Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17886 del 19/07/2017

Cassazione civile, sez. VI, 19/07/2017, (ud. 07/04/2017, dep.19/07/2017),  n. 17886

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18151/2015 proposto da:

O.J., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CENEDA 39-D,

presso lo studio dell’avvocato DORIANA CHIANESE, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 27/2015 della CORTE D’APPELLO ROMA, depositata

il 07/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 07/04/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con sentenza del 17/12/2014 la Corte d’appello di Roma ha respinto l’impugnazione proposta dal cittadino ghanese O.J. avverso la pronuncia con cui il Tribunale di Roma gli aveva negato il riconoscimento dello status di rifugiato e la protezione sussidiaria e umanitaria. A sostegno del rigetto la Corte territoriale ha affermato: l’appellante non ha provato la sussistenza dei presupposti legittimanti la richiesta di protezione internazionale nelle sue varie forme, non assolvendo all’onere probatorio su di esso gravante; in particolare, l’istante ha allegato circostanze che non trovano riscontro probatorio, in quanto, oltre a non essere suffragate da alcun elemento esterno rispetto alle dichiarazioni rese, non paiono idonee ad integrare i fatti di persecuzione o il perdurare del pericolo di grave danno alla persona. Infine l’appellante ha reso alla Corte d’Appello dichiarazioni difformi rispetto a quanto dichiarato alla Commissione; con riferimento alla circostanza della morte per aborto della propria compagna, oltre ad aver riferito del tutto genericamente delle minacce subite.

O.J. propone ricorso per cassazione avverso suddetta pronuncia, sulla base di quattro motivi. Non svolge difese l’Amministrazione intimata.

Deduce il ricorrente:

1) violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alla applicazione della presunzione semplice per determinare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, in correlazione agli artt. 1, 4, 10 della Carta dei diritti fondamentali della U.E. in materia di tutela del credo religioso e del divieto delle persecuzioni per motivi religiosi, sulla base del quale si dovrebbero tenere in considerazione le dichiarazioni del ricorrente con riferimento alla situazione di repressione religiosa sussistente in Ghana;

2) violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, oltre che carenza assoluta di motivazione in relazione alla mancata considerazione anche in ordine al riconoscimento di un permesso di natura umanitaria della condizione di “profugo di guerra” del richiedente;

3) violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alla violazione della applicazione delle norme relative al riconoscimento della protezione sussidiaria a chi versa nella condizione di profugo di guerra, in particolare lamentando una falsa applicazione del D.Lgs. n. 151 del 2007, art. 14, in relazione all’eventualità di un rientro in Libia nei campi profughi;

4) erronea e/o contraddittoria motivazione, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2011, art. 14, dell’art. 11 lett. a della Convenzione di Ginevra del 1951, recepita integralmente nella direttiva 2004/83/CE, per avere la sentenza impugnata escluso la protezione internazionale con riferimento al Paese d’origine. In particolare si censura l’omessa valutazione dei numerosi riscontri probatori a sostegno della gravità della situazione in Ghana.

Il primo motivo è inammissibile perchè si limita ad una trattazione astratta del sistema costituzionale e convenzionale relativo alla libertà religiosa, senza colpire la ratio decidendi della pronuncia impugnata, che ha escluso la persecuzione sulla base dell’assoluta mancanza di riscontri probatori delle circostanze allegate.

Il secondo e terzo motivo sono inammissibili perchè si riferiscono genericamente alla condizione di “profugo di guerra” dettata dalla provenienza del ricorrente dalla Libia senza considerare che il paese d’origine e di ritorno è il Ghana e senza contestare specificamente le condizioni di esclusione della protezione internazionale, indicate dalla Corte d’appello nella motivazione.

Il quarto motivo è parimenti inammissibile perchè del tutto generico in ordine alle circostanze di fatto allegate e non considerate dalla Corte d’appello, e rivolto a chiedere una rivalutazione nel merito, non consentita in sede di legittimità, circa la sussistenza del presupposto di fatto della persecuzione religiosa e del rispetto dei diritti umani in Ghana.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. In mancanza di parte resistente non vi è statuizione in ordine alle spese processuali.

PQM

 

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla per le spese.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2017

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