Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17891 del 19/07/2017

Cassazione civile, sez. VI, 19/07/2017, (ud. 07/04/2017, dep.19/07/2017),  n. 17891

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19350-2016 proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

I.R., PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO

BOLOGNA, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE ROMA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 143/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 26/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/04/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con sentenza del 29/12/2015 la Corte d’appello di Bologna ha respinto l’impugnazione proposta dal Ministero dell’interno avverso la decisione con cui il Tribunale di Bologna ha concesso a I.R., cittadina nigeriana, la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

Il Tribunale motivava la propria pronuncia sulla base della circostanza che la richiedente, di religione cristiana, era stata costretta a fuggire dalla (OMISSIS) in conseguenza dell’uccisione, ad opera dei musulmani seguaci di B.H., del padre, pastore in una chiesa cristiana apostolica di (OMISSIS), e di uno dei due fratelli. Riteneva pertanto accertato il “rischio effettivo di subire una minaccia grave alla vita o alla persona” in considerazione delle numerose uccisioni commesse da B.H. a danno dei cristiani e della situazione di violenza di indiscriminata e generalizzato conflitto interno che pervade tutto il territorio nigeriano. La Corte d’appello, nel rigettare il gravame del Ministero dell’interno, rilevava che le incertezze manifestate dall’istante nel descrivere i luoghi di origine non apparivano idonee a far ritenere inattendibile il suo racconto, in particolare laddove descriveva i rischi cui era stata esposta a causa del suo credo religioso e dell’attività persecutoria svolta dagli “(OMISSIS)”, gruppo etnico di religione islamica realmente presente in (OMISSIS). La richiedente allegava di aver dovuto modificare le proprie abitudini di vita, nel Paese di origine, per limitare i rischi. Evidenziava la Corte territoriale, inoltre, che effettivamente la zona di origine della richiedente risulta contrassegnata anche attualmente da violenti e cruenti scontri tra opposte fazioni religiose.

Avverso suddetta decisione propone ricorso per cassazione il Ministero dell’interno sulla base di due motivi.

Non svolge difese l’intimata.

Col primo motivo viene dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, perchè la Corte territoriale avrebbe basato il proprio convincimento su informazioni del Paese d’origine della richiedente risalenti a due prima del tempo della decisione, e non avrebbe considerato, comunque, che soltanto le zone nord-orientali della (OMISSIS) sono pericolose. Il concreto rischio di subire una minaccia grave alla vita o alla persona è stato ritenuto sussistente, con un inammissibile automatismo, soltanto sulla base dell’asserita provenienza di I.R. dalla (OMISSIS).

Col secondo motivo viene dedotta la violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g, e art. 14, lett. c, perchè il mero richiamo alla condizione generale del Paese di origine non è sufficiente ai fini della concessione della protezione internazionale, e in ogni caso la richiedente non sarebbe sottoposta ad alcuna minaccia grave individuale ove tornasse nello stato del (OMISSIS), che è la sua area di origine. Anche ai fini della protezione sussidiaria è pur sempre necessario un giudizio individualizzante sul concreto pericolo che l’interessato correrebbe in caso di rimpatrio.

Entrambi i motivi di ricorso, che possono trattarsi congiuntamente in quanto basati nella loro sostanza sulle medesime argomentazioni, sono manifestamente infondati.

Pienamente condivisibile la sentenza impugnata nel punto in cui, disattendendo le deduzioni dell’appellante, esclude che la protezione sussidiaria sia stata concessa, con un “inammissibile automatismo”, desumendo il rischio per l’incolumità della richiedente esclusivamente dalla situazione socio-politica generale della Nigeria: I.R. ha infatti narrato episodi specifici riguardanti la propria storia personale (in particolare l’omicidio del padre e del fratello compiuti dai seguaci di B.H. per motivi religiosi) tali da far presumere che, ove tornasse nel Paese d’origine, sarebbe esposta al rischio effettivo di subire un danno grave, come definito dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, in ragione del proprio credo religioso. Pertanto l’allegata esposizione al pericolo in caso di rientro in (OMISSIS) riveste, per quanto consta dalla decisione impugnata, quel grado di individualizzazione necessario a integrare i presupposti della protezione sussidiaria.

Quanto al profilo concernente il giudizio di credibilità soggettiva dell’istante e l’esame della condizione socio-politica della (OMISSIS), le censure proposte sono sotto tale profilo inammissibili, non essendo consentito in questa sede procedere a un riesame degli elementi istruttori posti a fondamento dell’accertamento di fatto del giudice di merito.

La memoria depositata, reiterando le argomentazioni svolte nel ricorso, non offre elementi per superare tali rilievi.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese in considerazione della mancata attività difensiva della parte intimata.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2017

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