1051 c.c., comma 4, nonchè vizio di motivazione circa un punto decisivo della controversia. Si assume al riguardo che la sussistenza su di un fondo di una servitù di passaggio non sarebbe di ostacolo alla qualificazione come cortile del fondo stesso; che la qualifica come cortile di un fondo non comporta la necessità di escludere ogni possibilità di immissione di terzi estranei; che l’analisi condotta dal CTU non risulterebbe tale da poter determinare la natura cortilizia o meno del terreno de quo.

Con il secondo motivo, si lamenta violazione dell’art. 1051 c.c., comma 2, e vizio di motivazione su di un punto decisivo della controversia.

Si assume al riguardo che la Corte lagunare avrebbe errato nell’interpretazione della norma citata, considerando la demolizione di un manufatto come circostanza impediente la conveniente costituzione di una servitù di passaggio secondo il criterio del minor aggravio per il fondo servente, mentre il CTU non aveva escluso ipotesi alternative.

Con il terzo motivo si lamenta violazione dell’art. 1051 c.c. e vizio di motivazione in relazione alla avvenuta costruzione volontaria, in evidente accordo con il coniuge comproprietario, di manufatti, in modo tale da creare la dedotta interclusione del fondo di G..

Con il quarto mezzo si lamenta violazione degli artt. 112 e 183 c.p.c., e vizio di motivazione in relazione alla esatta qualificazione della domanda riconvenzionale spiegata dalle controparti, che sarebbe stata solo di accertamento e non di costituzione della servitù coattiva.

Con il quinto motivo, si lamenta violazione dell’art. 115 c.p.c. e vizio di motivazione in ordine al rigetto delle istanze istruttorie volte alla definizione della qualità del terreno in argomento come cortile o meno, lamentandosi che le stesse erano volte ad individuare la concreta destinazione impressa allo spazio stesso, atteso che la esistenza di una servitù di passaggio per uso agricolo non sarebbe sufficiente ad escludere la natura cortilizia di un fondo.

In ordine al primo motivo deve rilevarsi che la statuizione al riguardo della Corte lagunare si basa sull’uso che di detta area, non recintata, viene in concreto fatto.

Ha rilevato la sentenza impugnata infatti che l’area de qua è gravata di servitù agricola a favore di fondi di terzi ed inoltre insiste su di essa servitù di uso pubblico da oltre venti anni) a favore dei fedeli che la domenica escono dalla chiesa, i cui gradini dono degradanti sul fondo in questione.

Il fatto che l’area de qua sia utilizzata dai proprietari per l’essicazione del fieno e per il parcheggio di auto, se visto in relazione ai rilevati caratteri che connotano l’area de qua, determinano una situazione dei luoghi assolutamente peculiare e tale da imporre una valutazione del caso concreto che comporta un accertamento di fatto, come tale non censurabile in questa sede di legittimità, atteso che l’analisi compiuta nella sentenza impugnata risulta scevra da vizi logici o tecnici.

Il motivo non può pertanto trovare accoglimento.

A completamento della tematica afferente alla qualificazione dell’area de qua, va affrontato il quinto motivo; infatti la richiesta prova per testi varrebbe a dimostrare che sul terreno in questione viene effettuata la essicazione del fieno e che sulla stessa viene anche esercitato il parcheggio di auto; in ragione delle considerazioni svolte a proposito del mezzo testè esaminato, deve essere condivisa le tesi secondo cui considerata la finalità perseguita, la circostanza, anche se dimostrata, non varrebbe a modificare le conclusioni raggiunte al riguardo.

Anche il quinto motivo deve essere quindi respinto.

Il secondo motivo, premesso che l’interclusione del fondo di G. deve essere considerata acclarata, atteso che al fine che ne occupa non può considerarsi unitariamente il fondo predetto con quello del marito, va rilevato che le conclusioni raggiunte dal CTU hanno considerato impraticabili o molto ardue altre soluzioni, siccome comportanti l’abbattimento di manufatti insistenti sul fondo di G. e su quello del marito.

Anche in tal caso infatti la valutazione della possibilità di una congrua applicazione del principio del minor danno per il fondo servente a fronte della situazione derivante a carico di quello dominante, integra una valutazione di merito, come tale non valutabile in sede di legittimità posto che non vengono denunciati vizi intrinseci della soluzione adottata e la scelta della stessa non viola alcuna disposizione o principio normativo.

Non può in ogni caso al riguardo ignorarsi che la preesistenza di una servitù di passaggio sul fondo individuato dal CTU come il più idoneo ad ospitare il tracciato della costituenda servitù di passaggio non poteva non costituire un forte elemento a favore dell’utilizzo di un percorso già adibito, seppure con modalità diverse, a tanto. Anche tale motivo non può pertanto trovare accoglimento.

11 terzo mezzo poi risulta quanto meno riduttivo nel ricondurre alla esistenza di manufatti sul terreno di G. e del di lei marito la esclusione, da parte del CTU, della praticabilità in concreto di tracciati alternativi.

Si adombra in ricorso, neppure troppo nascostamente, che i manufatti sarebbero stati eretti ad arte, proprio per rendere impraticabili altri percorsi ipotizzabili.

A parte le considerazioni svolte a proposito del motivo che precede, e relative alla preesistenza di una servitù di passo, sia pure a fini agricoli, sul terreno degli odierni ricorrenti, cosa questa che rendeva più agevole sfruttare un percorso già praticato, devesi rilevare che la adombrata costruzione di manufatti finalizzata a scopi processuali non risulta dimostrata in modo compiuto se non mediante illazioni e che, in ogni caso, sussistono ulteriori ragioni, già evidenziate, che hanno determinato il convincimento della Corte territoriale.

Rimane in ogni modo che i fabbricati insistono anche sul terreno di un terzo, gli interessi del quale non possono essere considerati recessivi rispetto a quelli della parti in causa.

Anche questo mezzo non può pertanto trovare accoglimento.

Con il quarto mezzo ci si duole del fatto che l’originaria domanda degli odierni resistenti sia stata interpretata come volta ad ottenere la costituzione di una servitù coattiva, anche se il verbo utilizzato (accertarsi) comportava altro senso alle richieste svolte.

Il motivo non ha pregio, atteso che la Corte lagunare, nell’esercizio, istituzionalmente demandato al giudice del merito, dell’interpretazione degli atti processuali ha ritenuto di interpretare la domanda originariamente proposta come volta alla costituzione della servitù a prescindere dalla espressione verbale utilizzata, tenuto conto che una siffatta pronuncia era l’unica compatibile e coerente con le premesse della comparsa di costituzione e la proposizione della domanda riconvenzionale.

Tale analisi ermeneutica non risulta essere stata contrastata con argomentazioni atte a svilirne la valenza.

Non basta infatti prospettare una diversa interpretazione per rendere inidonea quella adottata in sentenza se questa risulta, come nella specie, immune da vizi logici e giuridici.

Anche tale motivo deve pertanto essere respinto e, con esso, il ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2011

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