Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1789 del 24/01/2017
Cassazione civile, sez. VI, 24/01/2017, (ud. 03/11/2016, dep.24/01/2017), n. 1789
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29781/2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
S.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1938/8/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di BOLOGNA, emessa il 22/09/2014 e depositata il
13/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
03/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO MANZON;
udito l’Avvocato Eugenio De Bonis, per l’Agenzia delle Entrate, che
insiste per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.
Con sentenza in data 22 settembre 2014 la Commissione tributaria regionale dell’ Emilia Romagna rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 25/2/2010 della Commissione tributaria provinciale di Reggio nell’Emilia aveva accolto il ricorso di S.A. contro l’avviso di accertamento IVA, IRAP 1999. In particolare la CTR affermava l’insussistenza del debito tributario azionato nei confronti della S., in quanto basato sulla sua qualità di crede del marito deceduto, C.C., originario debitore fiscale, rilevando che in data 22 gennaio 2007 l’appellata aveva rinunciato all’eredità del C.. Osservava peraltro il giudice di appello che era infondata, poichè non provata, la circostanza che la S. fosse nel possesso dei beni ereditari al tempo dell’apertura della successione in morte del C. e che quindi non avendo fatto l’inventario nel termine di tre mesi, ne dovesse essere affermata la qualità di erede pura e semplice ex lege.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un unico motivo.
La contribuente non si è costituita.
Con l’unico motivo dedotto – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’Agenzia delle Entrate lamenta l’omesso esame del punto decisivo e controverso relativo alla qualità ereditaria della S..
Va tuttavia rilevato che nel proprio ricorso l’Agenzia fiscale ha altresì allegato l’intervenuto “giudicato esterno” sulla questione del possesso dei beni ereditari da parte dell’intimata e quindi sulla sua qualità di erede del defunto marito C.C., in virtù della sentenza n. 6866/20/2014 della Commissione tributaria regionale della Lombardia in una controversia analoga per debiti di imposta relativi alla stessa annualità 1999.
Orbene, ciò constatato e dunque ribadito che “L’esistenza di un giudicato, interno o esterno, è rilevabile d’ufficio ove emerga da atti comunque prodotti nel corso del giudizio, rispondendo al principio della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata escludendo la necessità di segnalazione alle parti della presenza del giudicato, affinchè prestassero le proprie difese, avendo le stesse piena conoscenza della sentenza)” (Sez. 1, Sentenza n. 15627 del 27/07/2016, Rv. 640669), data l’efficacia preclusiva riflessa di detto giudicato, viene meno la fondatezza della difesa di merito della S. sul punto, dirimente, della sua qualità ereditaria e quindi sul titolo della pretesa fiscale mossa nei suoi confronti.
Conseguentemente, pronunciando sul ricorso, la sentenza impugnata va cassata e decidendo nel merito va altresì rigettato il ricorso della contribuente.
Equitativamente le spese dei gradi di merito possono essere compensate; quelle del presente giudizio devono invece essere regolate secondo generale principio di soccombenza.
PQM
La Corte pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso della contribuente; compensa le spese processuali dei gradi di merito; condanna l’intimata a rifondere all’Agenzia delle Entrate quelle del presente giudizio che liquida in Euro 10.000 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 3 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2017