Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17888 del 19/07/2017

Cassazione civile, sez. VI, 19/07/2017, (ud. 07/04/2017, dep.19/07/2017),  n. 17888

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22301/2015 proposto da:

C.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MACHIAVELLI 25,

presso lo studio dell’avvocato GABRIELLA TELESCA, rappresentato e

difeso dall’avvocato CONSUELO FEROCI;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA UTG DI ANCONA;

– intimata –

avverso il decreto 103/15 del GIUDICE DI PACE di ANCONA, depositato

il 22/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 07/04/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con ordinanza del 22.07.2015 n. 103/2015, nell’ambito del procedimento n. 2574/2014, il Giudice di Pace di Ancona ha rigettato il ricorso di C.E., con il quale lo stesso si opponeva al decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dalla Prefettura U.T.G. di Ancona, eccependo il vizio di eccesso di potere per istruttoria inadeguata, violazione dell’art. 97 Cost., ed eccesso di potere sotto l’aspetto funzionale.

A sostegno del rigetto, il Giudice di Pace ha affermato, per quel che ancora interessa, che:

– tutti i motivi di opposizione al provvedimento di espulsione non contenuti nel ricorso introduttivo non possono essere esaminati in quanto tardivamente proposti;

– la mancata comunicazione del provvedimento di convalida non produrrebbe, quale effetto, la caducazione del provvedimento di espulsione, ma solo la possibilità di opporre il medesimo provvedimento di convalida nel termine di legge, decorrente dall’avvenuta conoscenza dello stesso;

– in tema di sanzioni amministrative, quale deve essere ritenuta l’espulsione comminata per la mancata comunicazione della presenza nel territorio nazionale entro 8 giorni dall’ingresso da un Paese dell’area Schengen, vale il principio “tempus regit actum”, sicchè la modifica della sanzione, apportata dalla L. n. 161 del 2014, entrata in vigore successivamente all’adozione del provvedimento impugnato, non può spiegare alcun effetto nel caso di specie.

Avverso suddetta pronuncia ricorre per cassazione C.E., sulla base di quattro motivi. Non svolge difese l’Amministrazione intimata.

Deduce il ricorrente:

1) Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 13, sulla base del quale il Giudice di Pace di Ancona ha inteso sottrarre dal thema decidendum le considerazioni svolte dalla difesa nelle memorie depositate in data 05.05.2015 in quanto tardive, mentre in realtà le censure di illegittimità consistono in una precisazione di quelle già proposte nel ricorso introduttivo; inoltre si ritiene che la novità apportata dalla L. n. 161 del 2014, seppur entrata in vigore successivamente all’adozione del decreto di espulsione, dovrebbe essere applicata anche al caso in esame;

2) violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 e dell’art. 13 T.U. immigrazione, sulla base del quale nel provvedimento impugnato il Giudice manca di valutare la legittimità del decreto di espulsione sotto l’aspetto motivazionale, intendendosi evidenziare come l’istruttoria condotta sia risultata inadeguata, in quanto la P.A. ha escluso la possibilità di concedere un termine per l’abbandono volontario dal territorio in base del D.L. n. 89 del 2011, art. 3, comma 5, ritenendo il ricorrente a rischio di fuga;

3) violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost., sulla base del quale il provvedimento di espulsione risulta illegittimo e superfluo per non essere stato adottato all’esito di una attenta valutazione del caso in esame;

4) violazione ex art. 360, comma 1, n. 5, per omessa valutazione del fatto decisivo relativo allo spontaneo abbandono del territorio nazionale immediatamente dopo il provvedimento di espulsione.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile per carenza di autosufficienza nella parte in cui contesta la valutazione di tardività dei motivi aggiunti dopo il ricorso, dal momento che non consente di comprendere il contenuto di tali successivi atti difensivi.

Gli altri motivi sono parimenti inammissibili dal momento che la carenza illustrativa e allegativa riscontrata nel primo motivo, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non consente di verificare se le censure relative all’omessa valutazione delle ragioni di opposizione fondate sull’allontanamento volontario fossero state dedotte e quando lo fossero state.

Infine, infondata è la censura relativa all’applicabilità della modifica del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 7, dal momento che l’omessa dichiarazione di presenza, costituente la causa espulsiva, si è verificata prima dell’entrata in vigore della nuova previsione normativa. La natura dell’espulsione, non equiparabile ad una misura sanzionatoria di rilievo penalistico, non consente l’applicazione della legge più favorevole.

Ne consegue il rigetto del ricorso. In mancanza della parte resistente non vi è statuizione in ordine alle spese processuali.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2017

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