Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17896 del 19/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/07/2017, (ud. 19/05/2017, dep.19/07/2017),  n. 17896

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2421-2017 proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE di TORINO – SEZIONE

DISTACCATA di BOLOGNA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

D.Y.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1087/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 23/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/05/2017 dal Consigliere Dott. CARLO DE CHIARA.

Fatto

PREMESSO

1. Il Tribunale di Bologna, accogliendo il ricorso del sig. D.Y., cittadino turco di etnia curda, avverso il diniego di qualsiasi forma di protezione internazionale da parte della competente Commissione territoriale, ha riconosciuto al medesimo il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari, ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, in considerazione del rapporto di lavoro subordinato da lui instaurato in Italia.

La Corte d’appello ha respinto il gravame del Ministero dell’Interno osservando che l’appellante: a) non aveva censurato la specifica ragione indicata dal Tribunale a giustificazione del riconoscimento del diritto al permesso umanitario; b) non aveva contrastato quanto emergeva dagli atti e veniva sottolineato dall’appellato, ossia il fatto che il culto alavita, professato dal medesimo, è oggetto in patria di repressione strisciante – in particolare segnando le case degli alaviti per farne poi bersaglio di attacchi – il che costituisce autonoma ragione di riconoscimento della protezione umanitaria.

Il Ministero dell’Interno ha proposto ricorso per cassazione con un solo motivo, cui non ha resistito l’intimato.

Il Collegio ha disposto che la motivazione della presente ordinanza sia redatta in forma semplificata, non ponendosi questioni rilevanti dal punto di vista della funzione nomofilattica di questa Corte.

Diritto

CONSIDERATO

1. La sentenza impugnata si basa su due distinte ed autonome rationes decidendi – sopra indicate sub a) e sub b) – ciascuna sufficiente da sola a giustificare la decisione.

Con il ricorso, la prima ratio consistente nell’omessa contestazione, con l’appello, del motivo posto dal Tribunale a base del riconoscimento della protezione umanitaria – non viene censurata, giacchè il ricorrente non nega di avere omesso detta contestazione in appello, ma si limita a contestare che la perdita del rapporto di lavoro possa costituire valida ragione di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. La seconda ratio, poi, viene contestata con argomenti di puro merito, negandosi esservi la prova che l’intimato fosse stato costretto a vendere la propria casa.

2. L’omessa censura della prima ratio e l’inammissibilità della censura della seconda comportano l’inammissibilità del motivo di ricorso e del ricorso stesso.

In mancanza di attività difensiva della parte intimata non occorre provvedere sulle spese processuali.

Poichè dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2017

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